Santo Stefano, il bambino che Gesù aveva guardato
Per due volte, Nostro Signore scelse un bambino come esempio per i discepoli, esaltando il valore dell’innocenza. Stefano, il primo martire della Chiesa, ebbe l’incommensurabile privilegio di essere uno di loro. La Chiesa celebra la sua festa il 26 dicembre.

Foto: Sergio Hollmann
Redazione (26/12/2025 16:53, Gaudium Press) Nello scorrere le bellissime pagine dei Vangeli, ci sentiamo invitati ad uscire dalla quotidianità per essere condotti verso luoghi più elevati, dove sembra emergere, dolce e maestosa, la figura di Gesù.
Possiamo quindi immaginare quella santa figura illuminata dagli ultimi raggi di un sole al tramonto, che camminava lungo le strade polverose della Galilea o accarezzava con la sua ombra benefica le fresche rive del lago di Tiberiade.
In tutti i suoi atteggiamenti, nei suoi gesti nobili e nelle sue parole profonde, il Divino Maestro lasciava trasparire quell’amore incommensurabile per tutte le creature. Il suo sguardo dolce e incantevole cercava con divino ardore anime che fossero docili ai suoi consigli, che volessero sottomettersi al dolce dominio del suo giogo. Che gioia provava quel Cuore amorevole nel trovare, tra le rumorose folle che lo seguivano, qualche cuore puro e innocente, completamente aperto e in sintonia con il suo!
«Prese un bambino, lo pose in mezzo a loro, lo abbracciò e disse loro: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma Colui che mi ha mandato”» (Mc 9, 36-37).
Scena mirabile: l’Innocenza increata si chinava con benevolenza sull’innocenza creata! Oh, felice bambino la cui candida innocenza attirò lo sguardo del Salvatore!
Chi era quel bambino? Si conosce almeno il suo nome? Si sa quale fu il suo destino?
«Uomo pieno di fede e di Spirito Santo»
Una pia tradizione secolare ci dice che si trattava di Stefano. Fin da piccolo aveva ricevuto un’istruzione accurata nella scuola di Gamaliele, famoso dottore della legge. In poco tempo, grazie alla sua intelligenza e al suo impegno, Stefano era divenuto un conoscitore delle Sacre Scritture. Secondo Sant’Agostino, quando ascoltò la predicazione di Pietro, un raggio di grazia penetrò nel suo cuore e il giovane decise di abbracciare la fede cristiana con grande trasporto. Fin dall’inizio si distinse per il suo zelo e la sua virtù, tanto che negli Atti degli Apostoli Luca lo descrive come «uomo pieno di fede e di Spirito Santo» (At 6, 5).
L’incessante predicazione degli Apostoli, dopo la Pentecoste, faceva aumentare ogni giorno la moltitudine dei fedeli che credevano nel Signore. In quei giorni, però, sorse un problema: i cristiani greci si lamentavano che le loro vedove venivano trascurate nella distribuzione quotidiana degli aiuti. Avendo bisogno di dedicarsi esclusivamente alla preghiera e al ministero della parola, i Dodici decisero di affidare questo incarico a «sette uomini di buona reputazione» (At 6, 3), e Stefano fu uno dei prescelti. Egli si dedicò immediatamente al servizio dei fratelli.
Un volto simile a quello di un angelo
Sembrava tutto troppo poco per l’ardente slancio di quel giovane che, «pieno di grazia e di forza, compiva grandi miracoli e prodigi tra il popolo» (At 6, 8).
Nel mezzo dei lavori più faticosi, trovava conforto nel ricordo di quello sguardo dolce e sereno di Gesù che anni prima aveva accarezzato i suoi capelli di bambino. E nel profondo del suo essere coltivava il sogno di poter un giorno mischiare il proprio sangue al Preziosissimo Sangue versato fino all’ultima goccia sul Golgota.
I nemici di Cristo non potevano sopportare a lungo la presenza dell’intrepido giovane che ricordava loro pubblicamente e continuamente l’immagine del Crocifisso. Desiderosi di ridurre al silenzio un predicatore così importuno, «si alzarono per discutere con lui, ma non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito che lo ispirava» (At 6, 9-10).
Infuriati nel vedersi impotenti, «lo presero e lo condussero davanti al Sinedrio» (At 6, 12). Ma egli non si lasciò intimidire: calmo e sereno, affrontò la folla in rivolta, per le false accuse di testimoni corrotti, che gli imputavano il crimine di aver bestemmiato contro Mosè e contro Dio.
La gioia di poter offrire la sua vita per il Signore pervadeva la sua anima e si rifletteva all’esterno, tanto che «tutti i membri del Sinedrio videro il suo volto simile a quello di un angelo» (At 6, 15).
«Ruggivano di rabbia e digrignavano i denti contro di lui»
Interrogato dal Sommo Sacerdote, Stefano con un lungo e appassionato discorso, in cui manifestò filiale rispetto e venerazione per gli antichi patriarchi, lodò la pietà di Abramo, la pazienza di Giuseppe e le grandi imprese di Mosè; e mostrò quanto fossero ingiuste e infondate le accuse mosse contro di lui. Poi, infiammato da santa audacia, esclamò: «O gente testarda e pagana nel cuore e nelle orecchie, voi sempre opponete resistenza allo Spirito Santo; come i vostri padri, così anche voi. 52 Quale dei profeti i vostri padri non hanno perseguitato? Essi uccisero quelli che preannunciavano la venuta del Giusto, del quale voi ora siete divenuti traditori e uccisori; 53 voi che avete ricevuto la legge per mano degli angeli e non l’avete osservata». (At 7, 51-53).
Il coraggioso diacono non poté terminare la sua ispirata testimonianza. Quelle parole erano troppo vere per essere sopportate dai nemici della fede, che «All’udire queste cose, fremevano in cuor loro e digrignavano i denti contro di lui» (At 7, 54). Ma Stefano, colmo di Spirito Santo, rimaneva in piedi in mezzo a quell’assemblea ostile. Gli insulti non significavano nulla per lui.
Al contrario, erano uno stimolo a credere nei cori degli angeli che, al di là delle mura delle realtà apparenti di questa vita, lo attendevano con la palma e la corona. Alzando gli occhi al cielo, vide apparire Gesù stesso, splendente di gloria, che lo sosteneva con il suo sguardo divino in quel momento supremo. Ed esclamò pieno di gioia:
«Ecco, vedo i cieli aperti e il Figlio dell’uomo in piedi alla destra di Dio» (At 7, 56).

