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Sulle dimissioni di mons. Dominique Rey: cosa è veramente successo ?

 Il vescovo di Fréjus-Toulon si è dimesso su richiesta del Papa. Ma la sua eredità è una delle più feconde. Che cosa è successo?

Mons Dominique Rey 2

Redazione (09/01/2025 15:23, Gaudium Press) Si è chiuso definitivamente il “capitolo”: mons. Dominique Rey, 72 anni, ex vescovo di Fréjus-Toulon in Francia, nominato tale da san Giovanni Paolo II nel maggio 2000, a cui mancavano pochi mesi per arrivare a 25 anni di permanenza in quella sede. Ha rassegnato le sue dimissioni su richiesta di Francesco, che le ha accettate il 7 gennaio.

Il vescovo ha spiegato in un comunicato di non avere più il controllo della sua diocesi. Dopo la “visita fraterna” del cardinale Jean-Marc Aveline, arcivescovo di Marsiglia, considerato molto vicino al Papa, nel febbraio 2023 la diocesi è stata sottoposta a una visita apostolica guidata dall’arcivescovo di Digione, Antoine Hérouard, e da mons. Joël Mercier, ex segretario della Congregazione per il Clero. Poi, nel novembre 2023, il Papa ha nominato vescovo coadiutore – cioè con diritto di successione alla sede – François-Marie Touvet, vescovo di Châlons, che da questo martedì è il nuovo vescovo di Fréjus-Toulon.

In un’udienza privata concessa il 23 dicembre 2023, Francesco aveva esortato mons. Rey ad “assumere questa collaborazione con spirito fraterno e a non dimettersi”. Ma mons. Rey era quasi un re senza regno, dal momento che il coadiutore Touvet era incaricato della gestione finanziaria, dell’accompagnamento del clero e della formazione dei seminaristi e del resto delle comunità della diocesi, dove le ultime ordinazioni sacerdotali, che erano imminenti, erano state sospese per ordine diretto del Vaticano, con un provvedimento che dava molto da pensare. Alla fine la sospensione delle ordinazioni è stata revocata “per quasi tutti i candidati”.

Ma se una volta il Papa gli aveva detto di non dimettersi, ora è arrivata una voce diversa, attraverso il nunzio in Francia, secondo mons. Rey: “Il nunzio mi ha informato che il Santo Padre mi chiedeva di lasciare il mio incarico di vescovo diocesano di Fréjus-Toulon, senza che io fossi a conoscenza di alcun elemento nuovo rispetto a quelli che avevano portato alla nomina del vescovo coadiutore”, spiega.

Accettando, mons. Rey evita il possibile imbarazzo di una destituzione, come quella dell’ex vescovo di Arecibo, mons. Daniel Fernández Torres, o quella del vescovo di Tyler, mons. Joseph Strickland, che sono stati rimossi dalle loro diocesi senza ulteriori spiegazioni e prima di aver raggiunto il limite di età canonico. “Di fronte alle incomprensioni, alle pressioni e alle polemiche, sempre dannose per l’unità della Chiesa, per me il criterio ultimo di discernimento è l’obbedienza al successore di Pietro”, afferma l’ex vescovo di Fréjus-Toulon.

Una diocesi che dovrebbe essere oggetto di uno studio sulla nuova evangelizzazione

Tuttavia, il licenziamento di un prelato che ha trasformato la sua sede da una vigna mezza secca in un campo più che fecondo, con abbondanza di raccolto, rimane inspiegabile per molti (“Forse gli è stata riservata una dignità maggiore e una vigna più grande…”).

Come riporta l’articolo di Religion In Liberty, “il vescovo Rey era noto per aver attirato a Fréjus-Toulon tutte le esperienze della Chiesa, dai carismatici ai tradizionalisti, dai religiosi ai laici, e insieme tutti i metodi di evangelizzazione che avrebbero prodotto frutti di conversione e di vita spirituale. Li faceva vivere e lavorare insieme con questo obiettivo, finché la diocesi era divenuta un punto di riferimento mondiale per “l’irradiazione della vita religiosa”, “la testimonianza evangelica” e “una riconosciuta vitalità missionaria””.

