Il discorso di Leone XIV: pace, unità, dottrina
«Discepoli di Cristo, Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce…»: con queste parole Leone XIV ha ricordato al mondo che prima di essere un leader, egli è il Vicario di Cristo.
Foto: Screenshot Vatican Media
Redazione (09/05/2025 15:06, Gaudium Press) È chiaro che un’analisi approfondita del saluto del nuovo Papa, dal balcone della Basilica Vaticana, potrà essere fatta meglio nei prossimi giorni, e anche in prospettiva, quando inizierà a esercitare il suo governo sulla Chiesa universale; ma una prima analisi è sempre lecita, se fatta con un certo fondamento e con buona volontà.
Il primo aspetto da sottolineare è che non è stato un discorso breve, quasi 10 minuti, piuttosto meditato, forse preparato non solo dal nuovo Pontefice, che ha una grande competenza accademica, diplomatica e pastorale, ma probabilmente insieme ad alcuni dei suoi confratelli cardinali, che ha invitato nel suo saluto a lavorare insieme.
Le sue prime parole sono state molto intense sulla pace, facendo proprio il saluto di Cristo risorto, «La pace sia con voi» (Gv 20, 19), che il Maestro rivolse ai suoi discepoli riuniti nel Cenacolo e che ora il Papa ha esteso a tutte le persone, «a tutti i popoli, a tutta la Terra», «la pace di Cristo risorto». Nel frattempo, è impossibile non pensare che questo desiderio di pace guardi in particolare alla pace interna della Chiesa, che, come è stato ripetutamente ricordato nelle Congregazioni Generali, è minacciata da conflitti, divisioni, comunità che si sentono incomprese e persino trattate ingiustamente. Il suo primo gregge è la Chiesa, e tutti ripongono fondate speranze in Leone XIV affinché sia un Pontefice che porti una rinnovata «Pax Ecclesiae».
«Siamo tutti nelle mani di Dio. Quindi, senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi, andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo, Cristo ci precede “, ha detto Leone, con parole che potrebbero essere applicate alla Chiesa stessa del Salvatore.
“Discepoli di Cristo, Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce…”: così Leone XIV ha ricordato al mondo che lui, prima di essere un leader o una personalità mondiale del tipo “influencer ” , è il Vicario di Dio fatto uomo, senza la cui luce tutto diventa oscurità. Queste parole permettono anche di augurare ai suoi insegnamenti quel radicamento nella dottrina di Cristo, che non è affatto sinonimo di rigidità, ma di luce, necessaria in questi momenti in cui anche all’interno della Chiesa regnano, in molti ambienti, la confusione e l’oscurità.
Il nome scelto da un Papa non è mai casuale.
È vero che Leone XIII è ricordato come il Pontefice della dottrina sociale, della Rerum Novarum, colui che ha fatto ascoltare alla classe operaia la voce di Colui che era veramente il suo Pastore, lontano dalle follie del marxismo o dal meccanicismo senza cuore del capitalismo selvaggio.
Ma Leone XIII è anche il Papa della Aeterni Patris, sulla restaurazione della filosofia cristiana secondo la dottrina di San Tommaso d’Aquino, un Papa che è giunto ad affermare che «la fede non può quasi aspettarsi dalla ragione un aiuto più potente di quello che ha ottenuto finora da Tommaso». Ricordiamo che stiamo parlando di un Papa laureato e dottore della Pontificia Università di San Tommaso d’Aquino di Roma, il famoso Angelicum, che annovera tra i suoi illustri ex alunni, in tempi recenti, San Giovanni Paolo II.
Sulla stessa linea, non è cosa da poco che Leone XIV sia figlio dell’altro grande della Teologia, Sant’Agostino di Ippona, come egli stesso ha proclamato nel suo discorso, da alcuni definito il “fondatore” della dottrina cristiana dopo il grande San Paolo, e citato profusamente dai padri patristici posteriori e dai dottori medievali. La dottrina della grazia, del peccato, della predestinazione, come la intende la Chiesa, è stata scolpita dal dottore di Ippona, ed è comprensibile che Leone XIV sia l’erede di questa tradizione.
Insomma, fermezza e chiarezza nella dottrina di ciò che è fondamentale, condizioni necessarie per una pacifica unità e una pace duratura.
Non possiamo non parlare dei sentimenti di commozione visibili di Leone XIV dal balcone vaticano.
Le sue parole erano intrise della sincerità che viene dal profondo del cuore, di chi sente il dovere di pascere tutti, di essere il messaggero della Buona Novella di Cristo per tutti, camminando «come Chiesa unita, cercando sempre la pace, la giustizia, cercando sempre di lavorare come uomini e donne fedeli a Gesù Cristo, senza paura, per proclamare il Vangelo, per essere missionari». Non è da meno che nel momento più emozionante della sua vita, Leone XIV non abbia dimenticato la sua “cara diocesi di Chiclayo in Perù”, giurisdizione da cui è volato alle vette della Curia Romana, per essere oggi il nuovo Papa della Chiesa.
Tutti questi sentimenti sono stati coronati dall’invocazione alla Madonna di Pompei, alla «nostra Madre Maria», che «vuole sempre camminare con noi», e poi dalla recita dell’Ave Maria rivolta alla Regina Madre, della cui intercessione hanno bisogno tutti i cristiani, dal più umile servitore, al Papa della Santa Chiesa Romana. Sui social network circolano numerose testimonianze della sua speciale devozione alla Madonna del Buon Consiglio, ai cui piedi a Genazzano si sono inginocchiati diversi papi per implorarne l’aiuto.
Insomma, il Conclave è terminato.
Ora Leone XIV inizia a portare il pesante fardello del Papato, che è anche la croce d’oro che ha portato nel suo primo annuncio al mondo.
Non ci resta che offrirgli di cuore le nostre umili preghiere.
Di Carlos Castro.
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