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San Vincenzo, diacono e martire: una lezione sulla sofferenza

Durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, San Vincenzo Diacono, di cui oggi, 22 gennaio, si celebra la memoria, soffrì la prigionia, la fame, la forca e i ferri roventi, terminando la gloriosa battaglia impavido e salendo al cielo, per godere della ricompensa del suo martirio.

Martirio de Sao Vicente Igreja de Santa Maria a Maior Bolea Espanha FL

Redazione (22/01/2025 15:44, Gaudium Press) Qualche giorno fa, mi sono imbattuto in una critica alla Chiesa cattolica che sostiene che essa approfitta della sofferenza umana predicando la croce, strumento di tortura, e indirizzando l’attenzione dei fedeli verso il Cielo, lasciando che le persone vengano sfruttate su questa terra senza che si ribellino.

Al termine della lettura, mi è venuto in mente il santo di oggi, San Vincenzo, la cui vita fu segnata dalla crudeltà di coloro che lo torturavano. Anche di fronte a ogni sferzata e insulto, la sua risposta era solo un sospiro, che mostrava la consolante certezza del Paradiso che lo attendeva.

Per chi non conoscesse ancora la vita del martire, la legga cliccando qui, ne vale la pena.

Torturato, San Vincenzo Diacono non ha mai perso la pace

San Vincenzo sopportò la ruota, dove le membra venivano tirate fino a rompere le articolazioni; sopportò la griglia, dove veniva picchiato, mentre un fianco, il viso o la schiena venivano bruciati dalle fiamme.

La cronaca ci dice che gli aguzzini andavano a riposare e dividevano le percosse in turni, perché erano troppo stanchi per le lunghe ore di punizione e fustigazione. Si può pensare a qualcosa di più tragico e terribile?

San Vincenzo Diacono non si scoraggiava, ricordava sempre quanto Cristo aveva sofferto per lui, e che era un dovere di gratitudine, una grazia, questa possibilità di portare anche la sua croce ed essere degno del suo amato Messia.

Mi sono rivolto alle critiche. In effetti, la dottrina della Chiesa lenisce le ferite di coloro che passano per la terra promettendo loro una ricompensa eterna. Sarei d’accordo con il critico se solo una cosa fosse vera: se la sofferenza non esistesse.

La morte non è forse la nostra unica certezza su questa terra? E questo non è già un motivo di estrema sofferenza? L’incertezza, l’insicurezza, l’attesa non sono sufficienti a rendere miserabili i giorni di un essere umano? Perché incolpare la medicina di esistere se la malattia esiste già prima di essa?

Certo, la predicazione della Santa Chiesa sarebbe diversa se fossimo in un paradiso terrestre. Certo, la Missione e la venuta di Gesù sarebbero state diverse se fossimo stati tutti fedeli, ma questa non è la realtà. La vita è piena di carnefici, torturatori, imperatori e fustigazioni.

Non c’è una terza via

Quindi che scelta abbiamo? Se essere vincenziani o meno. Se essere martiri per Gesù, non come lo era il santo diacono, ma martiri nella nostra quotidianità, per i nostri doveri di cristiani, oppure no. “Chi vuole conquistare il regno dei cieli, prenda la sua croce e mi segua”.

Non fraintendete, cari lettori, la destinazione è la stessa! Che siamo o meno come il Santo. Tra un mese inizierà la Quaresima, la cui prima celebrazione ci ricorda ciò che siamo: polvere. “Ricordati, uomo, che sei polvere e in polvere ritornerai”. Riconosciamo ora che non rimane nulla di ciò che abbiamo realizzato qui sulla terra, se non la conseguenza delle nostre intenzioni, delle nostre azioni.

Che cosa direi quindi al nostro onorato critico? Che dia un’alternativa che la Santa Chiesa non abbia già dato. La carità verso i poveri? La Chiesa è la prima a ricordarlo. Smettere di opprimere gli emarginati ed essere inclusivi? “E ci sarà un solo gregge, sotto un solo pastore”. Smettere di giudicare gli altri? È quello che tutti i sacerdoti ci ricordano in ogni sermone, Dio è l’unico che legge il cuore, e se questo non basta a farvi ripensare la vostra vita, nient’altro lo farà.

“Bene, allora create delle istituzioni per educare il popolo”. Sotto l’egida di chi sono state fondate le più grandi università del mondo? La Santa Chiesa. “Smettetela di predicare la rassegnazione”. Non abbiamo appena visto che sofferenza c’è? Se non c’è una cura facile, una cura praticabile, perché non portare almeno una consolazione?

Ho chiuso il computer. Oggi non sarebbe stato il giorno giusto per rispondere alle critiche. Purtroppo la logica e le buone argomentazioni sono passate di moda. E di fronte ai carnefici, nessuna risposta è sufficiente. San Vincenzo lo sapeva. Per questo ha concentrato i suoi sforzi nel consolare i cristiani che segretamente andavano a trovarlo, anche se era gravemente ferito.

Che San Vincenzo Diacono, dal cielo dove oggi intercede per noi, porti forza e fiducia a coloro che camminano sulle strade della vita.

Fonte: heralds.org

 

 

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