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Ex presidente della Banca Vaticana: la Chiesa «deve tornare ad arricchirsi, per dare testimonianza»

Ettore Gotti Tedeschi continua a essere piuttosto critico nei confronti del motu proprio «Coniuncta cura» che ha riformato lo IOR.

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Redazione (29/10/2025 15:34, Gaudium Press) Lo scorso 29 settembre Papa Leone XIV ha pubblicato il motu proprio Coniuncta cura, con il quale il Pontefice ha modificato alcuni flussi degli investimenti vaticani, attribuendo nuove competenze allo IOR, forse meglio conosciuto come la “Banca Vaticana”, anche se in modo un po’ improprio, come si vedrà più avanti.

Su questo argomento e altri correlati, Max Ferrario di Il Sussidiario ha intervistato Ettore Gotti Tedeschi, noto economista e presidente dello IOR dal 2009 al 2012. Riportiamo qui alcuni estratti di questa interessante intervista, in cui egli sottolinea anche che la riforma rischia di essere male interpretata e di minare la credibilità economica della Santa Sede.

Gotti Tedeschi dichiara al quotidiano italiano che il motu proprio rettifica errori precedenti:

«Non si tratta di un cambiamento di paradigma, ma della correzione di un errore precedente. Il motu proprio del 2022 aveva concentrato tutte le risorse e le istituzioni legate alla Santa Sede nello IOR. Questa centralizzazione ha generato confusione e paure nel mondo imprenditoriale e tra i donatori. Il nuovo intervento di Leone XIV cerca di riequilibrare quella decisione, restituendo un ruolo operativo all’APSA (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) e ad altri enti. Si tratta di una correzione necessaria, non di una rivoluzione“, afferma l’economista.

Ma lo IOR perde il suo ruolo di tesoriere unico?

”Non esattamente. Bisogna chiarire un malinteso: lo IOR non è una banca. È un istituto che gestisce il patrimonio della Chiesa, ma non svolge attività di intermediazione finanziaria. Non raccoglie depositi per concedere prestiti. Per operare deve ricorrere a banche esterne, sia italiane che straniere. E lo ha sempre fatto, anche per ragioni di trasparenza. La chiave sta nel modo in cui vengono gestiti i fondi, con quali regole e con quale personale qualificato”.

Riguardo alle interpretazioni errate del testo, che possono minare la credibilità economica della Santa Sede, Gotti Tedeschi afferma che “il testo suggerisce un ridimensionamento dello IOR, che potrebbe essere interpretato come un segnale di chiusura. Leone XIV è un Papa di grande visione spirituale, ma credo che in queste questioni tecniche dovrebbe affidarsi a chi comprende la complessità del sistema finanziario del Vaticano. Non si tratta di potere, ma di efficienza e credibilità  internazionale“.

L’economista approfondisce la sua controversa affermazione secondo cui la Chiesa deve essere “ricca”:

“Ciò significa che la ricchezza della Chiesa è un indicatore della sua vitalità. Una Chiesa povera non evangelizza, non educa e non sostiene opere di carità. I suoi membri devono vivere modestamente, ma l’istituzione deve essere finanziariamente solida per adempiere alla sua missione. Non sono io a dirlo; Clemente di Alessandria lo spiegò nel II secolo: il peccato non è avere ricchezze, ma non saperle usare per il bene comune. Chi predica una Chiesa povera spesso lo fa per odio o ideologia “.

Il professore italiano ritiene che la riforma dovrebbe concentrarsi più sulla missione che sulle finanze:

” L’economia vaticana deve essere uno strumento, non un fine. Se perde il suo orientamento spirituale, diventa una caricatura del mondo secolare. Le regole, i bilanci e le procedure servono a dare credibilità alla missione, non a imitare la logica del mondo. Per questo dico che abbiamo bisogno di «uomini, uomini e ancora uomini: preparati, onesti e con una coscienza spirituale».

Per Gotti Tedeschi, gli indicatori del successo della riforma finanziaria del Papa sarebbero:

«Tre parole: fiducia, trasparenza, continuità. Fiducia dei fedeli e degli investitori nella buona gestione delle risorse; trasparenza nel processo decisionale; continuità nella visione, senza oscillazioni tra centralizzazione e dispersione. Le riforme funzionano se consolidano ciò che è già buono, non se creano nuovi centri di potere».

Per il professore, la priorità assoluta per il futuro economico della Santa Sede «è tornare ad essere esemplari, come ha detto Benedetto XVI. Non ha senso imitare modelli mondani. Dobbiamo dimostrare che è possibile gestire le risorse spiritualmente, con rigore e fede. La Chiesa deve tornare ad arricchirsi, non per accumulare, ma per dare testimonianza. In un mondo che ha perso la fede in ogni autorità, l’unica ricchezza che ancora convince è quella che si mette al servizio del bene”.

 

 

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