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La vera felicità

In questa domenica detta “ Domenica Gaudete”, la liturgia indica la vera forma di gioia, rappresentata da San Giovanni Battista che, per la sua fedeltà, meritò dal Salvatore un elogio così prezioso.

Celebracao Eucaristica do Domingo Gaudete Basilica Nossa Senhora do Rosario Caieiras Sao Paulo Foto

Foto: Stephen Nami

Redazione (14/12/2025 09:49, Gaudium Press) Dopo tre settimane di penitenza e preparazione, la Santa Chiesa ci trasmette un messaggio di conforto e speranza: “Gaudete!”, rallegratevi!

Che cosa significa essere felici?

Come considerare questa parola, proclamata dalla Chiesa nella terza domenica di Avvento, ma così mal compresa nel nostro secolo?

Il Vangelo ci offre l’occasione di considerare due situazioni paradossali. Nelle prime righe, San Matteo presenta la figura di San Giovanni Battista, rinchiuso nella sua prigione (cfr. Mt 11,2). Ora, sappiamo tutti che il responsabile della sua prigionia era il tirannico e vanaglorioso Erode Antipa, vero simbolo dell’orgoglio, per la carica che ricopriva di re, e della sensualità, per la sua unione illegittima con la moglie di suo fratello.

Erode, da un lato, rappresenta la falsa gioia di coloro che cercano lo scopo della loro esistenza su questa terra: una vita egoistica, senza leggi e senza morale, capace di suscitare nell’uomo un’effimero senso di realizzazione personale, ma che, al contrario, ne evidenzia l’indecisione.

Dall’altro lato c’è San Giovanni, uomo penitente e serio, che sotto tutti gli aspetti umani sembrerebbe destinato a scomparire, ma che invece ebbe l’indicibile gioia di poter ricevere dal Salvatore un elogio così grande: «tra i nati di donna, non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista» (Mt 11,11). Questo perché, senza temere punizioni e minacce, San Giovanni non smise mai di indicare ai suoi discepoli il Verbo Incarnato. Anche in prigione, come narra il Vangelo, quando gli raccontarono i miracoli compiuti da Nostro Signore, San Giovanni mandò loro a chiedere: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (Mt 11,3), affinché fosse chiaro che si trattava del Messia atteso.

La gioia passeggera e la gioia eterna

In questo senso Erode mostra la fragilità di questa «pseudo-gioia» con il suo timore nei confronti del Precursore. È l’atteggiamento di chi vive costantemente con lo sguardo rivolto alla terra, perché, anche se cerca di costruirsi l’idea di un mondo eterno, sia la vicinanza della morte che la presenza di un uomo provvidenziale sono un costante richiamo al fatto che dopo la morte c’è un giudizio e, subito dopo, una ricompensa o una punizione, per cui una persona come Erode vive sempre nell’insicurezza.

Ma con San Giovanni questo non accade, perché egli sa di stare compiendo la missione alla quale è stato chiamato fin dalla nascita e che, anche se morirà per mano di Erode, Nostro Signore gli ha riservato in Cielo la gioia eterna «dove non arriva il ladro e la tignola non distrugge» (Lc 21,33).

Ed è a questa gioia che ci richiama la liturgia della terza domenica di Avvento, affinché, con la coscienza pulita da ogni peccato, possiamo accogliere nelle nostre anime il Salvatore ed essere fedeli annunciatori del Verbo fatto carne, a somiglianza di San Giovanni Battista.

Di Vinícius Mendes

 

 

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