Gaudium news > Riccardo Muti: la Chiesa ha dato un contributo enorme alla letteratura musicale.

Riccardo Muti: la Chiesa ha dato un contributo enorme alla letteratura musicale.

Riccardo Muti, vincitore del Premio Ratzinger 2025, ha detto che c’è sempre stato “un legame indissolubile tra la musica e il cristianesimo: i primi martiri andavano cantando al martirio, e Sant’Agostino diceva che ‘cantare amantis est’ (cantare è proprio di chi ama)”.

82484475 2624322804311981 3072298314234855424 n 700x467 1

Foto: Riccardo Muti/ Facebook

Redazione (02/12/2025 16:29, Gaudium Press) Il maestro italiano Riccardo Muti, uno dei direttori d’orchestra più apprezzati al mondo e ammirato anche da Benedetto XVI, riceverà il Premio Ratzinger 2025 dalle mani di Papa Leone XIV il prossimo 12 dicembre, nella Sala Paolo VI, in occasione del tradizionale Concerto di Natale, che sarà diretto dallo stesso Muti.

A darne notizia sono stati il Comitato Scientifico e il Consiglio della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, che hanno comunicato che l’assegnazione del premio al grande maestro italiano ha avuto l’approvazione personale di Leone XIV.

Il premio sottolinea la capacità straordinaria del maestro Muti di elevare la musica classica e sacra in un linguaggio di bellezza, trascendenza e spiritualità.

In un’intervista concessa al Corriere della sera, subito dopo l’annuncio del premio, Muti ha dichiarato apertamente la sua fede: «Esiste un Creatore e c’è un’energia spirituale nell’universo».

Con la franchezza che lo distingue, ha aggiunto di essere credente, ma «non sono un bigotto». Per lui, dirigere opere come il Requiem di Mozart, Verdi o Cherubini non ha senso senza credere profondamente nei testi: «Bisogna credere che l’invocazione “liberaci dalla morte eterna” abbia un significato molto profondo».

Ha anche citato Dante, quando ha spiegato che “bisogna credere in questi testi, che indicano l’eternità dell’energia spirituale che Dante chiama Amore, con la A maiuscola: l’Amor che move il sole e l’ altre stelle”. Muti ha sottolineato poi che “la musica non si ascolta con le orecchie, si ascolta con l’anima”.

Ha aggiunto che “le composizioni liturgiche sono un’offerta a Dio. Ti elevano a Lui. Canzoni superficiali, testi banali, accordi di chitarra non credo aiutino molto nell’elevazione. Papa Benedetto XVI non le apprezzava. Mentre una pagina di Palestrina, di Luca Marenzio, di Orlando di Lasso, oltre ovviamente al sublime canto gregoriano, può aiutare i fedeli a immergersi nell’atmosfera spirituale e mistica che ci avvicina a Dio».

Musica e Chiesa

Alla domanda su cosa abbia fatto la Chiesa per la musica, Muti ha risposto che “la Chiesa ha dato un contributo enorme alla letteratura musicale nel corso dei secoli” e che “tutti i grandi musicisti hanno composto musica sacra”.

Ha ricordato che c’è sempre stato un legame indissolubile tra musica e cristianesimo: i primi martiri andavano cantando al martirio, e Sant’Agostino affermava “cantare amantis est” (cantare è proprio di chi ama) e  “Qui bene cantat, bis orat” (Chi canta bene prega due volte).

I fatti storici confermano e ampliano le parole del maestro.

I Romani e i Greci suonavano musica monofonica: un’unica linea musicale interpretata da tutti gli strumenti o dalle voci. Fu con i compositori ecclesiastici delle cattedrali medievali – in particolare quelli della Scuola di Notre-Dame di Parigi – che nacque la polifonia: l’esecuzione simultanea di due o più linee melodiche indipendenti. Si trattò di una vera e propria rivoluzione sonora, dalla quale emerse il concetto stesso di armonia.

