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San Gennaro, il Santo Patrono di Napoli

Il 19 settembre la Chiesa celebra la memoria di San Gennaro: un vero amico nei momenti più difficili… Il suo sangue, conservato nel Duomo di Napoli, si liquefa miracolosamente tre volte l’anno.

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Redazione (19/09/2024 16:52, Gaudium Press) Ogni santo ha una missione. Così grande che non possiamo pensare che si concluda sulla terra. Al contrario, dal Cielo avrà mezzi molto più efficaci per compiere l’opera che ha iniziato in vita.

Succede che, in alcuni casi, sembra esserci una tale sproporzione tra la portata della loro azione sulla terra e ciò che hanno poi ottenuto dal Cielo, che diventa “più facile conoscere la missione che devono svolgere dal Cielo che quella che hanno compiuto sulla terra”[1] In altre parole, la missione di San Gennaro è una missione grande.

San Gennaro era certamente uno di questi. Della sua vita si sa poco, ma la sua opera post mortem attira l’attenzione del mondo intero.

San Gennaro sulla Terra

San Gennaro era vescovo di Benevento, città campana vicina a Napoli, quando scoppiò la persecuzione di Diocleziano (l’ultima prima della pace promulgata da Costantino nel 325).

Secondo la tradizione, mentre si recava in carcere per visitare i prigionieri cristiani, fu riconosciuto e arrestato dai soldati del governatore.

Insieme ad altri cristiani, fu condannato a morte. La sentenza consisteva nel gettarli in un forno ardente. Ma qualche tempo dopo l’esecuzione della sentenza, San Gennaro e tutti coloro che erano con lui uscirono illesi dalle fiamme.

Furono quindi portati a Pozzuoli (Puteoli in latino), il primo territorio italiano su cui San Paolo mise piede durante il suo viaggio verso Roma.

Lì furono condannati a un’altra prova: essere mangiati dalle bestie nell’anfiteatro della città. Gli animali, però, rispettarono le loro vittime, così come il fuoco li aveva rispettati.

Il governatore ordinò infine di decapitarli. Questa sentenza fu effettivamente eseguita nel 305.

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In quell’occasione, alcuni cristiani raccolsero – secondo l’usanza – due ampolle di sangue da deporre davanti alla tomba del martire.

Le spoglie di San Gennaro furono dapprima sepolte a Pozzuoli; successivamente a Napoli, nella catacomba che poi prese il suo nome; nel IX secolo furono trasferite a Benevento, poi a Montevergine. Tuttavia, solo nel 1497, più di mille anni dopo la morte del santo, la sua tomba definitiva fu ritrovata nel Duomo di Napoli. Non passò molto tempo prima che iniziassero i suoi miracoli, rivelandosi un vero amico del popolo nei momenti più difficili…

San Gennaro nel Cielo

Napoli, città gioiosa e gioviale, favorita da una temperatura mite e da una natura esuberante, era allo stesso tempo continuamente perseguitata dal suo “vicino irascibile”, il vulcano Vesuvio, che, una volta risvegliatosi dal suo sonno, sarebbe stato in grado di distruggerla senza troppe difficoltà.

Per questo motivo, la città era diventata profondamente superstiziosa (è una delle città in cui si trovano più spesso i talismani, amuleti pagani, sepolti nelle fondamenta delle mura o dei primi edifici).

Ma Dio, che sembra avere compassione della psicologia dei napoletani, diede loro un vero e proprio pegno di sicurezza. Non più legato a divinità pagane, ma a un Santo; non più un amuleto, ma una reliquia miracolosa.

La storia della devozione a San Gennaro è la storia stessa di Napoli.

Amico dei napoletani

I napoletani si sono rivolti al loro Santo Patrono innumerevoli volte. Ricordiamo la peste del 1527, quando il popolo promise di costruirgli una cappella se fosse stato liberato dal flagello della malattia. È molto curioso e persino incomprensibile per noi del XXI secolo analizzare la psicologia rilassata dei napoletani dell’epoca. Essendo stati curati da San Gennaro, finirono per lasciare in eredità l’adempimento della promessa ai loro pronipoti! La cappella fu costruita solo nel 1608, 81 anni dopo il miracolo…

Va detto, tuttavia, che la generazione che si assunse il compito lo fece con grande generosità: l’edificio è un sontuoso esempio di architettura rinascimentale, rivestito di marmo da cima a fondo e ornato da 42 colonne della stessa pietra.

Oltre a questo avvenimento, possiamo anche ricordare la travolgente eruzione del 1631, paragonabile solo a quella che distrusse le città di Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.. Per tre giorni di orrore e di buio, durante i quali si vedeva solo lo scarlatto della lava vulcanica, i fedeli si affollarono intorno alla tomba del Santo Patrono in una fervente preghiera, che si concluse con una processione che portava le sue reliquie. Diverse città vicine furono distrutte, ma Napoli rimase illesa.

