Analisi: il pontificato di Papa Francesco terminerà nel gennaio 2026.
Il 2026 sarà un anno decisivo per Leone XIV, che potrà lasciare il segno e voltare definitivamente pagina su quanto scritto dal suo predecessore.

Redazione (11/12/2025 08:02, Gaudium Press) Se il lettore ha trovato divertente questo titolo, sappia che è tanto scherzoso quanto veritiero. A meno di un anno dal suo pontificato, Leone XIV ha già fissato l’agenda del 2026 con quello che dovrebbe diventare il vero battesimo del suo governo: i concistori. Uno di essi è già alle porte e ha carattere straordinario; l’altro rimane nel campo delle ipotesi, ma è proprio lì che si delinea la strategia più profondamente meditata dal nuovo Papa per il Collegio Cardinalizio. Secondo quanto anticipato dagli osservatori romani, il Papa convocherà a gennaio un concistoro straordinario non destinato alla creazione di cardinali, ma a un grande incontro di dibattito, cosa che molti cardinali hanno chiesto con insistenza durante le congregazioni generali che hanno preceduto il conclave. Dopo anni caratterizzati da uno stile di governo più centralizzato, in cui le decisioni del Collegio erano rare e sostituite da organismi consultivi poco strutturati, il nuovo Papa sembra voler restituire ai cardinali il ruolo che loro compete: quello di consiglio stabile e forum di discussione per le grandi questioni della vita della Chiesa.
La semplice convocazione di tutti i cardinali a Roma all’inizio del 2026 è un chiaro segno di svolta. Durante il pontificato precedente, i concistori straordinari erano quasi scomparsi, mentre si era moltiplicato il numero di nuovi cardinali provenienti da diocesi periferiche e poco rappresentative. Si era così creato un Collegio ampio, geograficamente diversificato, ma frammentato, con molti cardinali che si conoscevano a malapena tra loro. In controtendenza, Leone XIV ha scelto fin dall’inizio del pontificato un momento di incontro e di ascolto che permetta di valutare la reale disposizione del Collegio, il suo grado di unità e le sue preoccupazioni.
Questo primo concistoro non dovrebbe includere la creazione di nuovi cardinali perché l’aritmetica canonica oggi non lo consente. La Costituzione vigente stabilisce che solo i cardinali di età inferiore agli 80 anni possono votare in un prossimo conclave e che il limite degli elettori deve essere di 120. Sebbene questo limite sia stato superato più volte negli ultimi anni, con numeri superiori a 130 elettori, resta il fatto che il numero attuale rimane al di sopra di quello consentito. Diversi studi indicano che questo totale non dovrebbe scendere al di sotto di 120 prima della fine del 2026, poiché alcuni cardinali raggiungeranno l’età di 80 anni prima di tale periodo. Mancherebbe quindi lo “spazio giuridico” per nuove nomine all’inizio dell’anno.

Tuttavia, nulla impedisce che, alla fine del 2026, il Papa possa convocare un concistoro ordinario volto alla creazione di nuovi cardinali. È proprio qui che si collocano le aspettative che circolano con discrezione tra gli esperti vaticanisti. Leone XIV ha ereditato un Collegio profondamente segnato dal pontificato precedente, in cui la stragrande maggioranza degli elettori era stata creata da Francesco, privilegiando molte diocesi periferiche e tralasciando sedi storiche di grande peso pastorale e simbolico. Negli ultimi anni, era diventato quasi abituale che arcidiocesi tradizionalmente cardinalizie, come Parigi, Milano o Los Angeles, fossero guidate da arcivescovi senza ‘berretta’, mentre diocesi minuscole in regioni lontane ottenevano rappresentanza nel conclave. Tale scelta, se da un lato ha accresciuto la diversità geografica del Collegio, dall’altro ha anche prodotto asimmetrie che ora appaiono con chiarezza.
Con l’avvicinarsi del 2026 e diversi cardinali che si avvicinano agli 80 anni, si apre la possibilità di un nuovo equilibrio. Un concistoro cardinalizio alla fine dell’anno consentirebbe al Papa di garantire la riserva naturale di elettori per un futuro conclave e, allo stesso tempo, di recuperare la tradizione delle sedi che storicamente hanno ricevuto il cappello cardinalizio. Milano, ad esempio, è stata per gran parte del XX secolo una delle sedi più prestigiose della Chiesa, culla di personaggi che in seguito sono diventati papi o protagonisti di riforme e movimenti spirituali significativi. L’assenza di un cardinale milanese è vista da molti come una lacuna difficile da giustificare. Lo stesso vale per Los Angeles, che oggi è la più grande arcidiocesi degli Stati Uniti e rappresenta un cattolicesimo in espansione, profondamente segnato dalla presenza ispanica. Dare la ‘berretta’ all’arcivescovo di Los Angeles significherebbe, in questo senso, anche riconoscere la vitalità del cattolicesimo latinoamericano nell’emisfero settentrionale e il crescente ruolo religioso e culturale, di quella Chiesa locale.
L’eventuale ripresa di questa tradizione delle sedi cardinalizie, non significherebbe una rottura con la scelta delle periferie, ma un gesto di ricomposizione. Leone XIV sembra muoversi secondo il principio di una continuità corretta: conserva lo slancio missionario, l’attenzione verso le periferie e il dinamismo ecclesiale al di fuori dell’Europa, ma riequilibra il tutto, ricordando che il Collegio Cardinalizio, per funzionare come organo consultivo ed elettivo, deve includere sia l’universalità che la solidità istituzionale. Non si tratta di tornare indietro, ma di creare armonia.

A questo equilibrio si aggiunge il peso biografico dello stesso Papa. Le sue origini americane e la sua familiarità con la realtà latinoamericana gli fanno comprendere l’importanza di Chiese come quella di Los Angeles; la sua sensibilità per le tradizioni cattoliche storiche, a sua volta, rende naturale che guardi con stima a sedi come Milano o Parigi. La sua elezione è stata il risultato di un delicato consenso tra settori diversi, alcuni più allineati al pontificato precedente, altri desiderosi di correzioni. Il nuovo Papa sa che non può governare puntando sul conflitto e che la ricomposizione inizia spesso con segnali concreti, come scelte oculate nel Collegio che un giorno eleggerà il suo successore.
Il 2026, quindi, tenderà ad essere decisivo perché Leone XIV imprima la sua impronta e volti definitivamente pagina rispetto al suo predecessore. Con un concistoro straordinario all’inizio dell’anno, il Papa ridà ai cardinali la possibilità di conoscersi, dialogare e assumere un ruolo più attivo nella vita della Chiesa. Con l’eventuale convocazione di un altro concistoro, questa volta ordinario e destinato alla creazione di nuovi cardinali, il Papa potrà riconfigurare il Collegio con equilibrio, fermezza e attenzione alle tradizioni che danno coesione alla struttura centrale della Chiesa.
Se procederà in questo modo, Leone XIV dimostrerà di voler governare ascoltando, ma anche decidendo; correggendo gli scostamenti, ma senza cancellare i progressi; onorando le periferie, ma senza dimenticare il valore delle grandi sedi che per secoli hanno contribuito a dare volto, autorità morale e stabilità alla Chiesa universale. Il 2026 potrebbe quindi essere l’anno in cui il suo pontificato avrà realmente inizio e l’altro, finalmente, volgerà al termine.
Di Rafael Ribeiro





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