Angelus: “Il Regno di Dio appartiene agli umili” dice il Papa
Durante l’Angelus, Papa Leone XIV ha commentato la parabola del fariseo e del pubblicano, invitando i fedeli a coltivare l’umiltà e la sincerità di cuore nel loro rapporto con Dio.
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Foto: Vatican News/ Vatican Media
Redazione (26/10/2025 17:13, Gaudium Press) Questa domenica, 26 ottobre, dopo la Messa Giubilare dedicata alle équipe sinodali e agli organi di partecipazione, e prima della preghiera mariana dell’Angelus, Papa Leone XIV si è rivolto alle migliaia di fedeli riuniti in Piazza San Pietro. Dalle stanze pontificie, il Santo Padre ha condiviso una meditazione sulla parabola del fariseo e del pubblicano.
Papa Leone XIV ha ricordato le due figure contrastanti della lettura del Vangelo del giorno: il fariseo, che confida nella sua personale giustizia, e il pubblicano che è consapevole del proprio peccato.
La preghiera del fariseo è incentrata sull’ostentazione dei meriti e sull’orgoglio spirituale: questo atteggiamento presuntuoso «denota certamente una rigorosa osservanza della Legge, ma povera di amore e priva di misericordia, fatta di “dare” e “avere”, di debiti e crediti», ha osservato il Papa.
Al contrario, la preghiera del pubblicano rivela un cuore aperto alla grazia: «O Dio, abbi pietà di me, che sono peccatore». Leone XIV ha sottolineato il coraggio del pubblicano, che osa presentarsi davanti a Dio nonostante il suo passato e la sua reputazione. «Non si chiude nel suo mondo, né si rassegna al male che ha fatto; lascia i luoghi dove si sente sicuro e temuto, protetto dal potere che esercita sugli altri; va al Tempio da solo, senza scorta, anche se questo significa affrontare sguardi severi e giudizi caustici, e si pone davanti al Signore, in fondo, a testa bassa».
Riconoscere gli errori e chiedere perdono
Il Santo Padre ha anche spiegato che «non è ostentando i nostri meriti che ci salviamo, né nascondendo i nostri errori, ma presentandoci così come siamo, onestamente, davanti a Dio, a noi stessi e agli altri, chiedendo perdono e confidando nella grazia del Signore».
Citando Sant’Agostino, ha paragonato il fariseo a un malato che nasconde le sue piaghe al medico, per orgoglio, e il pubblicano a colui che, umilmente, mostra al medico le sue piaghe, chiedendo aiuto per essere guarito: «Non ci sorprende che questo pubblicano, che non si è vergognato di mostrare la sua parte malata, sia uscito guarito».
Leone XIV ha anche incoraggiato i fedeli, come il pubblicano, a non aver paura di riconoscere le proprie debolezze: «Non abbiamo paura di riconoscere i nostri errori, di esporli, assumendocene la responsabilità e affidandoli alla misericordia di Dio». Questo cammino di umiltà, ha affermato, permette sia la nostra guarigione interiore sia la possibilità di far crescere il Regno di Dio, «che non appartiene ai superbi, ma agli umili, e che si coltiva, nella preghiera e nella vita, attraverso l’onestà, il perdono e la gratitudine».




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