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Il Papa al corpo diplomatico: investire sulla famiglia, sui soggetti fragili, come anziani e nascituri.

Il discorso del Papa al corpo diplomatico si è concentrato su “tre parole chiave”: pace, giustizia e verità.

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Foto: Vatican News

Redazione (17/05/2025 16:14, Gaudium Press) Nella mattinata di ieri, in un altro importante discorso, rivolto questa volta al corpo diplomatico accreditato presso il Vaticano, Leone XIV ha esordito ringraziando “per i numerosi messaggi di auguri inviati dopo la mia elezione (…). Si tratta di una significativa manifestazione di stima, che incoraggia ad approfondire le reciproche relazioni”.

Il Papa Prevost ha espresso esplicitamente il desiderio che  ”prevalga sempre il senso di appartenenza alla famiglia – la comunità diplomatica rappresenta, infatti, l’intera famiglia dei popoli – che condivide le gioie e i dolori della vita, insieme ai valori umani e spirituali che la animano. La diplomazia pontificia è infatti espressione della stessa cattolicità della Chiesa e, nella sua azione diplomatica, la Santa Sede è animata da un’urgenza pastorale che la spinge non a cercare privilegi, ma a intensificare la sua missione evangelica al servizio dell’umanità”.

«La vostra presenza oggi è per me un dono, che permette di rinnovare l’aspirazione della Chiesa – e la mia personale – di raggiungere e abbracciare ogni popolo e ogni persona di questa terra, desiderosa e bisognosa di verità, giustizia e pace. In un certo senso, la mia stessa esperienza di vita, vissuta tra il Nord America, il Sud America e l’Europa, mette in evidenza questa aspirazione a superare i confini per incontrare persone e culture diverse “, ha sottolineato il Papa.

Il Papa ha offerto al corpo diplomatico  ”tre parole chiave che costituiscono i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro diplomatico della Santa Sede”:

«La prima parola è pace», che non è una «semplice tregua», ma «nella prospettiva cristiana (…) la pace è innanzitutto un dono, il primo dono di Cristo: “Vi do la mia pace” (Gv 14,27). Ma è un dono attivo, appassionante, che coinvolge e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che richiede innanzitutto un lavoro su se stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le pretese, e misurando il linguaggio, perché anche con le parole si può ferire e uccidere, non solo con le armi”.

La seconda parola è giustizia. Cercare la pace esige la pratica della giustizia.

Come ho già avuto modo di sottolineare, ho scelto il mio nome pensando principalmente a Leone XIII, il Papa della prima grande enciclica sociale, la Rerum novarum. Nel cambiamento epocale che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esentarsi dal far sentire la propria voce di fronte ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che portano, tra l’altro, a condizioni di lavoro indegne e a società sempre più frammentate e conflittuali. È necessario, inoltre, impegnarsi per porre rimedio alle disuguaglianze globali, che tracciano profondi solchi di opulenza e indigenza tra continenti, paesi e persino all’interno delle stesse società».

Questa giustizia può essere realizzata «soprattutto investendo nella famiglia, fondata sull’unione stabile tra l’uomo e la donna, «piccola, è vero, ma vera società e più antica di qualsiasi altra». Inoltre, nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente delle più fragili e indifese, dal bambino non ancora nato all’anziano, dal malato al disoccupato, siano essi cittadini o immigrati».

«La terza parola è verità. Non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche all’interno della comunità internazionale, senza verità. Laddove le parole assumono connotazioni ambigue e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua percezione distorta della realtà, prevale senza controllo, è difficile costruire relazioni autentiche, perché decadono i presupposti oggettivi e reali della comunicazione».

«Da parte sua, la Chiesa non può mai astenersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo a qualsiasi mezzo necessario, anche a un linguaggio franco, che inizialmente può suscitare qualche incomprensione. La verità, tuttavia, non è mai separata dalla carità, che ha sempre a cuore la vita e il bene di ogni uomo e donna. D’altra parte, nella prospettiva cristiana, la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti. In questo modo, la verità non ci allontana, ma ci permette di affrontare con maggiore vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata terra. Sono sfide che richiedono l’impegno e la collaborazione di tutti, perché nessuno può pensare di affrontarle da solo“ .

Il Sommo Pontefice ha invitato gli ambasciatori alla speranza, in particolare in questo anno giubilare che è  ”tempo di conversione e di rinnovamento“, occasione ”per lasciarsi alle spalle le contese e intraprendere un cammino nuovo”. Ha menzionato, tra i più sofferenti, i popoli dell’Ucraina e della Terra Santa.

 

 

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