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Di cosa si parlerà nel primo concistoro di Leone XIV

 Il primo concistoro del nuovo Pontefice: segnale di un nuovo metodo.

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Redazione (19/11/2025 16:16, Gaudium Press) Il Vaticano attende con grande interesse il primo concistoro del pontificato di Leone XIV, previsto per il 7 e l’8 gennaio. Non si tratta solo della prima convocazione ufficiale dei cardinali dall’elezione del nuovo Pontefice, ma del segno inaugurale di un nuovo metodo. Contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, il fulcro dell’evento non sarà un tema specifico o un ordine del giorno prestabilito, ma il fatto stesso che i cardinali siano chiamati a partecipare.

Luis Badilla, giornalista cileno, attento osservatore della dinamica ecclesiale anche dopo la chiusura del suo blog Il Sismografo e ora autore di sporadici articoli su Messa in Latino, ha cercato di cogliere il significato di questo gesto e ha concluso che non si tratta di un dettaglio, ma di un segnale decisivo dello stile che il nuovo Papa vuole imprimere al governo della Chiesa.

Secondo Badilla, la chiave per comprendere questo concistoro è rendersi conto che Leone XIV non sta solo aprendo le porte del palazzo apostolico, ma ripristina un’istituzione che era stata messa in secondo piano. Il Codice di Diritto Canonico ha sempre previsto i concistori come momenti naturali di consultazione, ma per anni questa funzione è stata elusa. Nel pontificato precedente, gli incontri erano rari, formali e spesso privi di sostanza. Francesco aveva preferito riunire una ristretta cerchia, il famoso Consiglio dei Cardinali, che ha funzionato per oltre un decennio come organo decisionale e consultivo privilegiato. Per Badilla, tale gruppo ristretto ha finito per svolgere il ruolo di concistori straordinari che non si sono mai tenuti, lasciando il collegio cardinalizio come sola comparsa in questioni che, per la logica stessa della Chiesa, avrebbero dovuto averlo come protagonista.

La morte di Francesco, comunque, ha aperto un momento di analisi interna che Badilla non esita a descrivere come schietto. Nei giorni della sede vacante, si è parlato apertamente della necessità di restituire ai concistori il loro ruolo e la loro regolarità. Molti cardinali, tra cui il cardinale Prevost, hanno discusso della situazione prima del conclave. Era evidente che una parte significativa della gerarchia percepiva che la collegialità episcopale era stata, per dodici anni, più menzionata che esercitata. Badilla osserva che il Papa argentino ha usato il termine, ma non ha investito nella pratica, e che la sua preferenza per strutture parallele ha finito per allontanare il collegio cardinalizio dal centro della vita governativa.

È in questo contesto che Leone XIV prende una decisione che Badilla considera più simbolica che amministrativa: il ritorno alla normalità. Non inventa nulla. Non crea nuove strutture. Si limita ad applicare ciò che prevede il diritto. Ed è proprio questa semplicità che conferisce forza al gesto. Il gesto vale come un ritorno alla normalità senza necessariamente rappresentare una rottura. Convocando i cardinali che lo hanno eletto, il Papa assegna loro il ruolo che hanno sempre avuto, ma che non potevano esercitare pienamente, come previsto dal Codice di Diritto Canonico. E in questa silenziosa restaurazione, Badilla vede un cambiamento profondo: il Papa vuole governare con il collegio, non solo davanti ad esso o al di sopra di esso.

Un altro elemento importante dell’analisi è l’aspettativa sul contenuto dell’incontro. Badilla insiste sul fatto che l’elemento più significativo non è il tema annunciato, ma il tema possibile. Il Papa ha ora l’opportunità di presentare ai cardinali una visione panoramica dello stato della Chiesa, vista dall’alto, senza mediazioni. A loro volta, essi potranno esprimere le loro impressioni non più come oppositori silenziosi, ma come legittimi consiglieri. Tra gli argomenti che emergeranno naturalmente, Badilla menziona la Praedicate Evangelium, non come teoria, ma come pratica. Il testo è in vigore da anni e, nonostante la retorica della riforma, suscita ancora dubbi e critiche sulla sua efficacia, sulla sua reale architettura e sui suoi risultati concreti.

Un altro argomento inevitabile, secondo Badilla, sarà la preparazione dell’Assemblea Ecclesiale Mondiale del 2028. Molti vescovi e cardinali vedono il progetto come eccessivamente vago, caratterizzato da una verbosità che tende più a oscurare le idee che a chiarirle. Si parla molto di sinodalità, ma manca chiarezza sul suo stesso concetto, sui suoi obiettivi e sulla sua metodologia. Il rischio, per alcuni, è quello di una sorta di sinodo interminabile che si estende su documenti successivi, sempre più lunghi, sempre meno oggettivi. Badilla non nasconde che c’è inquietudine all’interno della comunità episcopale e che il concistoro potrebbe essere la prima occasione per discuterne apertamente.

Ma non sarà solo il futuro a essere messo  in discussione. Ci sarà anche la necessità di leggere criticamente il recente passato. La struttura di governo creata negli ultimi anni richiederà un bilancio sereno. Badilla non crede che Leone XIV intenda ribaltare tutto, ma è inevitabile che il collegio cardinalizio si senta libero di mettere in discussione pratiche che per molto tempo non hanno potuto essere discusse apertamente. Il ripristino dei concistori apre uno spazio istituzionale in cui le questioni possono essere sollevate senza timore di sembrare un affronto al Papa, proprio perché è lui stesso a richiederle.

In fondo, per Badilla, il fulcro dell’incontro è il metodo stesso. Il concistoro è il messaggio. È la forma che rivela l’intenzione. È il ritorno a una collegialità reale e non retorica. È un modo per dire che il Papa non vuole governare da solo, ma non vuole nemmeno governare con un gruppo parallelo di consiglieri permanenti. Il primo concistoro di Leone XIV è quindi allo stesso tempo diagnosi e cura. È il punto di partenza di uno stile che preferisce la normalità all’esperimento, il diritto previsto alla creatività istituzionale.

E se qualcuno si aspetta annunci spettacolari o riforme coreografiche, forse ha scelto il pontificato sbagliato su cui scommettere. Questo è ciò che sembra indicare ciò che Gagliarducci prevede come “inizio” nella pratica del pontificato di Leone XIV (vedi l’articolo: Leone XIV: verso l’inizio del suo pontificato? ). Leone XIV sembra seguire una logica che Badilla definisce semplice, ma mai semplicistica. Comincia dalle basi perché le basi mancavano. E chissà, alla fine dell’incontro, nel congedarsi dai cardinali, il Papa dirà loro «a presto» invece di «arrivederci». Sotto l’egida di Leone XIV il collegio cardinalizio sembra trovare la strada verso una collegialità più autentica, radicata nella corresponsabilità e nel quadro giuridico della Chiesa.

Di Rafael Tavares

 

 

 

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