L’opera di Rupnik scompare dal sito web del Vaticano: segno di un cambiamento etico o solo estetica?
Sarà disposto Leone XIV non solo a condannare un gesuita caduto in disgrazia, ma anche ad andare oltre e affrontare l’intero sistema che lo ha sostenuto, promosso e protetto per decenni?
Redazione (11/06/2025 16:14, Gaudium Press) Lo scorso fine settimana, con un’operazione silenziosa, è stata cancellata dal sito ufficiale del Vaticano la presenza visiva di uno dei personaggi più controversi della Chiesa recente: l’ex gesuita Marko Ivan Rupnik. Senza preavviso, senza comunicati, senza giustificazioni ufficiali, le opere d’arte del sacerdote sloveno – accusato di abusi sessuali seriali – sono state semplicemente rimosse.
Il gesto ha attirato l’attenzione proprio per il suo silenzio. Dopo tutto, da anni le vittime degli abusi e i loro difensori denunciano l’uso pubblico e reiterato delle opere di Rupnik come un affronto diretto alla memoria e al dolore delle persone colpite. Come riportato da Ed Condon per The Pillar, l’insistenza nel tenere in primo piano i suoi mosaici era diventata un “contro-segnale” degli sforzi di riforma dell’era Francesco, un richiamo al fatto che, in certi corridoi, l’estetica parlava ancora più forte dell’etica.
L’improvvisa “pulizia” visiva è già stata interpretata dagli analisti come un gesto programmatico del pontificato di Leone XIV. Sì, il nuovo Papa – canonista di formazione e di reputazione austera – sembra disposto a correggere ciò che prima sembravano ignorare, nascondere o burocratizzare fino allo sfinimento. Ma il dubbio rimane: è l’inizio di una vera assunzione di responsabilità o solo una manovra di facciata per alleggerire la pressione dell’opinione pubblica?
Il portale di notizie del Vaticano ha rimosso anche le ultime immagini dei mosaici di padre Rupnik. La misura sarebbe stata adottata dopo una riunione tra papa Leone XIV e la Commissione per la Protezione dei Minori. Le immagini erano già state rimosse da quasi tutte le sezioni di Vatican News, rimanendo solo nella scheda “La nostra fede”, dove ancora illustravano la copertina di una catechesi, ma sono state successivamente rimosse anche da lì. Si tratta di una misura drastica, presa senza alcuna spiegazione ufficiale. Secondo il sito cattolico statunitense Crux, la rimozione sarebbe avvenuta subito dopo l’incontro tra il papa, il cardinale Sean O’Malley e la Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori.
D’altra parte, l’avvocato Laura Sgrò, che assiste le suore vittime di padre Rupnik, ha dichiarato alla stampa: “L’uso di queste immagini è stato ripetutamente denunciato dalle vittime che assisto, che lo considerano, come minimo, inappropriato, in quanto fonte di ulteriore dolore per loro”. E conclude: “Hanno molta fiducia nel pontefice”.
Rupnik, oltre ad essere sotto accusa, è stato formalmente scomunicato nel 2020 per aver assolto una complice in peccato contro il sesto comandamento – il che, va detto, costituisce un reato canonico gravissimo. La sua scomunica è venuta alla luce solo due anni dopo. Il prete artista era stato espulso dalla Compagnia di Gesù e, successivamente, in modo inspiegabile, si è saputo che la scomunica di Rupnik era stata revocata, ma senza alcun documento pubblico da parte della Santa Sede. Nel frattempo, il processo canonico contro di lui rimane bloccato, presumibilmente a causa delle difficoltà nel costituire un tribunale esterno al Vaticano, secondo il cardinale Fernández, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Misteriosamente, l’ex gesuita, nonostante i suoi precedenti penali, continua a essere abilitato all’esercizio del sacerdozio ed è stato accolto da una diocesi slovena. Anche se condannato, ha mantenuto il suo prestigio e ha ricevuto commissioni di opere, protetto da una rete di negligenze e omissioni da parte delle autorità vaticane che conoscevano il suo caso.
Secondo informazioni ufficiali dell’Annuario Pontificio del 2024, padre Marko Rupnik figurava ancora come consulente del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Sebbene il sito www.vatican.va non menzioni il sacerdote, il riferimento nell’annuario a quattro anni dalla sua condanna è significativo.
Fonti indipendenti confermano che, anche dopo le condanne, Rupnik ha conservato il titolo di consulente in questo dicastero e ha continuato a essere una figura influente a Roma.
D’altra parte, altri dicasteri a cui era legato – come il Pontificio Consiglio della Cultura e quello della Nuova Evangelizzazione – non lo includono più negli elenchi dei consultori, il che suggerisce revisioni successive a una decisione presa dalla Santa Sede. L’esclusione di Mirko Rupnik da questi elenchi è un altro passo significativo ed è plausibile che le vittime si sentano sollevate da questa misura.
Ed Condon osserva che la rimozione delle immagini può essere «un cambiamento superficiale» – sebbene visibilmente gradito – ma avverte che le decisioni davvero importanti attendono ancora la penna del Papa. Tra queste, la sostituzione di figure chiave come il cardinale O’Malley, della Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori, e forse dello stesso cardinale Fernández, il cui operato selettivo, nei casi di abuso, solleva dubbi sulla coerenza del sistema e sulla sua stessa continuità nel dicastero per la Dottrina della Fede.
La questione più importante, tuttavia, non è la scomparsa delle opere, ma ciò che essa segnala. Leone XIV è disposto non solo a condannare un gesuita caduto in disgrazia, ma anche ad andare oltre e affrontare l’intero sistema che lo ha sostenuto, promosso e protetto per decenni?
Perché, ammettiamolo: abbattere i mosaici di Rupnik è facile. La cosa difficile è rimuovere il cemento che li ha protetti.
Di Rafael Tavares
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