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Il governo turco diffonde testi scolastici che negano il genocidio armeno

L’accusa viene mossa da un giornalista di inchiesta turco, Uzay Bulut.

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Foto: Nikita Pischugi su Unplash

Redazione (11/09/2024 15:49, Gaudium Press) Uno dei grandi genocidi dei tempi moderni da rimeditare, ad esempio, accanto al genocidio compiuto dalla Rivoluzione francese in Vandea, è il genocidio armeno.

Tra il 1915 e il 1923, circa un milione e mezzo o due milioni di armeni furono massacrati dai turchi ottomani, mentre il mondo viveva gli orrori della Grande Guerra con il pretesto di creare uno Stato turco musulmano omogeneo.

Ma ora, come riportato da Asia News, che riferisce sulle ricerche del giornalista turco Uzay Bulut, i libri di testo per bambini non parlano più della “Questione del Ponto” e della “Questione armena”, bensì di “Pretese infondate del Ponto” e “Pretese infondate degli armeni”.

Ankara nega anche che armeni, assiri e greci fossero popolazioni autoctone della terra dove i turchi si sarebbero insediati secoli dopo, occupando il territorio e sterminando chi già vi abitava. Uno degli elementi più critici, sottolinea Uzay Bulut, “è che ai giovani scolari turchi, che non hanno alcuna idea sulla vera storia del loro Paese, viene fatto il lavaggio del cervello con falsità sull’origine del loro Paese e viene alimentato l’odio verso coloro che rimangono, delle minoranze”.

Di conseguenza, questi bambini “diventano adulti negando che l’Impero Ottomano abbia commesso un genocidio contro armeni, assiri e greci autoctoni”. Questi bambini, afferma il giornalista investigativo, “non hanno la colpa di non conoscere la vera storia del loro Paese, né i fatti relativi al genocidio commesso contro le minoranze”.

A loro viene propinata la menzogna che le minoranze hanno vissuto “felicemente” nell’impero per secoli fino a quando le potenze europee “le hanno incitate a ribellarsi al loro dominio”.

Ma la verità è l’esatto contrario. “Le minoranze che vivevano nell’Impero ottomano”, avverte, “sono sempre state oppresse, ridotte in schiavitù, attaccate, derubate, rapite, violentate e massacrate, fino al genocidio del 1915. Queste minoranze non erano nemmeno considerate cittadini di seconda classe”.

Le minoranze “non avevano diritti ed erano alla mercé dei loro brutali governanti”, sottolinea il giornalista, che descrive l’educazione degli studenti turchi come “disinformazione, distorsione deliberata e revisionismo storico”. “Non si tratta solo di una disputa tra armeni e turchi”, perché Ankara ‘sa meglio di chiunque altro che le accuse di genocidio sono reali’. Ne sono la prova “gli archivi ottomani in suo possesso” che spiegano “la verità, anche dopo essere stati selettivamente ripuliti da qualsiasi prova incriminante”.

Secondo il dottor Gregory H. Stanton, presidente di Genocide Watch, la negazione è lo stadio finale del genocidio: “La negazione è la continuazione del genocidio perché è un tentativo costante di distruggere psicologicamente e culturalmente il gruppo vittima, per negare ai suoi membri persino il ricordo degli omicidi dei loro parenti”. Il governo turco dovrebbe finalmente affrontare “la realtà dei fatti” e insegnare “agli innocenti studenti turchi i tragici fatti della storia sui massacri e i genocidi”, conclude il giornalista. Perché né “la giovane generazione di oggi né l’attuale governo turco, che non esisteva nemmeno durante questi omicidi, sono responsabili”.

 

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