Iran: inaugurata a Teheran la nuova stazione della metropolitana “Santa Vergine Maria”
È singolare che un Paese islamico dedichi un luogo pubblico alla madre di Gesù.
Metropolitana Santa Vergine Maria, Iran. Foto: Tehran picture agency/ X
Redazione (17/10/2025 15:15, Gaudium Press) La nuova stazione della metropolitana Santa Vergine Maria, situata nel sesto distretto di Teheran, vicino alla cattedrale di San Sarkis (Sergio), è stata accolta dalle comunità armena e assira come un segno di riconoscimento ufficiale. La cattedrale, costruita tra il 1964 e il 1970 grazie ai fratelli Sarkissian, rimane il cuore della cristianità armena di Teheran. La sua maestosa architettura, restaurata nel 2006, testimonia la vitalità di una fede antica.
La notizia può sorprendere, ma riflette solo la diversità religiosa dell’Iran, nonostante il regime islamico. Sebbene i cristiani rappresentino una piccola parte della popolazione iraniana – meno dell’1% dei suoi 92 milioni di abitanti – sono ufficialmente riconosciuti dalla Costituzione e possono praticare liberamente la loro fede. Le comunità cristiane dell’Iran – principalmente armene e assire – vivono nella regione da migliaia di anni e continuano a conservare chiese, scuole e istituzioni culturali.
Foto: Wikipedia
Un ritratto dell’ayatollah Khomeini convive con icone armene, segno di una coesistenza cauta ma reale. I media iraniani hanno osservato che l’inaugurazione di una stazione con questo nome è vista come un gesto di rispetto per la diversità religiosa e culturale del Paese. Nella tradizione sciita, Maria (Maryam) è venerata anche come santa e madre del profeta Isa (Gesù); pertanto, l’uso del suo nome in uno spazio pubblico non è controverso ed è visto come un simbolo di rispetto nei confronti dei seguaci di altre religioni abramitiche.
Tuttavia, dietro questi simboli di convivenza, la realtà vissuta da molti cristiani iraniani continua ad essere segnata dalla paura, dal controllo e dalla persecuzione.
Il cristianesimo iraniano è uno dei più antichi del Vicino Oriente. Nato in un contesto masdeista, quello dello zoroastrismo persiano, si sviluppò a partire dal II secolo grazie agli scambi tra Mesopotamia, Siria e Persia. Secondo la tradizione, la Chiesa di Persia fu fondata dall’apostolo Tommaso e dai suoi discepoli.
Nel corso dei secoli, le guerre tra Roma e i Parti, poi tra Bisanzio e i Sassanidi, fecero spostare le popolazioni cristiane verso l’interno della Persia, dove fondarono comunità stabili. Spesso perseguitati, questi cristiani dovettero affermare la loro indipendenza dottrinale rispetto a Roma, legandosi successivamente al nestorianesimo e poi al monofisismo. Questa distanza teologica rifletteva soprattutto una volontà politica: marcare la propria fedeltà al potere persiano, piuttosto che all’Impero Romano cristiano.
Ancora oggi, questo cristianesimo iraniano non persiano, essenzialmente armeno e assiro, possiede una forte identità linguistica e culturale. Rappresenta circa 200.000 fedeli, concentrati nelle grandi città di Teheran e Isfahan, in particolare nel quartiere storico di Nova Julfa. Gli armeni costituiscono la più grande comunità cristiana dell’Iran. Insediatisi in massa a partire dal XVII secolo per volere dello scià Abbas I, contribuirono alla prosperità economica e culturale del regno persiano. Gli artigiani e i commercianti armeni di Isfahan crearono la prima tipografia persiana nel 1641 e svolsero un ruolo determinante nell’apertura della Persia all’Occidente.
Sotto la monarchia Pahlavi (1941-1979), gli armeni vissero un periodo di relativa libertà. Ma la rivoluzione islamica del 1979 sconvolse questo equilibrio: circa 50.000 armeni emigrarono negli anni successivi. Oggi ne rimangono tra i 150.000 e i 200.000, anche se la comunità sta invecchiando e impoverendosi. La seconda comunità cristiana più numerosa è quella degli assiro-caldei, legati alla Chiesa apostolica orientale, stimata in circa 15.000-20.000 membri. A questi si aggiungono gruppi più ristretti di cattolici, anglicani e protestanti.
La Costituzione iraniana del 1979 riconosce ufficialmente i cristiani come «popolo del Libro» e concede loro la libertà di culto nei limiti della legge. Tre seggi sono a loro riservati in Parlamento: due per gli armeni e uno per gli assiro-caldei. Ma questo riconoscimento rimane teorico. I cristiani sono esclusi dalla maggior parte delle cariche amministrative, militari e universitarie. L’uso del hijab da parte delle donne, il divieto di consumare alcolici e la sorveglianza delle attività religiose si applicano a tutti, indipendentemente dalla loro fede. Dopo la rivoluzione, le scuole cristiane hanno perso la loro autonomia: i programmi devono essere approvati dal governo, il persiano è imposto come lingua di insegnamento e la presenza di studenti musulmani è obbligatoria.
In questo contesto di estrema fragilità, la condizione dei cristiani convertiti dall’islamismo si rivela profondamente allarmante. Secondo un rapporto pubblicato il 20 gennaio 2025 dalle organizzazioni Portas Abertas, Christian Solidarity Worldwide e Middle East Concern, almeno 96 cristiani sono stati condannati nel 2024, ovvero quattro volte di più rispetto al 2023. Tali condanne sono aggravate da misure quali l’esilio forzato, l’applicazione di multe elevate e l’imposizione di severe restrizioni ai diritti civili fondamentali.
Nonostante la repressione, le chiese di Teheran e Isfahan continuano a essere affollate in ogni festa liturgica. Il fervore silenzioso dei fedeli, spesso riuniti in modo discreto, testimonia una Chiesa viva, ferita, ma non sconfitta. A immagine della stazione della Santa Vergine Maria, il cristianesimo iraniano rimane radicato nella terra persiana, discreto e perseguitato, ma indistruttibile. La sua stessa sopravvivenza, in un ambiente così ostile, è un miracolo di fedeltà.
Con informazioni Tribune Chretienne
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