E’ stato utile versare il mio Sangue?
Nel giorno in cui la Santa Chiesa contempla l’olocausto perfetto offerto dal Divino Redentore al Padre, siamo invitati a meditare sul peso dei nostri peccati nelle sofferenze di Gesù
Redazione (29/03/2024 17:20, Gaudium Press) Con estrema cura e squisita delicatezza, la Santa Chiesa istituisce la cerimonia del Venerdì Santo, cuore della nostra devozione e religiosità. Nella sua divina saggezza, perfezione e spirito immacolato, ha scelto il Vangelo della Passione secondo San Giovanni, con lo scopo di illuminare e rafforzare la fede in nostro Signore Gesù Cristo come Messia, vero Figlio di Dio.
Il testo stesso è così chiaro ed eloquente che, nell’insieme della liturgia, ci permette di meditare senza ulteriori spiegazioni. Inoltre, essendo così lungo, è impossibile commentarlo versetto per versetto. Ci limiteremo quindi a sottolineare alcuni passaggi che ci aiutano a progredire nella nostra vita spirituale e a comprendere meglio la grandezza della Passione, evento centrale della storia.
Adamo nel suo splendore
“Ecce Homo!” (Gv 19,5).
“Ecco l’Uomo!” (Gv 19,5), annunciò Pilato nel condurre Gesù fuori dal palazzo dopo la flagellazione. Nostro Signore era insanguinato dalla testa ai piedi, coronato di spine, con una verga di ferro tra le mani legate, in piena, totale umiltà, perché Lui è l’Umiltà. Il Re dell’universo, l’Uomo-Dio, è stato presentato al popolo come “l’Uomo”, nelle condizioni più degradanti possibili. Una scena sconvolgente, ma anche straordinariamente simbolica.
Consideriamo Adamo, creato da Dio come il modello più perfetto del genere umano. Tutti i privilegi soprannaturali, preternaturali e naturali gli furono dati in abbondanza, in una proporzione difficile da concepire per noi. Era un uomo magnifico, degno di ammirazione per essere stato plasmato direttamente dalle mani divine.
Quando Dio ebbe finito di crearlo, avrebbe potuto esclamare con gioia: “Ecco l’uomo!”. Gli stessi Angeli, quando contemplavano Adamo nel Paradiso, si rallegravano nel vedere la bellezza che Dio aveva depositato in lui, adornandolo di doni e qualità, e facendolo partecipare in alto grado alla natura divina. Mancava solo una cosa: che quella grazia sbocciasse nella gloria. E da questa vita sarebbe passato all’eternità senza morte, trasformando la fede in visione, la speranza in realtà e la carità sarebbe stata consumata per i secoli dei secoli.
La risata del diavolo quando deformò l’uomo
“Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden perché si mettesse a coltivare la terra da cui era stato tratto” (Gen 3,23).
Tuttavia, Satana riuscì, attraverso il peccato, a trasformare questa perfezione dell’uomo in un orrore. E poi, guardando Dio, forse voleva riferirsi ad Adamo con una risata e dire: ecco l’uomo!… Adamo ed Eva erano così ripugnanti che Dio li espulse dal Paradiso e pose dei Cherubini alla porta per impedire loro di entrare, perché erano indegni di viverci (cfr. Gen 3, 23-24). Inizia così la storia di un’umanità infedele, insofferente ai dettami di Dio.
La vittima pura e innocente ha riscattato i nostri peccati
All’estremo opposto – che opposto e che estremo! In questa scena dell’Ecce Homo troviamo il vero primogenito dell’umanità, il Nuovo Adamo, perfetto, più del primo. La sua anima, unita ipostaticamente alla Seconda Persona della Santissima Trinità, non ha mai smesso di essere in possesso della visione beatifica per un solo istante, cosicché non poteva esserci anima superiore ad essa.
Santa, non era mai stata lontana dalla divinità. Dio agiva come lei e lei agiva come Dio stesso. Né potrebbe esistere un’intelligenza più brillante. La sua volontà eccelsa aderiva a tutto ciò che la comprensione e la visione beatifica le mostravano. E la sua sensibilità purissima era di una delicatezza straordinaria. Qualsiasi elogio sarebbe insufficiente per Lui, perché era l’Uomo più straordinario sulla faccia della terra.
“Era disprezzato, era la feccia dell’umanità, uomo dei dolori, esperto nella sofferenza; come quelli davanti ai quali ci si copre la faccia, era maledetto e non gli prestavamo attenzione” (Is 53,3).
E quest’Uomo il Padre ha deciso di porlo nello stato di umiliazione in cui lo vediamo ora, completamente sfigurato, “disprezzato come l’ultimo dei mortali, uomo coperto di dolori, pieno di sofferenze” (Is 53,3), come descrive Isaia nella prima lettura.
“Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi e posso contare tutte le mie ossa” (Sal 21,17-18).
Più tardi, lungo la Via Crucis, perse così tanto Sangue che qualcuno dovette aiutarlo a portare la Croce sul Calvario; e quando fu inchiodato, si potevano contare le sue ossa (cfr. Sal 21,18). Nostro Signore Gesù Cristo si presenta dunque come vittima pura e innocente per espiare la deformazione prodotta nell’uomo dal peccato.
La sua Passione ci dà un’idea della gravità del peccato che è costato all’Uomo per eccellenza, modello di tutto l’ordine della creazione, un olocausto così atroce: “Se fanno questo al legno verde, che ne sarà del secco?” (Lc 23,31).
La giustizia di Dio si è così abbattuta sull’Innocente, facendo ricadere sulle sue spalle il peso dei nostri crimini. Cosa ci accadrà se percorreremo la strada dell’inimicizia con Dio?
Il giorno giusto per un buon esame di coscienza
Potremmo ripercorrere tutti gli episodi di questo sublime racconto della Passione e trarne altre conclusioni per un esame di coscienza… in un articolo che non finirebbe mai. Atteniamoci a quanto detto finora e cogliamo l’occasione per chiedere con fervore la grazia di riparare a tutto questo con le nostre opere buone e, soprattutto, con l’orrore per il peccato.
Non è forse questo il momento, ricordando la Passione e la Morte di Nostro Signore, di prendere un serio proposito di emendare la nostra vita, abbandonando tutti i nostri capricci, tutte le nostre deviazioni, per trasformare la nostra esistenza in un atto di riparazione per tutto ciò che Gesù ha sofferto?
Abbiamo un vero pentimento delle nostre colpe, tutto fatto di spirito soprannaturale, fino a chiedere con cuore sincero la santità, che non è tanto frutto dei nostri sforzi quanto della grazia di Dio. E dobbiamo implorarla ardentemente, perché il Salvatore l’ha conquistata per noi questo giorno sul Calvario. “Con l’albero della Croce ti sono stati restituiti beni più grandi di quelli che rimpiangevi di aver perso con l’albero del Paradiso”[1].
Che io mi offra intero per abbracciare una vita di virtù, di purezza, di umiltà, di obbedienza, in una parola, di santità, e che io faccia compagnia alla Madre di Gesù ai piedi della Croce.
Tratto, con adattamenti, da:
CLÁ DIAS, João Scognamiglio. I Vangeli inediti: commenti ai Vangeli della domenica. Città del Vaticano-São Paulo: LEV-Istituto Lumen Sapientiæ, 2013, v. 7, p. 329-335; 343.
[1] SAN PIETRO CRISOLOGO. Omelia LX: Sul simbolo, hom.V, n.8. In: Omelie, op. cit., p.186.
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