San Matteo, il pubblicano trasformato da Gesù in esattore di anime
Era di Cafarnao ed era odiato dalla sua gente perché prelevava i loro soldi e li consegnava ai romani. Ma si lasciò entusiasmare da Gesù.
Redazione (21/09/2023 15:49, Gaudium Press) Oggi la Chiesa celebra l’apostolo Matteo, dal quale abbiamo ereditato il grande Vangelo che porta il suo nome, uno dei Vangeli sinottici.
Era un esattore delle tasse, con tutto ciò che tale ufficio comportava allora (e ancora oggi). A nessuno piace essere obbligato a dare il proprio denaro allo Stato, ma la faccenda era ancora più spiacevole, perché persone come Levi – così lo chiamano San Luca e San Marco – erano al soldo di una potenza straniera, essendo la Palestina una provincia di Roma: era attraverso di lui che l’impero sottometteva economicamente il suo stesso popolo.
Un pubblicano, disprezzato dalla società ma amato da Dio
I Romani sceglievano gli esattori tra le stesse popolazioni sottomesse, sapendo che avrebbero avuto maggiore conoscenza delle ricchezze dei loro connazionali, da cui avrebbero potuto trarre maggiori frutti. Inoltre, a quel tempo si pensava anche che gli esattori fossero dei ladri, che cercavano la carica per arricchirsi velocemente. Avevano tutte le condizioni per essere detestati da tutti.
Matteo lavorava a Cafarnao, una città visitata spesso dal Signore.
Sicuramente Matteo aveva già ascoltato il Maestro, la sua parola lo aveva commosso e il seme iniziale della grazia stava cominciando a dare i suoi frutti.
E quest’uomo, a differenza del giovane ricco del Vangelo, stava perdendo gradualmente l’attaccamento alle sue ricchezze, tanto che quando il Signore, vedendolo al tavolo dell’esattoria, gli disse “Seguimi”, egli semplicemente “si alzò e lo seguì”, come egli stesso racconta (Mt 9,9).
Apostolo presso i Parti, i Persiani e gli Egiziani
Dopo l’Ascensione del Signore, San Matteo rimase per alcuni anni a predicare in Giudea e poi si recò presso i Parti e i Persiani, grandi imperi, e quindi in Etiopia. Ma prima di questa dispersione degli apostoli, San Matteo compose il suo Vangelo, come testimonia Eusebio nella sua Storia ecclesiastica.
Secondo gli scritti apocrifi, sconfisse due maghi che si facevano venerare come dei; risuscitò la figlia del re Egippo (o Egesippo).
Come tutti gli apostoli, alla fine fu martirizzato, nel suo caso per essersi opposto al matrimonio del re Irzio con sua nipote Ifigenia, che era stata convertita al cristianesimo dall’apostolo. Fu ucciso di spada mentre pregava ai piedi dell’altare dopo l’Eucaristia.
L’evangelista Matteo è rappresentato con il volto umano, secondo la visione dei “quattro viventi” di Ezechiele (1,5 ss.) ripresa dall’Apocalisse (4,6-11). San Marco è rappresentato dal leone, San Luca dal bue e San Giovanni dall’aquila, a motivo dell’alto livello teologico dei suoi scritti. Il Vangelo di Matteo è diviso in 28 capitoli e consta di 50 pagine. Racconta in forma estesa bellissimi insegnamenti di Dio come il Discorso della montagna, le Parabole, narra i miracoli di Cristo, il tutto con l’intento di dimostrare che Gesù è il Messia.
La liturgia applica a San Matteo le seguenti parole dell’Antico Testamento: “Questo maestro, ben istruito nella Legge data a Mosè dal Signore, Dio d’Israele (…) la mano amorosa del suo Dio era su di lui (…) si era dedicato con tutto il cuore a compiere la Legge del Signore e a insegnare a Israele i suoi comandamenti e precetti” (cfr. Ezechiele 7:7). (cfr. Esdra 7, 6-10).
Gesù, il Messia, volle onorare la tavola di San Matteo e andò a mangiare a casa sua (Mc 2, 15). Anche questo viene ricordato nella Liturgia, evidenziando l’infinita misericordia del Salvatore, che volle “scegliere San Matteo per trasformarlo da esattore delle tasse in apostolo”.
Gesù fu in grado di trasformare un peccatore come Matteo in un santo, ma non i farisei che criticarono Gesù per aver osato “mangiare con i pubblicani e i peccatori”. È chiaro che il peccato peggiore, quello che quasi impedisce all’uomo di convertirsi, è l’orgoglio.
Con informazioni da Aciprensa
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