San Giuseppe: Principe della Casa di Davide e Lavoratore
San Giuseppe riuniva in sé due estremi della scala sociale. Sebbene fosse inferiore a Gesù e Maria, occupa davanti a Dio e agli uomini il primo posto.
Redazione (01/05/2025 17:10, Gaudium Press) Considerando che «il Bambino cresceva e si fortificava, era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui» (Lc 2, 40), e che anche la Madonna progrediva ad ogni istante, spandendo sul suo sposo l’aroma della sua virtù, si giunge alla conclusione che il periodo dell’infanzia del Figlio di Dio potrebbe essere definito come la storia di tre perfezioni che hanno raggiunto l’apice al quale erano state chiamate, come osserva il dottor Plinio:
«Nella casa di Nazareth c’era un’ascesa continua nella grazia e nella santità da parte delle tre persone eccelse che vi abitavano. Se a quel tempo fosse esistito l’orologio, diremmo che ad ogni ticchettio Gesù, Maria e Giuseppe crescevano in grazia e santità davanti a Dio e davanti agli uomini. Questo continuo ascendere era, a mio avviso, il fascino di Dio e degli uomini in quella umile dimora».
Tuttavia, questi tre vertici erano diseguali, pur amandosi e completandosi in piena armonia. Tra loro Dio aveva istituito un ordine mirabilmente inverso, poiché «colui che era il capo della casa sul piano umano era il più piccolo nell’ordine soprannaturale; e il Bambino, che doveva obbedienza a San Giuseppe e alla Madonna, era Dio».
Due estremi opposti della gerarchia temporale
Queste altissime perfezioni eseguivano una sinfonia sublime a lode della gerarchia. Lo stesso San Giuseppe riuniva in sé due estremi della scala sociale.
Da un lato, la Provvidenza lo aveva scelto come principe ereditario della stirpe più augusta che fosse mai esistita sulla terra, poiché nessuna discendenza imperiale o reale può essere paragonata alla famiglia di Giuda, nel cui seno nacque Dio fatto uomo.
Dall’altro però, volle che questo capo della casa di Davide fosse un lavoratore manuale, al punto che, anni dopo, quando i nazareni cercavano di screditare Nostro Signore, dicevano tra loro: «Non è costui il figlio del falegname?» (Mt 13, 55), insinuando che si trattasse di qualcuno senza alcuna rappresentatività sociale.
Il Verbo incarnato volle che il suo padre verginale Gli trasmettesse questi due estremi opposti della gerarchia temporale.
Infatti, in Nostro Signore la natura umana e quella divina sono due realtà infinitamente distanti, che si uniscono nella stessa Persona. Analogamente, la condizione di principe erede al trono e quella di falegname coincidono in Gesù.
Per questo il dottor Plinio afferma che «il Dio-Uomo era anche Re-Lavoratore». Così, il Figlio di Maria, come autentico «Principe della Pace» (Is 9, 5), ha armonizzato in Sé categorie sociali estreme, al fine di rafforzare la concordia tra gli elementi intermedi e stabilire la vera «tranquillità dell’ordine» di cui ci parla sant’Agostino.
Convivenza nella casa di Nazareth
Nostra Signora, Regina dell’universo e casalinga modesta, vedeva suo Figlio comportarsi in tutto come un bambino, che giocava con vivace allegria, le chiedeva da mangiare e si sedeva sulle sue ginocchia per raccontarle qualche storia.
Tuttavia, sapeva che quel Bambino era la Seconda Persona della Santissima Trinità, quindi inseparabile dalle altre due Persone.
E Maria, mentre assecondava i desideri infantili con la naturalezza di una madre, scrutava con il discernimento della più saggia delle donne tutte le ragioni simboliche, teologiche e soprannaturali che stavano dietro quelle richieste.
Il minimo gesto del suo Divin Figlio era così ricco di sfumature che si poteva studiare all’infinito la capacità della Regina dell’universo e della modesta casalinga con un solo cenno, una sola parola di Lui.
Tuttavia, questa meravigliosa e trascendente intimità tra Gesù, Maria e Giuseppe non era percepita nel suo aspetto più elevato dalla maggior parte delle persone che li conoscevano.
Essendo contemplativi e umili, vivevano in una sorta di anonimato, al fine di adempiere alla volontà del Padre di tener nascosto al mondo il Figlio, fino all’età di trent’anni.
Solo dopo molti secoli si affermò sempre più nei cuori dei fedeli la convinzione del valore inestimabile di questo periodo davanti a Dio, agli Angeli e alla Santa Chiesa, poiché in esso si manifestò l’altissima vocazione della Sacra Famiglia.
Si può infatti affermare che la convivenza nella casa di Nazareth fu il riflesso più bello dell’unione santissima, ineffabile e amorosissima della Santissima Trinità stessa.
La Trinità sulla terra
Nella Trinità del Cielo, tre Persone Divine e perfettissime sono unite indissolubilmente nella sostanza divina e sono una per natura; nella Trinità della terra, tre persone distinte sono unite dal vincolo dell’amore più intenso, realizzando pienamente il desiderio di Gesù espresso nel Vangelo di San Giovanni: «Ho dato loro la gloria che mi hai dato, perché siano uno come noi siamo uno» (Gv 17, 22).
Lo spiega bene Mons. Sinibaldi: «Nella Trinità celeste, il Padre è la Prima Persona, perché è il Principio, da cui procedono le altre due Persone; il Figlio è la Seconda Persona, perché procede dall’intelligenza del Padre; lo Spirito Santo è la Terza Persona, perché procede dalla volontà del Padre e del Figlio, come da un unico principio.
Nella Trinità terrena, Giuseppe, capo della Sacra Famiglia, rappresenta la Persona del Padre; Gesù, Verbo incarnato, rappresenta Se stesso; Maria, Madre del bell’amore, rappresenta lo Spirito Santo, che è Amore increato e personale.
Giuseppe, sebbene inferiore a Gesù e Maria, occupa davanti a Dio e agli uomini il primo posto; poiché il Padre Celeste, affidando a Giuseppe i suoi due tesori più amati – Gesù e Maria – gli ha comunicato il suo nome e la sua autorità!
Così, la Trinità del Cielo si riflette e si manifesta nella Trinità della terra, e in Gesù e per Gesù la terra si unisce al Cielo”.
Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP
Testo tratto dal libro São José: Quem o conhece?…
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