Foto: Sergio Hollmann
Sentendo ciò, i membri del Gran Consiglio si strapparono le vesti e si tapparono le orecchie mentre, con grandi grida, chiedevano a gran voce la morte del «blasfemo». Stefano si trovò circondato da una folla urlante e assetata di vendetta che lo spingeva violentemente fuori dalla città. Una volta lì, cominciarono a lapidarlo. In mezzo a terribili sofferenze, l’eroe di Cristo pregava: «Signore Gesù, accogli il mio spirito» (At 7, 59).
Ma neppure una scena tanto sublime riuscì a commuovere quei cuori induriti; accecati dall’odio, continuarono a lanciare enormi pietre contro la vittima innocente.
In ginocchio, Stefano guardò per l’ultima volta la folla criminale dei suoi persecutori. La sua vista, già offuscata dall’ avvicinarsi della morte, si soffermò per alcuni istanti su un giovane di Tarso che custodiva i mantelli dei lapidatori.
Saulo, il fanatico seguace dei farisei, l’irriducibile avversario di Gesù Cristo, si sentì turbato dall’insistenza di quello sguardo che lo fissava con espressione severa e compassionevole. E l’angelico diacono esclamò ad alta voce: «Signore, non imputare loro questo peccato…
E con queste parole spirò» (At 7, 60).
Nell’apparente sconfitta, la vittoria suprema
Tutto era compiuto. Il primo martire aveva appena irrigato con il proprio sangue quel seme di santità che, in un caldo pomeriggio d’estate, l’Uomo-Dio aveva gettato nel suo cuore infantile. Il chicco di grano era morto, giaceva a terra, caduto sotto i colpi di un odio bestiale e ingiusto. Le labbra del giovane predicatore non si sarebbero più aperte per lanciare appelli infuocati; le mani devote del diacono non si sarebbero più mosse per battezzare o servire; la sua nobile presenza, insopportabile per i malvagi e dolce per i buoni, non si sarebbe più fatta sentire; tutto questo era ora ridotto a un povero corpo insanguinato, senza vita.
Tuttavia, i nemici non festeggiarono con manifestazioni di gioia la loro vittoria omicida. Al contrario, di fronte alla dimostrazione di fede e nobiltà a cui avevano appena assistito, si ritirarono afflitti e frustrati, cercando di fuggire da quello spettacolo tragico che turbava la loro coscienza.
Stefano, lo sconfitto, aveva vinto! La sua testimonianza di fede sarebbe stata di incoraggiamento per i cristiani fino alla fine dei tempi. E il suo generoso olocausto non tardò a dare i suoi frutti nell’anima di quel giovane infame che aveva favorito la sua morte: da Saulo sarebbe nato Paolo, l’instancabile Apostolo dei gentili, grazie al sacrificio e alle preghiere del primo martire che Gesù aveva guardato!
Testo tratto dalla rivista Arautos do Evangelho, dicembre 2005. Di Suor Clara Maria Morazzani, EP





lascia il tuo commento