La prima domenica di Quaresima: perché la sofferenza
A quale uomo piace la sofferenza? Molti mettono addirittura in dubbio il suo scopo. Altri, infine, cercano di evitarla il più possibile…
Redazione (19/02/2024 15:16, Gaudium Press) Nostro Signore, nella prima domenica di Quaresima, ci ha invitato alla conversione:
“Il tempo è compiuto e il Regno di Dio è vicino. Convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15).
Quale significato ha la conversione chiesta da Nostro Signore? La conversione, tra i tanti aspetti, richiede un cambiamento del nostro modo di pensare e di agire e, quindi, una completa adesione della nostra volontà alla volontà divina di Nostro Signore. Qual è quindi il Suo progetto per noi?
“Chi vuole essere mio discepolo deve rinnegare se stesso, prendere la sua croce ogni giorno e seguirmi. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà, e chi perderà la propria vita per causa mia la salverà” (Lc 9,23-24).
Come dobbiamo intendere queste parole?
La sofferenza come strumento di santificazione
Quando i nostri progenitori, Adamo ed Eva, peccarono in Paradiso, tra le punizioni che ereditarono per sé e per la loro posterità, forse la più grande fu la perdita del dono dello stato di integrità, per cui l’uomo, che fino ad allora non aveva sofferto, avrebbe cominciato a soffrire:
“Mangerai il pane con il sudore del tuo volto finché non tornerai alla terra da cui sei stato tratto” (Gen 3,19).
Una volta emessa la sentenza, l’umanità avrebbe vissuto quotidianamente con la sofferenza, in parte come mezzo per sanare l’immenso debito contratto con Dio, ma anche come mezzo per santificarsi quotidianamente. Da qui le parole di Gesù: “Prendete ogni giorno la vostra croce” (cfr. Lc 9,23).
Dobbiamo quindi considerare che, poiché la sofferenza è voluta da Dio, dobbiamo essere convinti che sia qualcosa di benefico e, quindi, non dobbiamo sopportarla come masochisti – cosa che ci danneggerebbe molto – ma con gioia, offrendo tale sofferenza al nostro Redentore, sapendo che ciò che ci sta accadendo è frutto della Sua volontà.
Non dobbiamo assolutamente rifuggire dalla sofferenza, perché essa perseguita coloro che la rifuggono. San Luigi Grignion de Montfort disse una volta che la sofferenza è come la propria ombra…
Conformità alla volontà divina
Una volta fu chiesto a San Massimiliano Maria Kolbe come si fa a essere santi, e il Santo rispose con la formula v=V, spiegando che la santità consiste nel conformare la nostra volontà (v) alla Volontà Divina (V).[1] Questa è la chiave per accettare la croce.
Ora, la chiave per accettare ogni giorno la croce sta proprio nel conformarsi alla Divina Volontà di Nostro Signore. Queste croci possono presentarsi in modi diversi, sia attraverso quella che i teologi chiamano la “volontà manifesta di Dio”, che si presenta a noi attraverso una regola che dobbiamo rispettare, sia attraverso la volontà di un superiore che, legittimamente costituito, diventa rappresentante di Dio. Ma c’è anche la “volontà divina”, cioè quando Dio manifesta la sua volontà in un modo non sempre chiaro, come ad esempio permettendoci di soffrire una malattia molto dolorosa.
In ogni caso, conformarsi alla sofferenza ci porta alla santità, se ben accetta.
Una volta un cieco si recò alla tomba di Sant’Antonio di Padova per pregare che gli fosse restituita la vista, cosa che avvenne. Quando tornò in sé, molto probabilmente in seguito a un’azione di Grazia, si chiese se ciò fosse o meno in accordo con la Volontà Divina. Poiché era ancora in dubbio, pregò il Santo che, se non era volontà di Dio che lui vedesse, lo facesse ridiventare cieco. E così avvenne.
Gesù voleva soffrire
Poiché ogni essere umano ha un bisogno intrinseco di essere guidato da un modello, non possiamo non ricordare colui che è l’esempio perfetto di come si soffre: Nostro Signore Gesù Cristo.
Per questo motivo, quando Gesù si è incarnato, ha voluto essere come noi in tutto e per tutto, ad eccezione del peccato (cfr. Eb 4,15). Egli non aveva bisogno di soffrire per redimere i peccati degli uomini – sarebbe bastato un semplice atto di volontà – ma ha scelto di farlo, forse per insegnarci il valore della sofferenza e come sopportarla. Così, ad eccezione della concupiscenza, Gesù ha avuto tutte le sofferenze che un uomo può avere: si è sentito stanco e ha dormito sulla barca, ha pianto per Gerusalemme e per la morte di Lazzaro, ha avuto sete e ha chiesto acqua alla cananea, ecc.
Ma l’esempio massimo delle sue sofferenze fu la sua Sacra Passione, nella quale non risparmiò nemmeno una goccia di sangue per noi.
La fortezza cristiana in mezzo alla sofferenza
Dio sa cosa è meglio per noi e di cosa abbiamo bisogno, molto prima che lo chiediamo. Perciò, per quanto una situazione ci appaia spiacevole, dobbiamo rimanere calmi e confidare in Dio e nella Madonna, nella certezza che entrambi ci daranno il loro aiuto. Questo è un modo per ascoltare l’invito alla conversione che ci viene fatto così spesso.
Chiediamo a Nostro Signore, attraverso la Madonna, di ottenere la piena conformità alla sua Divina Volontà e di insegnarci a sopportare tutte le sofferenze della nostra vita con fortezza cristiana.
Di Guilherme Maia
[1] Cfr. LORIT, Sérgio C. 16670, chi era? São Paulo: Cidade Nova, 1966, p. 126.
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