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San Cirillo da Gerusalemme

 La vita di San Cirillo, vescovo e dottore della Chiesa, fu segnata da persecuzioni e sofferenze, ma la sua perseveranza brillò. Eccezionale catechista ed educatore, fu molto perseguitato dagli ariani per aver sostenuto la loro condanna e quella dei macedoni. La Chiesa celebra la sua memoria il 18 marzo.

Afresco de Sao Cirilo de Jerusalem Foto Reproducao

Redazione (18/03/2025 13:14, Gaudium Press) San Cirillo di Gerusalemme è un campione della fede, non perché fu martirizzato – anche se i suoi continui esili resero la sua vita un percorso di prove-  non morì per difendere la fede, ma lottò per essa con tutte le sue forze.

Nel buio dei secoli e delle epoche, fu un po’ dimenticato, finché, per disposizione divina, il suo stendardo fu innalzato con forza e fu onorato come il principe dei catechisti. Un titolo meraviglioso per chi ha consacrato la sua vita alla predicazione e alla carità cristiana dell’insegnamento.

La vita su questa terra di sofferenza

Non abbiamo dati sull’infanzia e l’adolescenza di San Cirillo, ma solo il possibile anno di nascita, 315. Nel 348 fu ordinato vescovo da san Massimo, subentrando nella diocesi di Gerusalemme. Mantenne la carica per quasi trentacinque anni. Tuttavia, sedici di questi anni li trascorse in esilio, in tre momenti diversi.

Come vescovo, Cirillo si distinse subito per il suo atteggiamento pacifico e la sua capacità di mediazione, virtù che, tuttavia, non attenuarono la sua ferma azione contro la divisione della comunità, l’eresia e i cattivi costumi.

Difese la purezza della fede e incoraggiò il rinnovamento spirituale. In quel periodo la Chiesa stava attraversando un periodo difficile a causa delle correnti eretiche e dei forti contrasti teologici nei confronti dei pericolosi ariani.

Gli ariani, che negavano la divinità di Cristo, tentarono di manipolarlo, soprattutto Acacio, vescovo di dubbia virtù e favorevole all’arianesimo, il quale nominò San Cirillo vescovo di Gerusalemme, immaginando di averlo come alleato nella difesa dell’eresia. Ma non ebbe successo e ben presto si accesero discussioni tra i due.

Acacio arrivò a convocare un concilio dei suoi sostenitori per condannare san Cirillo, ma questi si rifiutò di parteciparvi. Questo consiglio fraudolento lo condannò all’esilio ed egli dovette partire per Tarso, la terra di San Paolo, in attesa di un appello presso un tribunale superiore.

Al Concilio di Seleucia fu riconosciuta la falsità dell’accusa e San Cirillo tornò ad esercitare le sue funzioni.

L’ordine del secondo esilio venne dall’imperatore Costanzo, che ricevette informazioni secondo cui Cirillo, vescovo di Gerusalemme, stava sostenendo gli eretici con false argomentazioni cristiane.

Questa volta vennero in suo aiuto sant’Atanasio e sant’Ilario, entrambi riconosciuti come pilastri dottrinali, che attestarono che la catechesi predicata da Cirillo non conteneva errori.

Tuttavia, il terzo esilio fu il più lungo: trascorse 11 anni fuori dalla sua diocesi, poiché era stato espulso, in quanto l’imperatore era chiaramente un sostenitore dell’arianesimo. Alla morte dell’imperatore, nel 378, al termine di questo lungo periodo, grazie al favore di Teodosio, il vescovo Cirillo poté finalmente rientrare in possesso della cattedra di Gerusalemme e, nel 381, partecipò al Secondo Concilio Ecumenico di Costantinopoli, dove firmò il simbolo niceno-costantinopolitano.

Tuttavia, le fatiche della peregrinazione lo fecero ammalare e, secondo gli storici, San Cirillo morì nel 386.

Proclamato Dottore della Chiesa nel 1882 da Leone XIII, i suoi scritti hanno ispirato due importanti Costituzioni dogmatiche del Concilio Vaticano II: Lumen Gentium, sulla Chiesa, e Dei Verbum, sulla Rivelazione divina. Gli scritti più famosi di San Cirillo sono le 24 catechesi pronunciate durante le sue prediche a Gerusalemme.

 

 

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