Leone XIV: Il dolce Cristo in terra
«Voi mi avete chiamato a succedere al primo degli Apostoli, mi affidate questo tesoro affinché, con il vostro aiuto, io ne sia il fedele amministratore a favore di tutto il corpo della Chiesa; così che essa sia sempre più la città posta sul monte, l’arca di salvezza che naviga attraverso le maree della storia, il faro che illumina le notti del mondo»
Redazione (19/05/2025 14:03, Gaudium Press) Si spengono agli occhi del mondo i momenti della messa “Pro Eligendo Pontifice”, la solennità del corteo processionale dei cardinali verso la Cappella Sistina, il momento del giuramento preliminare, la chiusura davanti ai nostri occhi delle belle porte; iniziava il Conclave. I social network erano in fermento: fumo nero, fumo nero, fino al momento tanto atteso in cui si sono levate le esclamazioni di coloro che si trovavano lì, in Piazza San Pietro: fumo bianco, i rintocchi delle campane!
Poco dopo, il cardinale protodiacono Dominique Mamberti è apparso al balcone, proclamando l’Habemus Papam ed il nome del cardinale statunitense Robert Prevost; grida di gioia e l’attesa di vederlo. Con il suo rocchetto, la mozzetta e la bella stola, è apparso il Santo Padre appena eletto: Leone XIV.
Emozionato, silenzioso, guarda da una parte all’altra la folla presente, alza le mani in segno di ringraziamento e aspetta pazientemente le tante grida dei cattolici lì riuniti. Vogliono ascoltarlo per la prima volta e ricevere la sua benedizione. Le sue belle parole iniziali ci riportano al momento del primo incontro di Gesù con i suoi dopo la Resurrezione: «La pace sia con tutti voi! Cari fratelli e sorelle, questo è il primo saluto del Cristo risorto, il Buon Pastore, che ha dato la vita per il gregge di Dio».
Ha poi aggiunto: «La pace di Cristo risorto è una pace disarmata e disarmante, umile e perseverante», che «proviene da Dio, che ci ama tutti incondizionatamente», sottolineando che, in questo amore di Dio per tutti, «il male non prevarrà».
Nel suo desiderio di «costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro», ha meditato sul fatto che «il mondo ha bisogno della sua luce», la luce di Cristo, e ha invitato a «proclamare il Vangelo, per essere missionari», per «cercare la pace, la carità, essere sempre vicini soprattutto a coloro che soffrono». Ha invitato tutti a pregare insieme “per questa nuova missione, per tutta la Chiesa, per la pace nel mondo”, invocando “Maria, nostra Madre”.
Ha poi espresso il suo pensiero e ha mostrato quale sarà il suo pontificato con il suo stile personale, con grande spirito missionario, testimonianza del Vangelo e una visione speciale del futuro cruciale che lo attende.
Espressioni che provengono da un cuore missionario, da un uomo pieno di devozione alla Santissima Vergine – in particolare alla Madre del Buon Consiglio di Genazzano, in provincia di Roma –. Tale devozione, dobbiamo dire, trova la sua “origine” nella sua amata madre, Mildred Martínez, di origini spagnole e molto attiva nella sua chiesa, e nel padre, Louis Prevost, catechista, entrambi fedeli frequentatori della messa quotidiana nella parrocchia di St. Mary of the Assumption, a Chicago. È cresciuto, quindi, con la santa Chiesa e presto è germogliata in lui la vocazione sacerdotale, tanto che a 14 anni è entrato nel noviziato di Sant’Agostino.
Significativa è stata l’omelia pronunciata durante la celebrazione eucaristica il giorno dopo la sua elezione, alla presenza dei cardinali, elettori e non elettori, nella Cappella Sistina.
«Voi mi avete chiamato a portare questa croce e ad essere benedetto con questa missione», ha condiviso con i suoi ex colleghi cardinali: «con il vostro voto a succedere al primo degli Apostoli, mi affidate questo tesoro, affinché con il vostro aiuto io ne sia fedele amministratore a favore di tutto il corpo della Chiesa; così che essa sia sempre più la città posta sul monte, l’arca di salvezza che naviga attraverso le maree della storia, faro che illumina le notti del mondo“. Ciò sarà realizzato ”grazie alla santità dei suoi membri”.
Proseguendo la sua riflessione – perché di riflessione si è trattato davvero, in un momento, in un luogo e in una circostanza del tutto speciali – si è interrogato sulla risposta del mondo, di «un mondo che considera Gesù una persona totalmente priva di importanza» e che, quando «la sua presenza diventa scomoda per le istanze di onestà e le esigenze morali che richiede, questo mondo non esita a respingerlo e ad eliminarlo».
E la risposta della gente comune, «che lo considera solo un uomo e quindi, nel momento del pericolo, durante la Passione, lo abbandona e se ne va, delusa».
Ha richiamato l’attenzione sull’«attualità di questi due atteggiamenti» che si trovano «sulla bocca di molti uomini e donne del nostro tempo». Molti preferiscono «altre certezze», come «la tecnologia, il denaro, il successo, il potere o il piacere».
Portando la sua omelia a una vera meditazione per i cardinali presenti e per il mondo intero che accompagnerà queste sagge parole del neoeletto Santo Padre Leone XIV, ha esortato a ricordare che in quegli «ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo, dove chi crede è ridicolizzato, ostacolato e disprezzato, o al massimo tollerato e compatito; tuttavia, proprio per questo, sono luoghi in cui la missione è più urgente, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi come la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite che causano non poche sofferenze alla nostra società”.
E per non lasciare spazio a dubbi, ha anche richiamato l’attenzione su coloro che considerano Gesù «una sorta di leader carismatico o un superuomo».
Queste parole, le prime dopo quelle rivolte alla folla riunita per ricevere la sua prima benedizione Urbi et Orbi, si concludono così: «Questo è il mondo che ci è stato affidato, nel quale siamo chiamati a testimoniare la fede gioiosa in Gesù Salvatore», invitando all’impegno per un cammino di conversione quotidiana, «lo dico prima di tutto per me stesso, come Successore di Pietro».
Per questo il suo motto episcopale, che è rimasto come scudo pontificio, è: «In illo uno unum» («In Cristo siamo uno»).
Che bell’invito, personale e generale per tutti, e per questo ha chiesto: «Che Dio mi conceda questa grazia, oggi e sempre, con l’aiuto della tenera intercessione di Maria, Madre della Chiesa».
(Pubblicato originariamente su La Prensa Gráfica di El Salvador, 18 maggio 2025)
Di P. Fernando Gioia, EP
lascia il tuo commento