I vescovi ecuadoriani invitano al dialogo in mezzo alle violente proteste
I prelati hanno invitato al dialogo e alla pace mentre il Paese affronta una crescente violenza nel corso delle proteste guidate dalla Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Ecuador.
Redazione (10/10/2025 16:37, Gaudium Press) I disordini sono scoppiati a metà settembre dopo la decisione del governo di eliminare i sussidi per il diesel, una misura volta ad affrontare i problemi fiscali, ma che ha generato un diffuso malcontento. Lo scorso 15 settembre, i camionisti hanno iniziato a bloccare le strade, paralizzando le principali arterie stradali. Le proteste si sono rapidamente trasformate in uno sciopero nazionale, che ha coinvolto comunità indigene, lavoratori e cittadini comuni, frustrati dall’aumento del costo della vita e dalle difficoltà economiche.
La tensione ha raggiunto il picco martedì 7 ottobre, sedicesimo giorno di mobilitazione, quando il corteo del presidente Daniel Noboa è arrivato a El Tambo, nella provincia di Cañar, dove sarebbero stati inaugurati alcuni progetti infrastrutturali. Secondo Inés Manzano, ministro dell’Ambiente e dell’Energia dell’Ecuador, circa 500 manifestanti hanno circondato il veicolo del presidente, lanciando pietre e lasciando segni di proiettili sul veicolo. Non sono stati segnalati feriti, ma l’incidente ha messo in evidenza la crescente violenza delle proteste.
La CONAIE, la principale organizzazione indigena del Paese, ha condannato quella che ha definito la “militarizzazione di El Tambo” e ha accusato il governo di Noboa di reprimere le manifestazioni pacifiche. Il gruppo ha chiesto la revoca dell’aumento del prezzo del carburante e una maggiore partecipazione alle decisioni politiche che riguardano le emarginate comunità indigene.
In risposta ai disordini, la Conferenza Episcopale Ecuadoriana (CEE) ha rilasciato una dichiarazione durante una riunione ad Azogues, esortando tutte le parti a dare priorità al dialogo per risolvere la crisi. “La violenza non sarà mai la strada verso un futuro migliore”, hanno dichiarato i vescovi, segnalando che mette a rischio vite umane, danneggia persone innocenti, mina lo Stato di diritto e disturba la pace sociale. La CEE ha riconosciuto il diritto alla protesta pacifica, soprattutto per coloro le cui richieste non sono state soddisfatte, ma ha sottolineato che il dialogo costruttivo è l’unico modo per superare la crescente divisione politica e sociale.
“Il nostro primo appello è sempre stato quello al dialogo e alla pace”, ha detto Mons. David de la Torre, Segretario Generale della CEE e Vescovo Ausiliare di Quito. “Questo appello si estende a tutte le parti coinvolte, dal governo alle organizzazioni sociali e indigene e alla società civile nel suo complesso, come missione al servizio del popolo”.
Il governo ha risposto con forza, dichiarando lo stato di emergenza in dieci delle 24 province dell’Ecuador per contenere la violenza ed evitare un’ulteriore escalation. Il decreto, firmato dal presidente Noboa, conferisce alle autorità, maggiori poteri per dispiegare le forze di sicurezza e imporre restrizioni alle riunioni pubbliche. La misura è stata criticata dai leader delle proteste, che sostengono che essa esacerba le tensioni e reprime il legittimo dissenso. L’appello al dialogo lanciato dai vescovi riflette la speranza di una riconciliazione, ma con la posizione intransigente di entrambe le parti, la strada verso la pace rimane incerta. Il governo deve affrontare una crescente pressione per affrontare i problemi economici che alimentano le proteste, mentre cerca di ristabilire l’ordine in una nazione in conflitto.
Con informazioni da Fides e AP
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