Leone XIV: tra l’eredità di Papa Francesco e la necessità di guardare avanti
Leone XIV sta procedendo con calma, cercando innanzitutto di risolvere le questioni in sospeso senza causare ulteriori turbolenze.
Redazione (14/10/2025 13:26, Gaudium Press) La settimana in cui Leone XIV ha pubblicato la sua prima esortazione apostolica Dilexi Te è stata anche la settimana in cui ha preso la prima decisione governativa che ha annullato una decisione del suo predecessore – riguardante le finanze del Vaticano – e questo non è poco.
Dilexi Te è, in realtà, profondamente opera di Papa Francesco. Il suo stile è riconoscibile, e sono evidenziate anche ” le sue bestie nere ideologiche” come le élite e le strutture corrotte.
Leone XIV ha rivisto profondamente il testo che ha ricevuto, ma il lavoro era già a buon punto. Leone, in sintesi, ha dimostrato il suo desiderio di non abbandonare completamente l’eredità del suo immediato predecessore, traducendola e facendola propria nella traduzione.
Quando si tratta del governo della Chiesa – e più specificamente del Vaticano – le cose potrebbero aver iniziato a prendere una piega molto diversa.
Era stata una decisione personale di Papa Francesco di affidare tutti gli investimenti della Santa Sede all’Istituto per le Opere di Religione, noto anche come “banca del Vaticano”. Tant’è che Francesco aveva persino chiarito questo punto con un rescriptum che interpretava in modo restrittivo una disposizione contenuta nel testo della riforma della Curia, il Praedicate Evangelium.
Tuttavia, in questo caso, Leone XIV non ha esitato a cancellare questa decisione con un tratto di penna, revocando il rescriptum con un motu proprio di tre articoli che, fin dal suo nome – Coniucta Cura – dimostrano il desiderio di riportare le questioni di gestione finanziaria a una pratica più collegiale.
Le due decisioni sono diverse nell’aspetto, ma sono in linea con la comprensione globale che Leone ha della sua missione, che è quella di bilanciare l’eredità scomoda del suo predecessore, ma allo stesso tempo mantenere se stesso e il Vaticano – il suo Vaticano, ora – così come tutta la Chiesa, concentrati sul futuro.
Leone XIV sta procedendo con calma, cercando innanzitutto di risolvere le questioni in sospeso senza causare ulteriori turbolenze. Non lo vedremo distribuire incarichi al proprio personale in una volta sola, come se gli organi della Curia fossero suoi da distribuire come parte di un sistema di spartizione, ma attuerà una transizione necessaria.
Questo atteggiamento, ovviamente, ha anche i suoi svantaggi.
Almeno per un certo periodo, ciò darà un’apparenza di credibilità ai sostenitori di una narrativa che metterebbe Leone XIV in perfetta sintonia con il suo predecessore, secondo cui la sinodalità auspicata da Francesco è più viva che mai, nonostante tutti i segnali contrari, e che la rivoluzione di Papa Francesco continuerà a pieno ritmo.
Dilexi te fa ben poco per smentire questa narrativa, almeno non superficialmente. Il fatto che i cardinali Michael Czerny e Konrad Krajewski – due “creazioni” di Papa Francesco – siano stati chiamati a presentare Dilexi te può essere visto come un’ulteriore conferma di ciò.
Czerny, tuttavia, ha 79 anni e sta per andare in pensione, e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale avrà presto un nuovo capo. Anche l’Elemosineria Apostolica (cioè il Dicastero per il Servizio della Carità), guidata da Krajewski, ha perso il ruolo centrale che aveva sotto Papa Francesco. Le missioni di Krajewski, anch’esse influenzate dalla transizione papale, sono cessate e la sua presenza mediatica è diminuita.
Tutto ciò potrebbe quindi far pensare a un lungo addio, a un premio prima di un commiato (per Czerny) o a una ridefinizione delle responsabilità (nel caso di Krajewski). Allo stesso tempo, una parte essenziale e teologicamente indiscutibile del ruolo di Papa Francesco rimane invariata, come la sua attenzione verso i poveri, lasciando che tutto il resto venga assorbito.
La pubblicazione di Dilexi te potrebbe quindi essere una decisione governativa?
Vale la pena ricordare che il primo documento importante del pontificato di Francesco, Lumen Fidei, era stato avviato anche dal predecessore di Francesco, che all’epoca era ancora vivo e in qualche modo partecipava alla vita della Chiesa. Benedetto XVI era certamente rimasto un punto di riferimento per molti.
L’idea generale è che il cambio generazionale sia già avvenuto con l’elezione di Leone XIV e porterà a un lungo addio a un mondo che non esisterà più.
Quattro capi di dicasteri saranno sostituiti e un nuovo concistoro sarà probabilmente celebrato il prossimo anno, quando i numeri lo permetteranno (130 persone hanno votato per la scelta del papa nell’ultimo conclave, un numero troppo elevato secondo gli stessi cardinali). Nel frattempo, si sta cercando di gestire con eleganza un’eredità scomoda come quella di Papa Francesco.
Papa Francesco è stato, in ultima analisi, l’ultima espressione di un mondo degli anni ’70 che ha portato con sé tutta la sua violenza ideologica e politica.
La questione dei poveri, sempre presente nella storia della Chiesa, ha influenzato anche il modello istituzionale della Santa Sede. Molto è stato messo in discussione in quegli anni e molto è stato assorbito successivamente nel lungo pontificato di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Papa Francesco, in ultima analisi, ha rappresentato l’ultima scintilla di un mondo ormai destinato a cambiare.
Leone XIV non vuole cancellare l’eredità del mondo precedente. Come era già successo con la Teologia della Liberazione, quando la Congregazione per la Dottrina della Fede redasse due istruzioni proprio per evitare di distruggere il lato positivo del movimento, Leone XIV sembra desideroso di evitare una resa dei conti a somma zero con il mondo del passato e di preservare genuinamente il bene che ha visto in quel mondo.
Non è un papa della continuità né un papa della discontinuità. Si circonda di amici e frati per le decisioni quotidiane e di figure istituzionali per le decisioni di governo. Indossa la mozzetta e tutte le insegne del Papato, comprese quelle liturgiche, ma si ferma anche a conversare informalmente con i giornalisti.
In ultima analisi, ciò che conta davvero è come Leone governa. Togliendo allo IOR i suoi diritti esclusivi di investimento, il nuovo papa ha compiuto un passo necessario.
Papa Francesco aveva anche concesso allo IOR la competenza esclusiva per gestire lo scandalo che coinvolgeva la gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Papa Francesco era convinto che, centralizzando tutto, tutto sarebbe stato risolto. Tuttavia, questa centralizzazione fece perdere di vista la collegialità, ovvero la responsabilità condivisa di tutti gli organi della Curia, nonché la necessaria diversificazione delle risorse che avrebbe impedito un’enorme corruzione. Perché se un unico organo prende decisioni senza concorrenza, tendono a sorgere problemi. Se invece gli organi decidono insieme, considerando varie opzioni, è più difficile che si crei una struttura corrotta.
Ciò vale sia per le finanze che per la gestione della Curia. Dopo la nomina del vescovo Filippo Iannone a prefetto del Dicastero dei Vescovi, resta da vedere come procederà Leone XIV e se la riforma della Curia sarà assorbita da una gestione collegiale e collaborativa di tutti i dicasteri.
Tra l’eredità del passato e uno sguardo al futuro, il pontificato di Leone XIV è ora in pieno svolgimento.
Di Andrea Gagliarducci, pubblicato su Monday Vatican, 13-10-2025
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