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Papa Leone XIV pubblica la Lettera Apostolica “In unitate fidei”

In vista del suo imminente viaggio apostolico in Turchia, Papa Leone XIV ha pubblicato la Lettera Apostolica “In unitate fidei” in occasione del 1700° anniversario del Concilio di Nicea.

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Foto: Vatican News

Redazione (24/11/2025 14:58, Gaudium Press) Nel 2025 la Chiesa cattolica celebra il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico a Nicea, tenutosi nell’anno 325 d.C. per volere dell’imperatore Costantino I, nella città di Nicea (l’attuale İznik, in Turchia).

Per questo motivo, Papa Leone XIV farà a breve un viaggio apostolico in Turchia, con visite previste ad Ankara, Istanbul e İznik (l’antica Nicea), in occasione delle celebrazioni giubilari del Concilio.

Il Concilio di Nicea, il primo dei concili ecumenici riconosciuti dalla Chiesa, ebbe come obiettivo principale quello di risolvere le controversie teologiche allora esistenti – in particolare la questione ariana – e di stabilire una dottrina cristiana unificata. Tra i suoi frutti più significativi vi sono la solenne affermazione della divinità di Gesù Cristo, consustanziale al Padre, e la promulgazione del Credo niceno.

In unitate fidei

La Lettera Apostolica In unitate fidei di Papa Leone XIV, pubblicata ieri, domenica 23 novembre, Solennità di Cristo Re dell’Universo, mira a «incoraggiare in tutta la Chiesa un rinnovato slancio nella professione della fede, la cui verità – che da secoli costituisce il patrimonio comune dei cristiani – merita di essere confessata e approfondita in modo sempre nuovo e attuale».

«Nell’unità della fede, proclamata fin dagli albori della Chiesa», esordisce il Papa nel suo testo, «i cristiani sono chiamati a camminare in concordia, custodendo e trasmettendo con amore e gioia il dono ricevuto», ricordando che «ciò si esprime nelle parole del Credo: Credo in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio, che è disceso dal cielo per la nostra salvezza». Il Papa ha ricordato che questa verità venne formulata in modo efficace 1700 anni fa dal Concilio di Nicea, il primo incontro ecumenico della storia del cristianesimo.

Il Sommo Pontefice ha fatto riferimento al documento della Commissione Teologica Internazionale Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. 1700° anniversario del Concilio Ecumenico di Nicea, pubblicato lo scorso 3 aprile, per approfondire «l’importanza e l’attualità non solo teologica ed ecclesiale, ma anche culturale e sociale del Concilio di Nicea».

Il Papa ha sottolineato che la proclamazione della fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio, fatta dal Concilio nel 325 d.C., «costituisce il cuore della fede cristiana». «Ancora oggi, in ogni celebrazione eucaristica domenicale, recitiamo il Credo Niceno-Costantinopolitano, la professione di fede che unisce tutti i cristiani». Inoltre, «in questi tempi difficili che viviamo, tra tante preoccupazioni e paure, minacce di guerra e violenza, disastri naturali, gravi ingiustizie e squilibri, fame e miseria che affliggono milioni di nostri fratelli e sorelle», ha osservato il Papa, «questo Credo ci dà speranza».

Concilio di Nicea

I tempi del Concilio di Nicea (325) erano estremamente turbolenti. Sebbene l’Editto di Milano (313), promulgato da Costantino e Licinio, «sembrasse annunciare un’era di pace esterna, ben presto sorsero gravi conflitti interni alla Chiesa».

Il principale focolaio di tensione era la dottrina del presbitero Ario, di Alessandria, che negava la piena divinità del Figlio, presentandolo come un essere intermedio tra l’irraggiungibile Dio e noi “, e che ”ci sarebbe stato un tempo in cui il Figlio ‘non era’”. Tale insegnamento, sebbene compatibile con alcune correnti filosofiche dell’epoca, si diffuse rapidamente e minacciò l’unità della fede.

Di fronte a ciò, il vescovo Alessandro di Alessandria, riconoscendo l’incompatibilità di questa dottrina con la Sacra Scrittura, la condannò in un sinodo regionale che riuniva i vescovi d’Egitto e di Libia e avvisò gli altri vescovi orientali.