Anche nel Medioevo furono perfezionati strumenti che potevano sfruttare tutto il loro potenziale solo grazie all’armonia, tra cui l’organo, il clavicordo, il clavicembalo, il violino e il contrabbasso.

Una delle prime forme di polifonia sviluppate prese il nome di organum. Consisteva in due voci: il canto gregoriano come voce principale (chiamato cantus firmus, o “canto fisso”) e una seconda voce, la vox organalis, spesso cantata una quarta o una quinta sotto la linea melodica originale, che si muoveva in parallelo o in movimento contrario, creando i primi accordi della musica occidentale.

L’invenzione della notazione musicale

Oltre alla polifonia e all’armonia, la Chiesa fu artefice dello sviluppo della notazione musicale.

Sebbene esistesse già in forma rudimentale nell’antica Grecia, fu a partire dal VII secolo che si sviluppò e si diffuse una forma innovativa di notazione musicale attraverso il sistema dei neumi, segni grafici posti sopra il testo liturgico che indicavano la direzione melodica del canto sacro.

Nel corso dei duecento anni successivi, questo sistema si è evoluto fino a diventare un metodo completo e preciso, che ha facilitato enormemente la lettura della musica e ha permesso la diffusione di melodie sempre più complesse. Grazie ad esso, i musicisti hanno potuto interpretare correttamente un brano anche senza averlo mai ascoltato prima.

Il pentagramma

Il pentagramma, ancora oggi utilizzato dai musicisti di tutto il mondo, fu inventato dal monaco benedettino Guido d’Arezzo, che creò anche i nomi delle note prendendoli dalle iniziali delle lettere – Ut (successivamente sostituito da Do)

– Re – Mi – Fa – Sol – La – Si) – di un inno liturgico cattolico chiamato Ut queant laxis, in onore di San Giovanni Battista.

Ut quaeant laxis

Resonare fibris

Mira gestorum

Famuli tuorum

Solve polluti

Labii reatum

Sancte Ioannes (Si abbreviazione)

La più antica trascrizione completa di musica polifonica giunta fino a noi è stata composta da Guillaume de Machaut, grande compositore, poeta e anche ecclesiastico.

Dai trattati medievali scritti da religiosi come Johannes Cotto e Franco di Colonia, fino ai teorici rinascimentali come Gioseffo Zarlino, ci rendiamo conto che praticamente tutta la teoria musicale occidentale è nata in ambiente ecclesiastico.

Altri contributi della Chiesa

La Chiesa ha svolto un ruolo essenziale nella musica dell’Europa occidentale e centrale, diventando per secoli la più grande mecenate delle arti. Oltre ad impiegare un gran numero di musicisti di talento, fin dall’inizio del Medioevo ha offerto il primo repertorio codificato d’Europa: il canto gregoriano.

Sono state stabilite scale, modi, formule melodiche, regole di interpretazione e persino una vera e propria estetica del canto, che ha influenzato tutti i compositori fino al XX secolo.

Mentre la musica profana era episodica e serviva solo come intrattenimento occasionale, la Chiesa garantiva spazi fissi (cattedrali e abbazie), interpreti stabili (monaci e cappelle musicali) e un mecenatismo continuo. Fu questo ambiente che permise alla musica di svilupparsi come disciplina.

Nei monasteri nacque anche la formazione dei musicisti: teoria, solfeggio, formazione vocale e strumentale. Prima dei moderni Conservatori esistevano le scholae cantorum, vere e proprie antesignane delle accademie odierne. La prima fu fondata da papa Silvestro I nel IV secolo.

Infine, grazie ai monaci medievali, migliaia di manoscritti musicali furono copiati e tramandati; senza di loro, circa il 90% del repertorio antico sarebbe andato perduto per sempre.

Ora si comprende meglio il contesto storico del Premio Ratzinger assegnato al maestro Riccardo Muti: non solo un riconoscimento alla sua straordinaria carriera, ma anche un omaggio al filo ininterrotto che lega la storia della musica occidentale alla fede cristiana.

Con informazioni ACN

 

 

lascia il tuo commento

Notizie correlate