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Il Concilio di Trento schiacciò il protestantesimo

Nella prima metà del XVI secolo, la situazione della Chiesa e della cristianità era gravissima.

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Redazione (10/09/2025 16:26, Gaudium Press) Nel 1527, sotto l’impero di Carlo V, le truppe comandate dal famoso connestabile di Borbone invasero Roma e compirono un massacro. Era uno degli uomini più ricchi di Francia; mentre varcava la porta della città fu colpito da un proiettile e cadde morto.

Due anni dopo, i turchi conquistarono l’Ungheria e assediarono Vienna con 300.000 musulmani, ma 20.000 viennesi, valorosi cattolici, sconfissero gli aggressori.

Il protestantesimo si diffondeva in diverse nazioni, soprattutto in Germania e Inghilterra. Il paganesimo rinascimentale penetrava nella letteratura e nelle arti.

Paolo III con Sant’Ignazio

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Molto più grave di tutto ciò era la situazione della Chiesa: ecclesiastici e religiosi – persino sommi pontefici – si lasciavano trascinare da passioni disordinate.

Eletto papa nel 1534, Paolo III – che aveva avuto tre figli naturali – partecipava a brillanti battute di caccia, celebrava nel suo palazzo feste con cantanti, ballerine e giullari. Fece decorare il Vaticano e Castel Sant’Angelo «con affreschi di evidente paganesimo». [1]

Rispondendo alle richieste di molti membri del clero, tra cui spiccava Sant’Ignazio di Loyola, nonché di religiosi e laici, il pontefice decise di tenere un Concilio ecumenico a Trento, nel nord-est d’Italia, al fine di condannare gli errori e proclamare la verità.

Non potendo partecipare alla sua inaugurazione, nel dicembre 1545, perché malato, nominò tre legati che parlarono delle devastazioni causate dalle eresie, dalla corruzione dei costumi, dalle divisioni in seno alla cristianità, e affermarono che il clero aveva una grande responsabilità nella causa e nel progredire di tanti mali.

Raccomandarono inoltre di fare penitenza, tra cui il digiuno ogni venerdì, in memoria della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.

A Roma, la statua del papa venne distrutta

Contaminati dallo spirito rivoluzionario, i sovrani cattolici adottarono misure che favorivano l’eresia.

Protetti dall’imperatore Carlo V, diversi capi protestanti si recarono a Trento e inondarono la città di libelli contenenti i loro nefandi errori dottrinali.

Il suo successore, Ferdinando, fece di peggio: chiese al Concilio di approvare il matrimonio dei sacerdoti e di consentire agli eretici di amministrare i sacramenti in assenza di ministri cattolici.

A causa di un’epidemia che imperversava a Trento, nel marzo 1547 le sessioni conciliari furono trasferite a Bologna. Ma a causa delle gravi divergenze tra i prelati italiani e quelli spagnoli, i lavori furono sospesi.

Nel maggio 1555 fu eletto papa il cardinale Giovanni Pietro Carafa, che scelse il nome di Paolo IV. Aveva 79 anni. Nominò cardinali due suoi nipoti: Carlo e Antonio. A causa degli scandali in cui erano coinvolti, li destituì dalle loro cariche e ordinò loro di trasferirsi lontano da Roma.

Quando morì, nel 1549, ci fu una violenta rivolta a Roma, durante la quale morirono un centinaio di persone e la sua statua, che si trovava in una piazza della città, fu fatta a pezzi.

Pio IV condannò a morte un cardinale

Dopo i pontificati di altri due papi, nel 1555 fu eletto Pio IV, che aveva tre figli illegittimi. Riaprì il Concilio nel 1562, approvò i decreti dogmatici sulla Messa, i Sacramenti, il culto dei Santi, il Purgatorio, condannando così l’eresia luterana.

Firmò decreti per la moralizzazione del clero – compresi i cardinali – e dei religiosi. Proibì il matrimonio dei sacerdoti e incoraggiò la creazione di seminari per la formazione dei sacerdoti. Impedì ai principi di intervenire nelle questioni ecclesiastiche. [2]

Contro i suoi nipoti, uno dei quali era cardinale, Pio IV adottò un atteggiamento di grande severità, sul quale scrisse il dottor Plinio Corrêa de Oliveira:

«Accadeva spesso che la direzione politica della Santa Sede fosse lasciata alla completa discrezionalità dei nipoti del Papa. Questo male si fece sentire con particolare gravità al tempo di Paolo IV (Carafa), quando le delibere di ordine politico obbedivano all’astuzia di Carlo Carafa, [cardinale], uomo egoista e senza scrupoli, che con grande abilità aveva conquistato tutta la fiducia del pontefice, suo zio.

«Fu così che Paolo IV, trascinato in una guerra nefasta e inutile contro la Spagna, vide il suo breve pontificato di quattro anni costellato dagli eccessi del nipote.

«Pio IV, pochi mesi dopo essere salito al soglio di Pietro, decise di porre fine a questa macchia sulla Chiesa. Fece arrestare i Carafa e li giudicò con tutto il rigore. Senza ascoltare le richieste dei cardinali che imploravano clemenza per il cardinale Carlo Carafa, lo condannò a morte il 4 marzo 1561, insieme a Giovanni Carafa, e confiscò i beni della famiglia». [3]

Conversione dello storico von Pastor

Ludwig von Pastor

Ludwig von Pastor (1854-1928), celebre storico protestante tedesco, aveva affermato che il Vaticano non avrebbe mai aperto i suoi archivi agli studiosi, poiché temeva che venissero rivelati gli orrori relativi ai papi.

Dopo che Leone XIII gli fece sapere che gli archivi gli erano completamente aperti, egli si recò a Roma e scrisse un’opera monumentale in 39 volumi intitolata “Storia dei Papi”.

Poco prima di terminare il suo lavoro, ottenne un’udienza dal papa e dichiarò di voler diventare cattolico. Impressionato, il pontefice gli chiese il motivo di tale decisione e lui rispose:

“Sua Santità, mi sono convinto che la Chiesa cattolica sia davvero un’istituzione divina. Se nemmeno i papi sono riusciti a distruggerla, è perché è davvero divina!”[4]

Il grande Papa San Pio X, nel 1909, lo insignì dell’Ordine di San Gregorio Magno. L’anno successivo, l’imperatore d’Austria e re d’Ungheria Francesco Giuseppe lo ammise nella nobiltà con il titolo di barone.

Summa Teologica di San Tommaso posta sull’altare

Nonostante la malefica pressione esercitata da imperatori, re, principi e, soprattutto, prelati a favore degli eretici, «il protestantesimo fu schiacciato dal Concilio di Trento». [5]

Questo perché tra i padri conciliari c’erano uomini pieni di saggezza e combattività, come i santi Carlo Borromeo e Pietro Canisio, che agirono vigorosamente contro la decadenza del clero e dei religiosi e inflissero dure sconfitte al protestantesimo.

«Durante il Concilio di Trento, la “Summa Theologica” fu posta sull’altare, accanto alle Sacre Scritture, per indicare che era alla luce della dottrina tomista che si doveva interpretare la Parola di Dio».[6]

Di Paulo Francisco Martos

(Nozioni di Storia della Chiesa)

 

 

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