«Tuttavia, anche i seguaci di Ario si unirono. Ciò portò a una delle più grandi crisi nella storia della Chiesa del primo millennio. Il motivo della disputa, in realtà, non era un dettaglio secondario. Si trattava del cuore della fede cristiana», sottolineò Leone XIV.

L’imperatore Costantino convocò quindi il primo Concilio ecumenico della storia, riunendo a Nicea, nell’anno 325, circa 318 vescovi, un numero senza precedenti di partecipanti.

Credo niceno-costantinopolitano

I Padri del Concilio testimoniarono la loro fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione apostolica, così come era stata professata durante il battesimo. Così, il Credo niceno inizia professando: «Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, Creatore di tutte le cose visibili e invisibili». E il Concilio fu chiamato a definire il significato corretto della fede in Gesù come «Figlio di Dio».

«I Padri confessarono che Gesù è il Figlio di Dio nella misura in cui è “della sostanza (ousia) del Padre […] generato, non creato, della stessa sostanza (homooúsios) del Padre”. Con questa definizione, la tesi di Ario fu radicalmente respinta», ha sottolineato il Papa.

Pertanto, i Padri di Nicea «hanno voluto riaffermare che l’unico vero Dio non è irraggiungibilmente lontano da noi, ma, al contrario, si è fatto vicino e ci è venuto incontro in Gesù Cristo».

Inoltre, Sant’Atanasio sottolineò più volte e con grande forza la dimensione soteriologica espressa nel Credo niceno. Egli scrisse infatti che il Figlio, disceso dal cielo, «ci ha resi figli del Padre e, facendosi uomo, ha divinizzato gli uomini. Non è diventato Dio a partire dalla sua umanità, ma a partire dalla sua divinità è diventato uomo per poterci divinizzare», ha spiegato Leone XIV.

Pertanto, «il Credo niceno non ci parla di un Dio lontano, irraggiungibile, immobile, che riposa in se stesso, ma di un Dio che è vicino a noi, che ci accompagna nel nostro cammino sulle strade del mondo e nei luoghi più oscuri della terra».

«La liturgia e la vita cristiana sono saldamente ancorate al Credo di Nicea e Costantinopoli: ciò che diciamo con la bocca deve venire dal cuore, affinché sia testimoniato nella vita», ha sottolineato il Pontefice.

E poi ha aggiunto: «Il Credo niceno ci ricorda, infatti, che non dobbiamo dimenticare che Gesù Cristo è il Signore (Kyrios), il Figlio del Dio vivente, che “per la nostra salvezza è disceso dal cielo” ed è morto “per noi” sulla croce, aprendoci la via verso una vita nuova con la sua risurrezione e ascensione».

Tuttavia, «seguire il Signore impegna i nostri passi sulla via della croce che, attraverso il pentimento, ci conduce alla santificazione e alla divinizzazione», ha completato il Papa.

Ecumenismo

Leone XIV afferma poi che «il Concilio di Nicea è attuale per il suo altissimo valore ecumenico. […] Il dialogo ecumenico ci ha portato, sulla base dell’unico battesimo e del Credo niceno-costantinopolitano, a riconoscere nei fratelli e nelle sorelle delle altre Chiese e Comunità ecclesiali i nostri fratelli e sorelle in Gesù Cristo e a riscoprire l’unica e universale Comunità dei discepoli di Cristo sparsi in tutto il mondo”.

Tuttavia, Leone XIV sottolinea che «dobbiamo camminare insieme per raggiungere l’unità e la riconciliazione tra tutti i cristiani. Il Credo di Nicea può essere la base e il parametro di riferimento di questo cammino. Esso ci propone infatti un modello di vera unità nella legittima diversità. Unità nella Trinità, Trinità nell’Unità, perché l’unità senza molteplicità è tirannia, la molteplicità senza unità è disgregazione”.

Il Pontefice ha concluso consigliando di «lasciare alle spalle le controversie teologiche, che hanno perso la loro ragion d’essere, per acquisire un pensiero comune e, ancor più, una preghiera comune allo Spirito Santo, affinché ci riunisca tutti in un’unica fede e in un unico amore. […] Abbiamo bisogno di un ecumenismo spirituale di preghiera, lode e culto, come è avvenuto nel Credo di Nicea e Costantinopoli”.

 

 

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