Possiamo anche ricordare l’epidemia di colera che devastò molte regioni nel 1884, ma risparmiò la città di San Gennaro.

Tuttavia, il più impressionante dei miracoli del Santo a favore dei napoletani è senza dubbio quello che avviene ogni anno con le ampolle del suo sangue.

Il miracolo a data fissa

Da più di quattro secoli, per tre volte l’anno,[2] molti napoletani si riuniscono nella sontuosa Cappella del Tesoro del Duomo di Napoli. Le autorità ecclesiastiche e civili, insieme alla folla, attendono con ansia il momento in cui verrà aperta l’urna. Essa contiene le due ampolle del sangue di San Gennaro che, secondo la tradizione, furono raccolte dai cristiani poco dopo la sua morte.

Secondo l’antica consuetudine, l’arcivescovo metropolita solleva la teca di vetro con le ampolle, tra le mani, per constatare il miracolo: il sangue del Santo, che normalmente è allo stato solido, si liquefa, cambia colore, raddoppia di volume, cambia di peso – anche se non c’è una proporzione costante tra un’ampolla e l’altra – e a volte inizia a gorgogliare, il tutto senza bisogno di una temperatura particolare!

La liquefazione è annunciata, secondo il protocollo, da un araldo che sventola un fazzoletto bianco al momento del miracolo.

L’ecclesiastico mostra quindi la reliquia alle autorità presenti e poi al popolo, affinché tutti possano assistere al prodigio.

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Come avviene il miracolo di San Gennaro?

Come prevedibile, molti miscredenti hanno cercato di dare una spiegazione naturale al fenomeno, soprattutto a partire dal XIX secolo.

Sono state formulate più di 20 ipotesi – alcune delle quali da parte di cattolici – ma va detto che nessuna è sufficientemente convincente da spiegare l’intero fenomeno, né tantomeno da tentare di riprodurlo artificialmente.

Il 15 settembre 1902, il contenuto delle ampolle fu sottoposto a un esame medico. Questo confermò senza dubbio che si trattava di sangue umano e confermò che il fenomeno si era effettivamente verificato come descritto.

Tuttavia, ci sono ancora scettici che cercano e difendono una spiegazione naturale e sollevano obiezioni, anche di fronte a tante prove…

Per quanto riguarda le obiezioni, bisogna tenere presente che Dio dà sempre all’uomo la possibilità di praticare la virtù della fede. Se tutti i dettagli di tutti i miracoli fossero indiscutibili, non ci sarebbe alcun merito nel credere in essi. In ogni caso, per quanto riguarda il miracolo di San Gennaro, nessuna obiezione ha un peso sufficiente per screditare il miracolo.[3] Una cosa è innegabile: Dio dà sempre all’uomo la possibilità di praticare la virtù della fede.

Una cosa è innegabile: ci vuole più “fede” per credere nella “dea della scienza”, con le sue spiegazioni ingarbugliate e talvolta assurde, che per accettare un miracolo così evidente…

Chi è avvisato…

Dicevamo che San Gennaro è amico dei napoletani, e in effetti è così.

Ebbene, noi brasiliani sappiamo che un buon amico è colui che avverte sinceramente quando l’altra persona sta per fare qualcosa che non dovrebbe, o subire un contrattempo. A quanto pare i napoletani l’hanno scoperto prima di noi…

In alcune occasioni è capitato che il sangue di San Gennaro non si sia liquefatto. Questo precedeva qualche catastrofe, sia per Napoli che per il mondo. Questo è uno dei motivi per cui i napoletani sono sempre ansiosi di assistere al miracolo.

Bibliografia

BUTLER, Alban. Vita dei santi. 2. ed. Trad. Wifredo Guinea. Messico: John W. Clute, S. A., 1965, v. 3

ECHEVERRÍA, Lamberto (coord.); LLORCA, Bernardino (coord.); BETES, José Luis (coord.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 2006, v. 9.

[1] ECHEVERRÍA, Lamberto (coord.); LLORCA, Bernardino (coord.); BETES, José Luis (coord.). Año Cristiano. Madrid: BAC, 2006, v. 9, p. 527.

[2] Il giorno della festa del santo a settembre, il sabato precedente la prima domenica di maggio, data in cui si commemora la traslazione della reliquia, e il 16 dicembre, quando i napoletani gli rendono omaggio per averli salvati dall’eruzione del 1631.

[3] Vedi alcuni di essi in: BUTLER, Alban. Vite dei santi. 2. ed. Wifredo Guinea. Messico: John W. Clute, S. A., 1965, v. 3, p. 616.

 

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