San Francesco di Sales, abile schermidore, collerico ma dolce nell’apostolato
La vita di San Francesco di Sales è una meraviglia: il giorno in cui fu quasi divorato dai lupi; il suo Trattato sull’amore di Dio e anche patrono dei giornalisti.
Redazione (24/01/2025 17:09, Gaudium Press) San Francesco di Sales, opera prima della grazia, in lui risplende particolarmente lo scalpello di Dio, che plasma un carattere forte tendente al collerico, che poi trasforma nel pastore mite che indica al peccatore la via del Cielo. Rifiutò una carriera “brillante” nel mondo, ma Dio lo rese immortale sulla terra; affrontò l’eresia calvinista; fondò una comunità religiosa…
Ripercorriamo un po’ questa vita meravigliosa.
L’infanzia di un bambino innocente, nutrito dall’amore di Gesù e di Maria.
Figlio primogenito del barone di Boisy, Francesco nacque nel 1567 nel castello di Sales, in Savoia, che all’epoca era un Paese indipendente comprendente territori che oggi appartengono a Francia, Italia e Svizzera. Sua madre, Donna Francesca de Boisy, una dama di grandi virtù, gli inculcò fin dalla prima infanzia l’amore per Gesù e Maria. Forse fu influenzato da lei anche in una delle virtù che più lo caratterizzarono: non perdere mai la calma, mai inquietarsi, tenere sempre l’anima nelle proprie mani.
Fu Donna Francesca a insegnargli il catechismo e a riempire la sua giovane mente con gli esempi dei santi.
Era sempre molto attivo, pieno di vitalità.
Un episodio pittoresco della sua infanzia mostra il suo carattere, allo stesso tempo combattivo e irascibile. Aveva sentito parlare dei calvinisti, che ai suoi tempi prevalevano in Svizzera e in buona parte della Francia. Un giorno venne a sapere che uno di questi eretici era in visita al castello dei suoi genitori. Non potendo entrare nella stanza per protestare, prese un bastone e, pieno di indignazione, entrò nel pollaio e picchiò le galline, gridando: “Fuori gli eretici, non vogliamo eretici! Le povere galline fuggirono chiocciando davanti all’inatteso aggressore. Solo i servi riuscirono a salvarle, e riuscirono a far uscire il ragazzo, in tempo per salvare i poveri uccelli…
Le battaglie della giovinezza
Ancora giovane, nacque in lui il grande desiderio di consacrarsi completamente a Dio.
Ma il padre aveva altri progetti. Fu mandato a Parigi per studiare presso il collegio dei gesuiti, dove conobbe il buon padre Déage, che divenne il suo direttore spirituale. In seguito si recò a Padova per studiare diritto civile, come desiderava il padre, e diritto canonico, come voleva l’ardore religioso del suo cuore. Praticava anche la scherma, l’equitazione e partecipava ai balli.
Vivere nella grazia di Dio in quegli ambienti non era facile, ma Francesco sapeva come evitare le occasioni pericolose e qualsiasi amicizia che potesse offendere Dio. All’Università, alcuni studenti perversi, volendo umiliarlo perché non sopportavano la sua religiosità, lo aggredirono. Francesco, che era già esperto nell’arte della scherma, sguainò la spada e li sconfisse tutti. Vedendoli disarmati e impotenti, si ritirò, dicendo loro: “E ringraziate Dio nel quale credo, perché per questo non vi faccio del male”.
Ma c’era il temperamento, quel leone con cui era nato, e a volte il “sangue gli saliva alla testa” per le umiliazioni e le derisioni; tuttavia cercava di frenarsi in modo tale che molti pensavano che non si arrabbiasse mai.
Allora il diavolo, vedendo che era impossibile vincerlo con le tentazioni ordinarie, lo attaccò violentemente su un punto molto delicato e difficile: la terribile tentazione della disperazione della salvezza.
Aveva vent’anni quando questo accadde.
La terribile tentazione della sua dannazione – Sollevato dalla Madonna
Conosceva la dottrina della predestinazione di Calvino e non riusciva a togliersi dalla testa l’idea fissa che sarebbe stato dannato. Perdeva per questo l’appetito e anche il sonno.
Pregava sempre Nostro Signore che, se per la sua infinita giustizia lo avesse condannato all’inferno, gli concedesse la grazia di continuare ad amarlo in quel luogo di tormento, rivelando così che il suo cuore era ancora d’oro. Questa breve preghiera gli diede a volte la pace dell’anima, ma la tentazione ritornava sempre. Il rimedio definitivo arrivò quando, entrando in una chiesa di Parigi e inginocchiandosi davanti a un’immagine della Beata Vergine, recitò la nota preghiera di San Bernardo: “Ricordati, o piissima Vergine Maria…”. Quando terminò, i pensieri di tristezza e di disperazione lo abbandonarono per sempre e fu certo che “Dio non ha mandato suo Figlio nel mondo per condannarlo, ma perché per mezzo di lui sia salvato” (Gv 3,17).
