Udienza generale: “Cristo penetra nelle tenebre più fitte per salvarci”
Nell’ Udienza Generale di mercoledì, il Papa ha proseguito la sua riflessione sul mistero del Sabato Santo.

Redazione (25/09/2025 09:55, Gaudium Press) Mercoledì mattina, 24 settembre, davanti ai numerosi fedeli riuniti in Piazza San Pietro, Papa Leone XIV in occasione dell’Udienza Generale ha tenuto la sua catechesi, proseguendo la sua riflessione sul mistero del Sabato Santo.
Secondo il Pontefice, il Sabato Santo «è il giorno del Mistero Pasquale, quando tutto sembra immobile e silenzioso, in realtà si compie un’azione invisibile di salvezza: Cristo discende nella dimora dei morti per portare l’annuncio della Resurrezione a tutti coloro che erano nelle tenebre e nell’ombra della morte».

Gesù è morto per noi e ha voluto venire a cercarci là dove noi stessi ci eravamo smarriti
Il Papa spiega che «questo evento, che la liturgia e la tradizione ci hanno trasmesso, rappresenta il gesto più profondo e radicale dell’amore di Dio per l’umanità», perché «non basta dire o credere che Gesù è morto per noi: bisogna riconoscere che la fedeltà del suo amore ha voluto venirci a cercare là dove noi stessi ci eravamo smarriti, là dove può arrivare solo la forza di una luce capace di attraversare il regno delle tenebre».
Leone XIV chiarisce che, nella concezione biblica, l’inferno non è tanto un luogo, quanto piuttosto una condizione esistenziale in cui la vita si indebolisce e regnano il dolore, la solitudine, il senso di colpa e la separazione da Dio e dagli altri. «Cristo ci raggiunge anche in questo abisso, attraversando le porte di questo regno delle tenebre. Egli entra, per così dire, nella casa stessa della morte, per svuotarla, per liberarne gli abitanti, prendendoli per mano uno ad uno. È l’umiltà di un Dio che non si ferma davanti al nostro peccato, che non si spaventa di fronte all’estremo rifiuto dell’essere umano».

Cristo entra in tutte le realtà oscure per testimoniarci l’amore del Padre
Nostro Signore Gesù Cristo «è penetrato nelle tenebre più fitte per raggiungere anche i più piccoli dei suoi fratelli e delle sue sorelle, per portare lì la sua luce. In questo gesto c’è tutta la forza e la tenerezza dell’annuncio pasquale: la morte non è mai l’ultima parola. Questa discesa di Cristo non riguarda solo il passato, ma tocca la vita di ciascuno di noi».
Secondo il Santo Padre, l’inferno non è solo la condizione di chi è morto, ma anche di coloro che sperimentano la morte a causa del male e del peccato. È anche l’inferno quotidiano della solitudine, della vergogna, dell’abbandono, della fatica di vivere. Cristo entra in tutte queste realtà oscure per testimoniare l’amore del Padre. Non per giudicare, ma per liberare. Non per biasimare, ma per salvare. Lo fa silenziosamente, in punta di piedi, come qualcuno che entra in una stanza d’ospedale per offrire conforto e aiuto.

Il giorno in cui il cielo visita la terra più profondamente
«Il Signore scende là dove l’uomo si è nascosto per paura e lo chiama per nome, lo prende per mano, lo solleva e lo riporta alla luce. Lo fa con piena autorità, ma anche con infinita dolcezza, come un padre con il figlio che teme di non essere più amato», ha poi sottolineato, ricordando che Cristo «non salva solo sé stesso, non torna in vita da solo, ma trascina con sé tutta l’umanità. Questa è la vera gloria del Risorto: è la forza dell’amore, è la solidarietà di un Dio che non vuole salvarsi senza di noi, ma solo con noi. Un Dio che non risorge se non abbracciando le nostre miserie e rialzandoci in vista di una nuova vita».
Il Sabato Santo, quindi, è il giorno in cui il Cielo visita la Terra più profondamente. È il momento in cui ogni angolo della storia umana è toccato dalla luce della Pasqua. E se Cristo è potuto scendere laggiù, nulla può essere escluso dalla sua redenzione. Nemmeno le nostre notti, nemmeno le nostre colpe più antiche, nemmeno i nostri legami spezzati. Non c’è passato così rovinato, né storia così compromessa che non possa essere toccata dalla misericordia.

Abbraccio silenzioso con cui Cristo presenta tutta la creazione al Padre
Infine, Leone XIV ricorda che, per Dio, «scendere non è una sconfitta, ma il compimento del suo amore. Non è un fallimento, ma il modo in cui Egli mostra che nessun luogo è troppo lontano, nessun cuore è troppo chiuso, nessuna tomba è troppo sigillata per il suo amore. Questo ci consola, questo ci sostiene».
«Se a volte ci sembra quasi di toccare il fondo, ricordiamoci: è da quel luogo che Dio è in grado di iniziare una nuova creazione. Una creazione fatta di persone risorte, di cuori perdonati, di lacrime asciugate. Il Sabato Santo è l’abbraccio silenzioso con cui Cristo presenta tutta la creazione al Padre per reintegrarla nel suo piano di salvezza», ha concluso. (EPC)




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