Nella sua dichiarazione di commiato, infatti, il Vescovo si dice “profondamente grato di aver visto tanti giovani offrire la propria vita al servizio della Chiesa”, alludendo alle numerose vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sorte sotto il suo governo, alcune delle quali bloccate dal divieto sulle ultime ordinazioni.

In ogni caso, il mondo cattolico ha seguito con attenzione il caso del vescovo Rey, proprio perché non ha trovato molte spiegazioni per gli interventi canonici effettuati. Alcuni analisti hanno persino azzardato a dire che è innegabile la presenza di invidia, di vile invidia, in alcuni dei suoi confratelli nell’episcopato…

Anche Le Figaro, il grande quotidiano francese, con la penna del noto Jean-Marie Guénois, ha ritenuto opportuno interloquire con il Vescovo dimissionario, ed egli, ora, senza più il peso dell’autorità, si è espresso più liberamente, suscitando maggiore scalpore, per il sospetto che dietro la sua richiesta di dimissioni non ci siano considerazioni pastorali o di governo, ma di natura ideologica.

“La partenza di Rey, tre anni prima del suo 75° compleanno, limite di età per i vescovi diocesani, è sintomatica delle crisi vissute dalla Chiesa in Francia sotto questo pontificato. Francesco non ammette che i vescovi possano essere troppo vicini all’ambiente tradizionalista”, scrive l’articolo di Le Figaro, tra le altre affermazioni sullo stile di governo del Pontefice regnante, per poi sottolineare che in un panorama ecclesiale francese in agonia, la diocesi di mons. Rey era ‘con i suoi successi e i suoi eccessi’, ‘una delle entità più dinamiche della Chiesa di Francia’. In un quarto di secolo, Mons. Rey avrà fatto della sua diocesi, aperta ai tradizionalisti come ai carismatici, un laboratorio di evangelizzazione”.

Di grande interesse è però ciò che Mons. Rey dice a Guénois, il quale gli chiede cosa, in fondo, gli sia stato rimproverato al punto da chiedere le sue dimissioni: dopo il blocco delle ordinazioni del giugno 2022, “i contrasti sottolineano l’accoglienza troppo ampia di gruppi, sacerdoti, vocazioni, comunità, e una mancanza di cautela, soprattutto nell’accoglienza del mondo cosiddetto ‘tradizionale’. Inoltre, sono stato accusato di malfunzionamento nella gestione economica e finanziaria della diocesi”.

Dice che la Santa Sede ha anche riconosciuto “una certa vitalità della missione e delle vocazioni nella sua diocesi”, con diversi progetti che sono serviti da ispirazione per altre diocesi. In ogni caso, ed è un atto di giustizia, il Vescovo non manca di ricordare che sotto il suo governo c’è stato “un processo di transizione missionaria, favorendo la formazione del governo dei sacerdoti insieme ai laici, riorganizzando il governo della diocesi con una visione condivisa, l’istituzione di nuove parrocchie, la creazione di eventi missionari come festival, mostre d’arte, conferenze, la creazione di Radio Maria France, ecc.

E dice che il suo lavoro pastorale è stato eterogeneo. “Ho accolto ampiamente comunità, vocazioni sacerdotali e religiose, alcune delle quali, circa il 10%, si sono rivelate dei fallimenti, per mancanza di discernimento o di accompagnatori”, riconosce.

Dice anche che la sua diocesi sostiene attualmente più di 50.000 persone all’anno, tra cui persone in situazioni precarie, in lutto, malate o detenute. Il suo seminario, Le Castille, ha formato numerosi sacerdoti, sia diocesani che di diverse comunità, offrendo una formazione comune fedele al Magistero della Chiesa.

“Questa fecondità vocazionale ha permesso di garantire un’importante copertura territoriale, con 250 sacerdoti attivi sul territorio diocesano. In fondo, come vescovo, non ho voluto essere un tecnico amministrativo: ho cercato, con le équipe della diocesi, di lanciare progetti audaci e missionari per inventare ogni giorno nuove strade tra la Chiesa e il mondo”.

Infine, una cosa che molti troveranno meno comprensibile è che questo dinamitardo della vigna non sia stato chiamato a una maggiore responsabilità nella Chiesa.

Con informazioni tratte da Religion In Freedom e Religion Confidential.

 

 

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