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In Francia un’altra comunità commissariata perché conservatrice e feconda?

La Nuova Bussola Quotidiana parla del caso della Comunità Saint Martin, che gode di numerose vocazioni.

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Redazione (24/07/2024 17:53, Gaudium Press) La difficile situazione vocazionale in Francia, come in diversi Paesi europei, è ben nota.

Per questo, tra l’altro, è molto importante sapere cosa succede in entità come la Comunità Saint-Martin, una realtà francese nata nel 1976, con base dapprima a Genova sotto la protezione del cardinale Siri, e poi nel 1993 a Blois. Questa comunità conta oggi un numero non certo indifferente di 100 seminaristi, cosa di cui pochi seminari europei possono andare fieri.

I sacerdoti ordinati all’interno di questa comunità hanno prestato servizio anche in diocesi con carenza di vocazioni.

Ma ora, dal 4 luglio, il Dicastero per il Clero ha nominato due assistenti pontifici, il vescovo di Laval e don Humann, per “accompagnare” la comunità per i prossimi tre anni. Voci un po’ sospettose, come quella di Nico Spuntoni su La Nuova Bussola Quotidiana, si spingono a dire che “in realtà, sembra che sia stata la fecondità delle vocazioni a far scattare l’allarme in Vaticano”.

È chiaro che non è questo il motivo addotto dalle autorità vaticane, ma il fatto che, a seguito di una visita pastorale del vescovo di Pontoise, sono state riscontrate “ombre” sulla figura del fondatore, don Jean-François Guérin, morto nel 2005, nei confronti del quale sono state mosse accuse di “clima abusivo nell’esercizio dell’autorità e dell’accompagnamento spirituale” e anche di “baci forzati”, da parte di alcuni intervistati maggiorenni all’epoca dei fatti.

Per questo motivo, in una lettera, monsignor Matthieu Dupont e padre François-Marie Humann hanno spiegato che “cercheremo di portare verità e chiarezza sul periodo di fondazione della Comunità di Saint-Martin, sulla personalità del fondatore, morto nel 2005, e sui fatti di cui diversi ex membri della comunità lo accusano”.

Chiunque abbia dimestichezza con la realtà ecclesiale sa che ai margini di ogni comunità c’è sempre un gruppo di ex membri insoddisfatti della loro defezione, che dedicano buona parte delle loro energie a denigrare l’opera a cui appartenevano. Questo non invalida di per sé le loro testimonianze, ma il fatto che molte delle loro affermazioni si siano rivelate false o imprecise e guidate da un certo risentimento significa che le loro testimonianze dovrebbero essere esaminate con una lente di ingrandimento.

Altrimenti, la semplice affermazione di “clima abusivo nell’esercizio dell’autorità e dell’accompagnamento spirituale” è così eterea che può essere utilizzata in molti modi e interpretata in molti altri: un ex membro può considerare abusivo il regime di obbedienza in vigore in qualsiasi comunità cattolica, e lo stesso vale per la formazione spirituale che lo giustifica. E così via.

Spuntoni non ha problemi ad affermare che quello che sta accadendo nella Comunità di Saint-Martin “è un copione già visto in situazioni simili”. Questa sorta di “commissariato” triennale, però, persegue altri obiettivi. I due assistenti apostolici, infatti, hanno chiarito che “sarà necessario lavorare anche sul tema della pastorale vocazionale e della sua accoglienza, soprattutto dei più giovani, per garantire un migliore discernimento e una certa prudenza nell’accesso alla formazione. Si tratterà anche di sostenere il processo di rinnovamento della formazione iniziale e permanente alla luce delle norme romane e nazionali”. Parole che rivelano l’insofferenza romana verso le troppe vocazioni di questa comunità conservatrice che, rifornendo di sacerdoti trenta diocesi, rischia di ‘contagiare’ mezza Francia”, afferma il direttore de La Nuova Bussola.

Proprio nel momento in cui il Vaticano afferma la necessità di fedeltà allo spirito dei fondatori, nella comunità di Saint-Martin si cerca di modificare il suo ministero vocazionale originario, che si è rivelato più che fruttuoso.

Un altro punto è che lo stile di questa comunità è conservatore, in linea con l’“ermeneutica della continuità”, ma è questa “sensibilità ecclesiale troppo tradizionale” che forse dà fastidio a Roma, secondo Spuntoni.

“I sacerdoti di San Martino, che accettano pienamente gli insegnamenti del Concilio Vaticano II, sono molto attenti alla solennità della liturgia, celebrano anche in latino ma secondo il Messale Romano del 1969, amano il canto gregoriano e preferiscono indossare sempre la tonaca. In questo caso, quindi, non è in gioco l’usus antiquior, ma sembra comunque pesare una sensibilità ecclesiastica troppo tradizionale. Difficile non pensarlo, visto che nella lettera dei due assistenti apostolici recentemente nominati si parla del “lavoro di riforma che il Dicastero ha ritenuto necessario dopo aver letto le conclusioni dei Visitatori”, conclude la NBQ.

 

 

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