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Io sono la vite, voi i tralci

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02 MAGGIO 2021

V DOMENICA DI PASQUA – ANNO B

Sant’ Atanasio, vescovo e dottore della Chiesa

Gv 15,1-8

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Commento:

Per essere discepolo bisogna portare molto frutto. Ma con ciò il Signore intende dire che dobbiamo lavorare molto?

***

Il Vangelo di oggi è di una poesia sublime, di un lirismo toccante. Ma non solo. È anche un programma di vita.

Anzitutto bisogna capire il ruolo del Padre che è quello dell’agricoltore. A Lui sta il tagliare via il tralcio, che non porta frutto, e potare quello fecondo, perché porti ancora più frutto. Con ciò il Signore ci presenta la nostra vita spirituale nel suo aspetto positivo. Non si tratta infatti solo di evitare il male, almeno quello più grosso, non commettendo il peccato mortale. Perché il Padre lasci nella vite vera il tralcio è necessario che questi porti frutto, ossia, che produca opere di carità. E per opere di carità non intendiamo solamente i gesti di attenzione al debole o al bisognoso, che contano pure, ma soprattutto, come spiega San Tommaso, che ciascuno faccia bene quel che deve fare secondo il suo stato, con la più grande intensità di carità possibile. Fare tutto per Dio, in Dio e con Dio, ecco il modo di portare molto frutto a cui Gesù fa riferimento.

Bisogna anche ricordare che senza di Lui non possiamo far nulla, cioè, il tralcio non può portare frutto se non è innestato nella vite. Per questo motivo, è necessario rimanere nella vite. Questo verbo è molto significativo, perché indica il rischio contrario, cioè, quello di essere strappato dalla vite, quando, appunto, per attaccamento al peccato, preferiamo lasciare Gesù e rivolgerci ai vizi per accontentare i nostri più bassi capricci, siano essi legati all’orgoglio o alla sensualità. Per questi pesa la maledizione del Signore: “Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. È, in ultima analisi l’inferno eterno, che si apre per inghiottire gli scellerati che si staccano dalla vite. Invece, per chi compie la volontà del Padre c’è la promessa dell’efficacia della propria preghiera: tutto quello che chiederanno nel nome di Gesù gli sarà dato.

Finalmente, la causa maggiore di gioia non è altro che questa: “In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”. Sapere che le nostre opere buone finiscono così, cioè, nella glorificazione del Padre, deve essere motivo di incoraggiamento quasi infinito per adoperarci nelle opere di bene!

Quella che è in massimo grado causa di gloria per il Padre, è la Santissima Vergine Maria, la redenta per eccellenza, la tutta santa e tutta bella. Chiediamo a Lei sotto la sua protezione e con l’aiuto della sua grazia, di poter anche noi vivere tutti dediti alla gloria del Padre, producendo molto frutto e così diventando veri discepoli del Signore.

 

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