Leone XIV: «Un grido non è mai vano se nasce dall’amore»
Davanti a migliaia di fedeli e pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, il Pontefice ha sottolineato che “sulla croce, Gesù non muore in silenzio”, ma “lascia la sua vita con un grido”.
Redazione (11/09/2025 14:50, Gaudium Press) Durante l’udienza generale di ieri, mercoledì 10 settembre, Papa Leone XIV ha proseguito il ciclo di catechesi incentrato sull’esperienza di Nostro Signore Gesù Cristo crocifisso. Davanti a migliaia di fedeli e pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, il Pontefice ha sottolineato che “sulla croce, Gesù non muore in silenzio”, ma “lascia la sua vita con un grido”.
I Vangeli testimoniano un dettaglio prezioso che merita di essere contemplato con l’intelligenza della fede: sulla croce, Gesù non muore in silenzio. Non si spegne lentamente, come una luce che si consuma, ma lascia la sua vita con un grido:
“Allora Gesù, con un forte grido, spirò”. Questo grido racchiude tutto: dolore, abbandono, fede e offerta “Non è solo la voce di un corpo che cede, ma il segno definitivo di una vita che si dona”, ha osservato.
Il grido di Gesù non è di disperazione
Il Santo Padre sottolinea che “il grido di Gesù è preceduto da una domanda, una delle più commoventi che si possano formulare: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?’. Il Figlio, che ha sempre vissuto in intima comunione con il Padre, sperimenta ora il silenzio, l’assenza, l’abisso. Non è una crisi di fede, ma la fase finale di un amore che si dona completamente. Il grido di Gesù non è di disperazione, ma di sincerità, di verità portata al limite, di fiducia che perdura anche nel silenzio assoluto”
Leone XIV ha sottolineato che “Dio non abita più dietro un velo; il suo volto è ora pienamente visibile nel Crocifisso. È lì, in quell’uomo tormentato, che si rivela l’amore più grande” e il centurione, che era pagano, comprese, ma non “perché ascoltò un discorso, ma perché vide Gesù morire in quel modo” e poi disse che ”davvero quest’uomo era il Figlio di Dio!”.
Gesù non ha gridato contro il Padre, ma verso di Lui.
È la prima Professione di Fede dopo la morte di Gesù. È il frutto di un grido che non si è perso nel vento, ma ha toccato il cuore. A volte, ciò che non riusciamo a esprimere a parole, lo esprimiamo con la voce. Quando il cuore è colmo, grida. E questo non è sempre segno di debolezza; può essere un profondo atto di umanità.
Secondo il Pontefice “il Vangelo conferisce al nostro grido un valore immenso” e può essere la forma suprema di preghiera, quando non abbiamo più parole.
“Gridiamo quando crediamo che qualcuno possa ancora sentirci. Gridiamo non per disperazione, ma per desiderio. Una speranza che non si arrende. Gesù non gridò contro il Padre, ma verso di Lui. Anche se in silenzio, era convinto che il Padre fosse lì. E così ci ha mostrato che la nostra speranza può gridare, anche quando tutto sembra perduto”, ha detto.
Secondo il Papa, gridare può diventare un gesto spirituale. Non è solo il primo atto della nostra nascita; è anche il segno di un nuovo inizio. Gridiamo quando soffriamo, ma anche quando amiamo, chiamiamo, invochiamo. Gridare significa dire che siamo qui, che non vogliamo svanire nel silenzio, che abbiamo ancora qualcosa da offrire.
Gesù ci insegna a non aver paura di gridare
Ci sono momenti nella vita in cui tenere tutto dentro può consumarci lentamente. Gesù ci insegna a non aver paura di gridare, purché sia sincero, umile e rivolto al Padre. Un grido non è mai vano se nasce dall’amore. Non viene mai ignorato se è rivolto a Dio. È un modo per evitare di cadere nel cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile. Infine, Leone XIV ha esortato i fedeli a imparare da Gesù ”il grido di speranza quando arriva l’ora della prova estrema. Non ferire, ma confidare. Non gridare contro nessuno, ma aprire il cuore. Se il nostro grido è vero, può essere la soglia di una nuova luce, di una nuova nascita. Se espressa con la fiducia e la libertà dei figli di Dio, la voce angosciata della nostra umanità, unita alla voce di Cristo, può diventare fonte di speranza per noi e per coloro che ci circondano” ha concluso. (EPC)
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