Papa Leone e le due velocità
È un pontificato a due velocità, almeno per il momento, perché sta ancora fungendo da ponte tra un mondo che non esiste più – il pontificato di Francesco – e un mondo che deve ancora venire.

Foto: Vatican News
Redazione (08/12/2025 18:01, Gaudium Press) Le conclusioni della commissione nominata da Francesco sul diaconato femminile – sostanzialmente un «no» categorico espresso con delicatezza, che non ha sorpreso quasi nessuno – sono state pubblicate la settimana scorsa, lo stesso giorno in cui Leone XIV ha preso un’altra decisione: revocare una delle riforme finanziarie di papa Francesco.
I due eventi non sono correlati, ma mettono in evidenza una caratteristica di questo pontificato: anche quello di Leone è un pontificato a due velocità. Anche il pontificato di Francesco è andato avanti a due velocità. Ma le ragioni e le caratteristiche di questi due pontificati a due velocità sono diverse.
Il pontificato di Francesco è stato a due velocità perché egli prendeva decisioni, spesso da solo, mentre il suo governo rimaneva bloccato nelle procedure burocratiche o non sapeva bene cosa fare.
Il pontificato di Leone XIV è diverso.
È un pontificato a due velocità, almeno per il momento, perché sta ancora fungendo da ponte tra un mondo che non esiste più – il pontificato di Francesco – e un mondo che deve ancora venire, il pontificato, appunto, di Leone XIV.
Ci sono, ad esempio, due documenti che Papa Francesco ha commissionato al Dicastero per la Dottrina della Fede che sono ancora in fase di elaborazione.
Abbiamo già visto due dei quattro documenti commissionati da Francesco: quello sulla monogamia e quello sui titoli di Maria. Insieme, rappresentano il «mandato» che Papa Francesco ha affidato al Dicastero. Leone XIV ha pubblicato l’esortazione sui poveri che Papa Francesco aveva lasciato in sospeso, Dilexi Te. Questo Papa ha accettato di incontrare i movimenti popolari e ha pronunciato un discorso che era prettamente nello stile di Papa Francesco nel tono e nei temi, raccogliendo così un’eredità controversa.
Se queste sono le situazioni visibili, ci sono molte altre questioni più delicate. Cardinali, arcivescovi e funzionari della Curia assumono posizioni diverse con grande cautela, ricordando spesso Francesco, come se temessero di perdere quell’eredità o, peggio ancora, come se essa pesasse su tutti come un macigno che non si potrà mai scrollare di dosso.
I documenti avviati sotto Papa Francesco hanno conservato lo stile pragmatico del defunto pontefice e alcuni temi specifici. È il caso della Charta Oecumenica riveduta, un documento dettato dalla necessità di dialogo con il mondo, o ancora dei riassunti dei gruppi di lavoro sinodali, sospesi tra lavori completati che si rifiutano di pubblicare e lavori non ancora resi noti per volontà ancora ignota di Leone XIV.
Ma è successo anche con il documento finale della commissione sulle diaconesse.
Il documento, pubblicato il 4 dicembre, evidenzia una serie di questioni, con diverse pagine che descrivono in dettaglio tipologie specifiche e riportano il numero di approvazioni e bocciature per ogni risposta. Tuttavia, ciò che conta sono le conclusioni del cardinale Giuseppe Petrocchi, che in ultima analisi ribadiscono la necessità di un «atteggiamento prudente» sulla questione del diaconato femminile, soprattutto data l’incertezza delle conoscenze storiche sull’argomento.
Questa non è una posizione nuova. La Commissione istituita da Giovanni Paolo II era già giunta a conclusioni simili. Papa Francesco aveva nominato tre commissioni sulla questione, quasi a voler mantenere vivo un tema in cui nemmeno lui credeva. Ma il testo finale dimostra anche come, in fondo, coloro che hanno lavorato al documento sapessero che Papa Francesco voleva lasciare una porta socchiusa. Per quale motivo, nessuno lo sa. Per ammiccare all’opinione pubblica, perché lo stesso Papa Francesco ha cercato di affrontare la questione in un secondo momento.
L’approccio di Leone XIV è stato chiaro fin dall’inizio. Ha affermato che non aveva intenzione di cambiare la dottrina e ha chiesto un ritorno a Cristo. Infatti, con il suo approccio incentrato su Cristo, ha reso questi dibattiti privi di senso. Il documento serve a chiudere un cerchio. Il tono del documento rivela un’incapacità di guardare al nuovo mondo, di cambiare approccio.
Questo è il ritmo sospeso del pontificato. Perché coloro che sono stati fedeli a Papa Francesco e alla sua visione non fanno marcia indietro, ma cercano con tutti i mezzi di giustificare e spiegare quella visione, anche contro ogni previsione.
Poi c’è la seconda velocità del pontificato: il processo decisionale. Leone XIV ha un lento ma inesorabile processo decisionale. In questo momento, cerca un equilibrio tra il mondo antico e quello nuovo, agendo con fermezza, in ogni caso, su alcune questioni specifiche.
Per quanto riguarda la nomina dei vescovi, mantiene in generale l’approccio che lui stesso ha avviato come prefetto dei vescovi sotto Papa Francesco, come dimostra la nomina del cardinale Grzegorz Ryś ad arcivescovo di Cracovia.
Poi ci sono le decisioni amministrative, e in questo Leo XIV sembra muoversi molto rapidamente.
In primo luogo, è stata revocata la decisione di Papa Francesco di indirizzare tutti gli investimenti finanziari esclusivamente allo IOR; successivamente è stata revocata la decisione di Papa Francesco di sopprimere il settore centrale della Diocesi di Roma; il 4 dicembre, con una ‘operazione chirurgica’, Leone XIV ha anche soppresso la Commissione per le Donazioni Pontificie creata dal Papa nel febbraio 2025. La Commissione aveva un budget di 300.000 euro, era guidata dall’allora consigliere monsignor Roberto Campisi (inviato da Leone XIV come osservatore all’UNESCO) e aveva il compito di elaborare criteri professionali per la raccolta di fondi.
Papa Francesco, come sempre durante il suo pontificato, aveva deciso di raddoppiare il numero delle strutture, invece di rafforzare e professionalizzare quelle esistenti. Leone XIV ha quindi dimostrato un approccio diverso, che ha previsto il rafforzamento e la professionalizzazione degli uffici curiali. Inoltre, la decisione di abolire la Commissione è stata presa subito dopo la pubblicazione del bilancio della Santa Sede, che non aveva il tono negativo del passato, ma mostrava un leggero surplus in tutti i dicasteri e dimezzava il deficit operativo strutturale.
Questo cambiamento di rotta nel bilancio suggerisce che la crisi era forse meno grave di quanto si pensasse e che, sotto il pontificato di Papa Francesco, i dati economici sono diventati quasi un pretesto per attuare riforme radicali, forse con l’aiuto di commissioni aggiuntive.
Più che i dati in sé, ciò che colpiva era la loro interpretazione e lo sconvolgimento emotivo che li accompagnava. Da parte sua, Leone XIV sembra cercare di ristabilire una sorta di «normalità istituzionale» sicura, per così dire.
Resta da vedere come queste due velocità troveranno finalmente un equilibrio dopo il concistoro di gennaio.
(Nota di Andrea Gagliarducci pubblicata su Monday Vatican, 8-12-2025).





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