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Leone XIV a San Paolo fuori le Mura: “La grande verità che dà senso alla nostra vita è che Dio ci ama.”

Durante la sua prima visita come Papa all’imponente basilica di San Paolo fuori le Mura, Leone XIV ha parlato intorno a tre temi centrali: grazia, fede e giustizia.

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Foto: Screenshots Vatican Media

Redazione (21/05/2025 12:40, Gaudium Press)   Ieri,  durante la sua prima visita come Papa all’imponente basilica di San Paolo fuori le Mura, dove in ogni angolo si respira lo spirito dell’Apostolo delle Genti, Papa Leone XIV ha pronunciato  un’importante omelia incentrata su tre temi fondamentali, la grazia, la fede e la giustizia, basandosi sulla lettera di San Paolo ai cristiani di Roma. Il Pontefice ha quindi affidato il suo ministero all’intercessione dell’Apostolo.

Il Sommo Pontefice ha esordito sottolineando che San Paolo «ha ricevuto la grazia della chiamata» (cfr. Rm 1,5), una grazia che è «l’amore con cui Dio lo ha preceduto, chiamandolo a una vita nuova mentre era ancora lontano dal Vangelo e perseguitava la Chiesa». È la stessa esperienza vissuta da Sant’Agostino, «anche lui un convertito», che in un sermone disse: «Che cosa sceglieremo, se prima non siamo stati scelti?». La grazia è quindi quella scelta d’amore che Cristo Signore compie su di noi, che è «alla radice di ogni vocazione», nella quale si manifesta «la sua misericordia, la sua bontà, generosa come quella di una madre».

«Ma Paolo, nello stesso versetto, parla anche di “obbedienza della fede” (Rm 1,5), e in più condivide ciò che ha vissuto. Il Signore, infatti, apparendogli sulla via di Damasco (cfr. At 9,1-30), non gli ha tolto la libertà, ma gli ha dato la possibilità di decidere, di obbedire come frutto di uno sforzo, di lotte interiori ed esteriori, che egli ha accettato di affrontare. La salvezza non appare per incanto, ma per un mistero di grazia e di fede, dell’amore di Dio che ci precede e dell’adesione fiduciosa e libera da parte dell’uomo (cfr. 2 Tm 1,12)», ha affermato Leone XIV.

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Quindi, se riceviamo la grazia di una chiamata e ci viene presentata una fede, dobbiamo ringraziare il Signore per quella chiamata e quella fede, alla maniera di San Paolo, in modo «che anche noi sappiamo rispondere allo stesso modo ai suoi inviti, rendendoci testimoni dell’amore che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5)».

Questa giusta risposta alla fede consiste soprattutto nel «saper coltivare e diffondere la sua carità, rendendoci vicini gli uni agli altri (cfr. Francesco, Omelia dei Vespri solenni della solennità della Conversione di san Paolo, 25 gennaio 2024), nella stessa corrente di affetti che, dall’incontro con Cristo, spinse l’antico persecutore a diventare ‘tutto per tutti’ (1 Cor 9,22), fino al martirio. Così, per noi come per lui, nella debolezza della carne si rivela la potenza della fede in Dio che giustifica (cfr. Rm 5,1-5)». Giustificare, nel senso biblico, è diventare giusti, diventare santi, è la conseguenza della grazia della chiamata, della fede che ci è stata data e della nostra risposta amorosa a quella vocazione e a quella fede.

Leone XIV ha concluso con alcune parole del suo predecessore, Papa Benedetto XVI, che un giorno disse ai giovani: «Cari amici, Dio ci ama. Questa è la grande verità della nostra vita, che dà senso a tutto il resto. […] All’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio», e la fede ci porta ad «aprire il nostro cuore a questo mistero d’amore e a vivere come persone che sanno di essere amate da Dio» (Omelia nella Veglia di preghiera con i giovani, Madrid, 20 agosto 2011)».

 

 

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