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Egitto: il governo confisca monastero millenario sul Monte Sinai

Dopo 15 secoli, uno dei monasteri cristiani più antichi e significativi al mondo, il Monastero Ortodosso di Santa Caterina sul Monte Sinai, perde la sua autonomia amministrativa e diventa proprietà del governo egiziano, in base a una decisione del tribunale regionale.

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Foto: Wikipedia

Redazione (06/06/2025 14:16, Gaudium Press) Il monastero ortodosso di Santa Caterina fu fondato intorno al 330 d.C. su iniziativa dell’imperatrice di Roma, Elena. L’edificio consisteva solo in una modesta cappella, che si ritiene fosse il luogo del roveto ardente attraverso il quale Dio parlò al profeta Mosè.

Nel VI secolo, sotto il governo dell’imperatore Giustiniano, fu eretto un nuovo edificio sul sito, a formare una sorta di fortezza attorno alla cappella precedentemente costruita. L’imperatore costruì anche un monastero e una basilica per la comunità monastica, che godeva di ampia autonomia all’interno del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme.

Il monastero, riconosciuto dall’UNESCO come patrimonio mondiale dell’umanità, attira ogni anno migliaia di visitatori da diverse parti del mondo, sia pellegrini che semplici turisti che desiderano conoscere da vicino questo luogo così significativo per la storia e la fede cristiana.

Il monastero ospita una biblioteca ricca di reliquie, manoscritti e libri sacri di epoche passate, oltre a possedere la Chiesa della Trasfigurazione (dove si trovano le spoglie di Santa Caterina), la Cappella del Roveto Ardente, la Sacrestia Sacra, il Museo del Monastero e il Pozzo di Mosè.

Confisca del monastero

Secondo una controversa sentenza emessa dal Tribunale di Ismailia il 28 maggio, i beni del monastero (comprese le reliquie) sono stati di fatto confiscati e trasferiti allo Stato egiziano. I 20 monaci che fanno parte della comunità, che amministravano il monastero e godevano di ampia autonomia all’interno del Patriarcato greco-ortodosso di Gerusalemme, ora devono affrontare restrizioni di accesso ad alcune aree e sono autorizzati a rimanere nel monastero solo per attività liturgiche e alle condizioni imposte dallo Stato.

Il sito orthodoxia.info ha descritto l’applicazione della decisione come «una delle più gravi violazioni delle libertà religiose e individuali degli ultimi secoli», perpetrata in un periodo turbolento per il Medio Oriente.

Tradizionalmente considerato un vakuf — un luogo sacro rispettato dall’Islam —, il monastero ha sempre goduto della protezione delle comunità beduine e dello stesso governo egiziano, anche in periodi di instabilità politica.

Tuttavia, negli ultimi anni, il luogo è stato oggetto di azioni legali promosse da varie entità del governo egiziano.

Gli analisti suggeriscono che questa offensiva sia guidata da settori radicali del cosiddetto “Stato profondo”, soprattutto dall’epoca del governo controllato dalla Fratellanza Musulmana, e sottolineano la difficoltà del presidente Abdel Fattah al-Sisi nel gestire queste pressioni.

Sebbene autorità come l’archeologo Abdel Rahim Rihan abbiano difeso la decisione giudiziaria come una misura volta a “valorizzare il patrimonio a beneficio del mondo e dei monaci stessi”, la comunità religiosa denuncia una “espulsione di fatto” e una minaccia diretta alla sopravvivenza del monastero come centro spirituale.

L’impatto della sentenza si è già propagato oltre i confini dell’Egitto.

La Grecia ha reagito con fermezza, considerando la decisione un attacco a un simbolo dell’ellenismo e dell’ortodossia. L’arcivescovo greco-ortodosso di Atene, Ieronymos, ha espresso la sua indignazione: “Non voglio e non posso credere che oggi l’ellenismo e l’ortodossia debbano affrontare un’altra ‘conquista’ storica. Questo faro spirituale si trova ora di fronte a una questione di sopravvivenza”.

Sia il governo greco che il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli hanno manifestato il loro profondo malcontento per la decisione, che considerano inaccettabile e preoccupante per il futuro di questo importante enclave religioso.

Il ministro degli Esteri greco, George Gerapetritis, ha immediatamente contattato il suo omologo egiziano per comunicare la posizione ufficiale della Grecia. “Non c’è spazio per deviare dalla comprensione reciproca tra le due parti, come espresso dai leader dei due paesi durante il recente Consiglio di Alta Cooperazione tenutosi ad Atene”, ha sottolineato il ministro, riferendosi agli impegni bilaterali relativi al rispetto del patrimonio culturale e religioso.

Il patriarca ecumenico Bartolomeo I, la massima autorità spirituale della Chiesa ortodossa, ha espresso la sua preoccupazione per quello che considera un attacco allo storico sistema di protezione del monastero. “Il Patriarcato Ecumenico ha accolto con dolorosa sorpresa la notizia che il tribunale competente in Egitto ha messo in discussione il regime di proprietà dello storico Monastero del Sinai”, ha lamentato in un comunicato.

La comunità monastica ha annunciato l’avvio di una campagna internazionale di sensibilizzazione e informazione rivolta alle chiese, alle comunità religiose e agli organismi internazionali, con l’obiettivo di ribaltare questa decisione. Il contesto geopolitico aggrava ulteriormente la situazione: l’Egitto sta affrontando una crisi regionale derivante dal conflitto in Palestina e dalla presenza di gruppi jihadisti nella penisola del Sinai, alcuni dei quali già in passato hanno minacciato direttamente il monastero.

Con questa confisca, non solo si rompe una tradizione millenaria di autonomia monastica, ma si riapre anche una ferita diplomatica ed ecclesiastica di grande portata.

 

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