Il Vaticano chiede di salvaguardare la reputazione del defunto in caso di accuse non provate
Richiama il principio di non retroattività della legge. La lesione della buona reputazione può essere legittimata solo per evitare pericoli o minacce a persone e comunità.
Redazione (28/02/2025 09:06, Gaudium Press) InfoCatólica riporta il documento del Dicastero per i Testi Legislativi del Vaticano, datato 5 settembre 2024 e pubblicato il 22 febbraio 2025, che stabilisce che non è lecito divulgare informazioni che possano ledere la buona reputazione delle persone decedute. La risposta, emessa a seguito di una consultazione sulla questione, si basa sulla norma 220 del Codice di Diritto Canonico e sui principi fondamentali del diritto penale e canonico.
Il testo, firmato dal cardinale Filippo Iannone, prefetto del Dicastero, e dal suo segretario, monsignor Juan Ignacio Arrieta, ricorda che la normativa ecclesiastica vieta la calunnia e la diffamazione e sottolinea due principi: quello della presunzione di innocenza e quello della non retroattività del reato. Su quest’ultimo punto, il documento indica che una persona non può essere accusata o giudicata per atti che, nel momento in cui sono stati commessi, non erano definiti come reato. Nel diritto canonico, questo principio è contenuto nei canoni 9, 18 e 1313, che stabiliscono che le norme penali hanno applicazione solo per il futuro e non possono essere applicate retroattivamente.
Il documento menziona anche che la pubblicazione di liste di imputati prima di una condanna definitiva è contraria alla linea d’azione stabilita da Papa Francesco. Il testo cita una dichiarazione del Pontefice del 2019, durante l’Incontro sulla protezione dei minori nella Chiesa, in cui si afferma che le diocesi non devono rendere pubblici i nomi degli imputati in assenza di una condanna definitiva.
Nel frattempo, il testo precisa che “in alcuni casi la lesione della buona reputazione può essere legittimata, ad esempio per evitare qualsiasi pericolo o minaccia a individui o alla comunità; di conseguenza, non sarebbe affatto legittimo quando questo rischio può essere ragionevolmente escluso, come nel caso di presunti criminali deceduti, quando non può esistere una ragione legittima o proporzionata per la lesione della reputazione. Pertanto, non sembra ammissibile giustificare la pubblicazione di tali notizie per motivi di trasparenza o riparazione (a meno che il soggetto non sia consenziente e quindi si escludano nuovamente le persone decedute)».
In ogni caso, i principi della presunzione di innocenza e della non retroattività, “di importanza strutturale, non possono essere ragionevolmente scavalcati da un ‘diritto all’informazione’ generico che rende di dominio pubblico qualsiasi tipo di notizia, per quanto credibile, a scapito concreto e del danno esistenziale di coloro che sono personalmente coinvolti, a maggior ragione se è inesatta, o addirittura infondata o falsa, o del tutto inutile come quella che riguarda le persone decedute. Inoltre, la determinazione se un’accusa sia `ben fondata’ spesso si basa su una base non canonica e richiede uno standard di prova relativamente basso, che implica semplicemente la pubblicazione del nome di una persona accusata, ma di un’accusa non provata, senza il beneficio di alcuna esercizio del diritto alla difesa”.
lascia il tuo commento