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La dottrina cristiana può cambiare nel tempo in senso contrario?

 Analisi delle recenti affermazioni del card. Fernández.

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Foto: Vatican.va

Redazione (25/04/2024 12:14, Gaudium Press) Diversi commentatori hanno sottolineato l’importanza, se non la pericolosità, di alcune affermazioni fatte dal cardinale Victor Manuel Fernandez, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, lo scorso 8 aprile in occasione della presentazione della dichiarazione Dignitas infinita sulla dignità umana.

Il cardinale Fernandez ha parlato della presunta contraddittorietà della Bolla Dum diversas del 16 giugno 1452, indirizzata da Papa Niccolò V al Re Alfonso V del Portogallo, che lo autorizzava a ridurre in “schiavitù perpetua” i pagani e i saraceni che i portoghesi trovavano sulle coste africane.

L’opinione di questo Papa era completamente contraria alla condanna della schiavitù da parte della Chiesa, come quella ratificata da Papa Paolo III all’arcivescovo di Toledo in una bolla del 29 maggio 1537, in cui condannava con la scomunica, la riduzione in schiavitù degli indiani d’America da parte dei coloni spagnoli.

A questo proposito, il cardinale Fernandez ha detto:

“Come si può vedere, solo ottant’anni dopo, in un’epoca in cui i cambiamenti erano così lenti, un Papa dice praticamente il contrario di ciò che ha detto uno dei suoi predecessori su un argomento così importante”. Aggiunge che questo sarebbe un esempio di “come la comprensione della verità da parte della Chiesa si evolva nel tempo, e che non cresca sempre nella stessa direzione, rimanendo fissa e del tutto omogenea con i documenti precedenti, anche sullo stesso punto particolare”.

“Al contrario, oggi sembra ad alcuni che Papa Francesco non possa dire nulla di diverso da ciò che era stato detto in precedenza, come se il Magistero fosse stato definitivamente chiuso dai Papi precedenti”.

Se le dichiarazioni del cardinale sono viste come un’erosione se non un’esplosione della continuità magisteriale che la Chiesa ha sempre proclamato – continuità che ha costituito l’identità cattolica in venti secoli di esistenza – il cardinale Fernandez starebbe minando il magistero alla sua radice, Infatti, quale autorità o rispetto merita un insegnamento in vigore, se domani può essere sostituito dal suo contrario?

Alcuni analisti sono entrati nel dettaglio delle affermazioni del cardinale argentino, per chiarirle ed evidenziarne le inesattezze, come ha rilevato Luisella Scrosati su La Nuova Bussola Quotidiana:

Eventi diversi

“La bolla di Niccolò V, innanzitutto, non fu propriamente un atto di magistero, ma una comunicazione del Papa ad Alfonso V. E quindi, magisterialmente parlando, ‘una rondine non fa primavera’: non basta che un Papa dica qualcosa perché sia considerato magistero. Inoltre, questa comunicazione – che rientra nelle cosiddette “bolle di donazione” – non autorizzava affatto la schiavitù generica, ma solo quella di guerra, come confermato da altri Papi dopo di lui.

Infatti, se si guarda alla data di queste bolle – dal 1452 della Dum diversas al 1514 delle Præcelsæ devotionis del cristianesimo di Leone X – è facile capire che il contesto era quello dello scontro con la potenza ottomana, scontro che portò a una situazione molto pericolosa per la cristianità. Tanto che proprio nell’anno successivo alla bolla di Niccolò V, Costantinopoli capitolò. Seguirono poi gli scontri e le invasioni di Belgrado, Albania, Friuli, Otranto, Rodi, Ungheria, l’assedio di Vienna, ecc. Insomma, siamo in un contesto chiaramente bellico, all’interno di quello scontro epocale tra cristianità e potenza islamica ottomana, con gli ottomani che scorrazzavano ovunque, e non certo per scrivere poesie”.

“Pertanto”, prosegue Scrosati, “ciò che veniva concesso non era quello che oggi chiamiamo schiavitù, cioè la schiavitù da traffico e tanto meno la schiavitù sessuale, che la Chiesa ha sempre condannato, ma la servitù di guerra, che corrisponde agli odierni prigionieri di guerra”.

In sostanza, Niccolò V autorizzava il re a fare prigionieri di guerra ovunque incontrasse gli Ottomani o le popolazioni che li sostenevano. Paolo III, invece, condannava la schiavitù in senso stretto, cioè la tratta degli schiavi praticata nei confronti delle popolazioni indigene che gli spagnoli trovavano nella loro “conquista” dell’America Latina.

Quindi, tenendo conto del fatto che un Papa, quando non pretende di definire qualcosa, non è esente da errori (è quindi possibile trovare Papi che hanno autorizzato o sostenuto errori), in questo caso non c’è contraddizione tra i due pontefici, perché la parola “schiavitù”, nei due contesti, indica due realtà molto diverse”.

Scrosati ritiene quindi che l’esempio addotto dal cardinale Fernandez per giustificare una certa evoluzione contraddittoria della dottrina nel tempo, sia “errato e fuorviante: un’esca, che non tiene conto di un fatto evidente, e cioè che quando lo stesso termine viene usato con due significati diversi, è possibile che in un caso riceva approvazione e nell’altro condanna”.

 

 

 

 

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