La filosofa Scrosati evidenzia un conflitto di approccio giuridico tra Summorum Pontificum e Traditionis Custodes
Si basa su un sacerdote canonista francese e parla di volontarismo giuridico nell’attuale pontificato.
Redazione (28/03/2025 14:57, Gaudium Press) In un recente articolo su La Nuova Bussola Quotidiana, Luisella Scrosati recensisce l’opera “Il motu proprio TRADITIONIS CUSTODES alla prova della razionalità giuridica” di P. Réginald-Marie Rivoire, pubblicata due anni fa in francese e ora disponibile in italiano. Padre Rivoire, sacerdote della Fraternità San Vincenzo Ferrer, è dottore in Diritto Canonico e promotore di giustizia presso il tribunale ecclesiastico di Rennes, in Francia.
Tra gli altri punti affrontati nel libro, padre Rivoire fa un confronto tra il motu proprio Summorum Pontificum (SP) di Benedetto XVI e il motu proprio Traditionis Custodes (TC) di Francesco, che non solo offrono risultati opposti in relazione all’antico rito della messa, ma evidenziano “l’inconciliabile approccio giuridico che li sostiene”. Scrive l’autore [P. Rivoire]: “Il contrasto è davvero notevole tra i due modi di legiferare, uno caratterizzato dal realismo giuridico, l’altro dal positivismo volontarista. Laddove Benedetto XVI riconosce, con un atto dichiarativo, due realtà rituali che, di fatto, esistono oggi nella Chiesa latina […], e intende dare loro un quadro giuridico, Francesco decide, con un atto performativo, che nella Chiesa esiste solo una di queste realtà“ (pp. 19-20)”.
“Si tratta di uno dei temi più gravi del pontificato di Papa Bergoglio – secondo Scrosati- che è certamente emerso nella questione liturgica, ma che non si limita a questo ambito. Il modo di governare di Francesco è stato più quello di un monarca assoluto, ‘i cui pensieri e volontà sono legge’, che quello del primo garante ‘dell’obbedienza a Cristo e alla sua Parola’ (Benedetto XVI, Omelia in occasione della sua installazione nella Cattedra Romana, 7 maggio 2005). In questo modo ha sovvertito i principi del diritto secondo la prospettiva realista e cattolica, secondo la quale la legge obbliga come ordinatio rationis [ordinamento della ragione] e non semplicemente in virtù dell’obbedienza a un’autorità, anche se legittima. Il volere del legislatore, svincolato dall’ordinatio rationis, conduce direttamente alla pericolosa violazione del diritto e alla negazione ancora più perniciosa della realtà. Perché la razionalità di cui parliamo non è quella riduttiva della logica formale, che in ambito giuridico si traduce in mero legalismo, ma più ampiamente è l’adattamento alla realtà. Nella sana concezione del diritto (…) è questa razionalità che regola la norma; se la norma non ricevesse la sua misura dall’ordinatio rationis, finiremmo nella totale arbitrarietà dell’autorità”, afferma la filosofa italiana basandosi sullo scritto del sacerdote francese.
«Che cosa ha fatto Benedetto XVI con Summorum Pontificum? È partito dall’osservazione dell’esistenza di due forme rituali nella Chiesa latina (da qui l’affermazione della non abrogazione degli antichi libri liturgici), una delle quali aveva secoli di storia, e ha cercato di inquadrarle giuridicamente, per perseguire il bene comune. Si può discutere se ciò sia stato fatto nel modo migliore, ma certamente non si può negare che Papa Benedetto abbia applicato la ragione prudenziale per armonizzare due realtà rituali di cui ha preso atto. Cosa ha fatto Papa Francesco? Ha deciso di usare la legge contro la realtà, inventando che l’unica forma del Rito Romano sarebbe quella nata dalla riforma voluta da Paolo VI, relegando così il centenario Rito Romano nel mondo dei sogni…”, afferma Scrosati.
“Il volontarismo giuridico che anima Traditionis Custodes ha portato a calpestare il diritto canonico in diversi punti e ad accumulare assurdità giuridiche, come l’autore mostra ad abundantiam. Dietro la questione liturgica è in gioco il rapporto fondamentale tra il Papa e la Rivelazione di Dio, nella Scrittura e nella tradizione, di cui l’antico rito romano è l’espressione chiave”. “Ciò che sconcerta non è tanto il fatto che Francesco contraddica il suo predecessore, quanto il fatto che gestisca un rito liturgico centenario come se si trattasse di una questione puramente disciplinare“ (p. 20)”, dice Scrosati citando il canonista francese.
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