La vita religiosa e la conquista dei calvinisti
Tornato alla casa paterna, all’età di 24 anni, rinunciò a un brillante matrimonio e a un seggio nel Senato del Regno. Contro la volontà paterna, assunse l’incarico di decano della cattedrale di Chambery – sotto l’influenza dello zio, Luigi di Sales, canonico della cattedrale di Ginevra, che ottenne questa nomina dal Papa – e poco dopo fu consacrato sacerdote.
Predicò ad Annecy e in altre città. Pur essendo dotato di grande cultura, i suoi discorsi erano semplici e attiravano tutti coloro che lo ascoltavano.
Ma la sua dura battaglia iniziò quando si offrì di riconquistare Chablais, sulla sponda meridionale del lago di Ginevra. Questa regione era totalmente dominata dai calvinisti, il cui esercito non lasciava vivere in pace i cattolici che lì vivevano. Il 14 settembre 1594, giorno dell’Esaltazione della Santa Croce, con l’autorizzazione del vescovo Claude de Granier, Francesco di Sales partì a piedi per la grande missione. Non gli mancarono le prove. Molte volte dovette dormire all’aperto. In un’occasione, si dovette rifugiare tutta la notte, in cima a un albero, per sfuggire al rischio di essere divorato dai lupi che lo attaccavano. Il mattino seguente, fu salvato da una coppia di contadini calvinisti che lo presero in simpatia.
Questi contadini in seguito si convertirono, dando inizio alla grande trasformazione religiosa della regione. Ogni notte, San Francesco e i suoi compagni cattolici andavano di casa in casa, lasciando sotto la porta opuscoli scritti a mano che confutavano i falsi argomenti dell’eresia calvinista. Questo gli valse il titolo di patrono degli scrittori e dei giornalisti cattolici. Questi scritti furono in seguito raccolti e pubblicati con il nome di Controversie.
Pochi anni dopo, dopo lotte e persecuzioni, Chablais si convertì completamente e padre Francesco fu nominato vescovo coadiutore di Ginevra. Per ricevere la consacrazione episcopale, si recò a Roma, dove lo stesso Papa Clemente VIII lo interrogò su 35 punti difficili della teologia, alla presenza del Collegio cardinalizio. “Nessuno di quelli che abbiamo esaminato ha meritato la nostra approvazione in modo così completo!” – esclamò il Papa scendendo dal trono per abbracciarlo.
San Francesco di Sales predica davanti a Enrico IV
Vescovo principe di Ginevra
Alla morte del vescovo Garnier, San Francesco di Sales assunse il suo posto vacante. Nel suo lavoro con le anime fu sempre gentile, senza cadere nella debolezza; sapeva essere fermo quando necessario.
Fondò l’Ordine della Visitazione con la sua direttrice spirituale, Santa Giovanna di Chantal, nel 1604. Tra le opere che scrisse, il Trattato sull’amore di Dio, che gli valse il titolo di Dottore della Chiesa, e Introduzione alla vita devota – Filotea, nata da appunti inviati alla cugina Madame de Chamoisy.
La misura dell’amare Dio
“La misura dell’amare Dio consiste nell’amarlo senza misura”. Questo insegnamento di San Francesco di Sales può forse riassumere tutta la sua esistenza, poiché egli non fu che un esempio vivente di tutto ciò che insegnava. Già quando era in vita, c’erano persone devote che conservavano come reliquie gli oggetti da lui usati.
Vittima di una paralisi, perse la parola e parte della lucidità, ma le riacquistò in breve tempo, ma gli sforzi medici per salvarlo non ebbero alcun effetto. Dal suo letto ripeteva: “Ho riposto tutta la mia speranza nel Signore; Egli ha ascoltato la mia preghiera e mi ha fatto uscire dall’abisso della miseria e dalla palude dell’iniquità”.
Morì all’età di 56 anni, nella festa dei Santi Innocenti, il 28 dicembre 1622. Il suo fegato, a causa del costante sforzo di controllare i suoi impulsi collerici, si era trasformato in pietra. Il suo corpo fu ritrovato incorrotto 10 anni dopo la sua morte.
San Giovanni Bosco lo ammirava a tal punto da sceglierlo come patrono della sua congregazione. E Santa Giovanna de Chantal disse di lui: “Era un’immagine vivente del Figlio di Dio, perché veramente l’ordine e l’evoluzione di quell’anima santa erano completamente soprannaturali e divini”.
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