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Greccio, l’origine del primo Presepe grazie a San Francesco

Era il 1223 quando avvenne la prima rappresentazione della Natività di Gesù.

A realizzare ciò è stato il poverello d’Assisi, San Francesco.

21. art foto

Rita Sberna (01.12.2020 12:55, Gaudium Press) Greccio è un piccolo centro nella provincia di Rieti. Fu proprio a Greccio che la rappresentazione della Natività di Gesù assunse una particolare dimensione e, da quel primo presepe vivente, si avviò la storia dei tanti presepi realizzati nel corso della storia. Presumibilmente, già nel 1209 San Francesco conobbe Greccio, quando lasciando Assisi con i primi sei compagni scese a sud e si fermò a Poggio Bustone. Diventando otto si divisero in gruppi di due e cominciarono ad annunciare la pace. Fu l’occasione, per il poverello di Assisi, di conoscere la valle di Rieti e, quindi, Greccio. Ma soltanto nel 1223 decise di rievocare la nascita di Gesù, alcuni anni dopo il viaggio in Egitto, prima, e in Palestina, poi.

Per i frati francescani, Greccio è un luogo fondamentale.

Quando si avvicina il Natale e si percepisce nell’aria il clima natalizio, con i presepi nelle case e i canti di avvento nelle chiese, non si può non pensare al primo e grande presepe di Greccio.

Per tale occasione abbiamo incontrato padre Cristoforo Amanzi ofm, fondatore della fraternità Madre della Riconciliazione e della Pace per farci raccontare l’evento straordinario che ha segnato la storia del presepe.

 

Ci racconti cosa successe la notte di Natale del 1223?

Francesco, nel Natale del 1223, desiderò vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si era trovato il Bambino Gesù per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, volle vedere come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello, e rappresentarlo perché tutti potessero condividere questo mistero. Fece chiamare il suo amico Giovanni Velita (signore di Greccio) e organizzò il presepe.

Per l’occasione furono convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivarono festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le loro possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella solenne notte.

Uno spettacolo suggestivo ed emozionante dovette presentarsi agli occhi di Francesco e dei presenti, un clima spirituale mai percepito prima dovette pervadere il cuore di quegli uomini e di quelle donne che avevano seguito l’ispirazione del poverello di Assisi che si era fatto piccolino in mezzo a loro: la gente accorre nella gioia. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile.

Quella notte, nella grotta di Greccio, con il permesso a Papa Onorio III, si celebrò l’Eucaristia:

Viene celebrato sulla mangiatoia il solenne rito della messa e il sacerdote assapora una consolazione mai gustata prima. Francesco si veste da levita, perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo… Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme.

Ancora oggi sulla roccia della grotta che ospitò quel meraviglioso evento è presente un altare a testimonianza della celebrazione di quel memorabile Natale e nel piano superiore, sopra la grotta, a sottolineare il misterioso legame tra la Natività del Bambino Gesù e l’Eucaristia, è possibile visitare la prima chiesa dedicata al Poverello di Assisi due anni dopo la sua morte. Frate Tommaso da Celano, primo biografo del Santo, nella sua Vita prima, annota:

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra la mangiatoia è stato costruito un altare ed è stata dedicata una chiesa in onore del beatissimo padre Francesco, affinché là dove un tempo gli animali mangiarono il fieno, ora gli uomini possano mangiare, per la salute dell’anima e del corpo, la carne dell’Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con infinito e ineffabile amore ha donato se stesso per noi (1Cel 87: FF 471).

 

Il presepe di Greccio ci fa entrare di più nel mistero eucaristico?

 Certamente. Il Presepe organizzato da Francesco, rese chiaro, allora come oggi, il legame tra il mistero dell’Incarnazione e della Nascita di Gesù con il mistero eucaristico, il legame di quest’ultimo con l’Umiltà dell’Incarnazione e la Carità della Passione, evidenti nella Natività del Signore che si celebrò in quella santa notte. Infatti, riaffiorarono alla mente dei suoi frati, con tutta la forza e profondità, quanto era stato trasmesso loro da Francesco a riguardo dell’Eucaristia:

Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tal modo il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: «Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo» (Am: FF 144-145).

Il mistero del Natale, con la sua carica di umiltà e di “consegna per amore, nonostante tutto”, attraversa la storia, il tempo, e raggiunge ogni generazione, ogni uomo, di ogni luogo e di ogni razza, grazie all’Eucaristia. Ogni giorno il Signore viene sull’altare e si consegna con amore e per amore, accettando ogni conseguenza, dalla gioiosa accoglienza al doloroso rifiuto. Ogni giorno assume la debolezza, la fragilità e il limite di poco pane e poco vino, segni del Suo amore e di un’autentica comunione, che si concretizza, lungo il cammino, in un reale coinvolgimento nell’opera di Salvezza.

Lo stesso Francesco, nelle sue Ammonizioni, afferma:

Tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E così ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché ne dà testimonianza lo stesso Altissimo, il quale dice: «Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova Alleanza [che sarà sparso per molti»] (Mc 14,22.24); e ancora: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna» (Gv 6,55). E perciò lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore. Tutti gli altri, che hanno la presunzione di riceverlo senza partecipare dello stesso Spirito, mangiano e bevono la loro condanna (cfr. 1Cor 11,29). Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? (Am: FF 142-143).

Ed ancora, in una delle sue lettere, quella inviata ad un Capitolo Generale, scrive a tutti i frati:

Scongiuro tutti voi, fratelli, baciandovi i piedi e con quella carità di cui sono capace, che prestiate tutta la riverenza e tutto l’onore che vi sarà possibile al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, nel quale le cose che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, sono state pacificate e riconciliate (cfr. Col 1,20) a Dio onnipotente

Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre (LOrd: FF 217.221).

L’Eucaristia, per Francesco, è l’evento più alto della presenza di Dio in mezzo a noi, l’attualizzazione del Suo sacrificio d’amore per la Salvezza di ogni uomo, l’attualizzazione della totale donazione di Gesù nell’Umiltà dell’Incarnazione e nella Carità della Passione, lungo tutta la Sua vita, fino alla morte di Croce, dove, grazie al suo misericordioso amore, trasforma il patibolo per gli infami in trono regale dal quale elargisce grazia su grazia. L’Eucaristia è, per il Poverello di Assisi, il luogo di un avvenimento che rende gli astanti contemporanei dei pastori di Betlem, i primi adoratori del Dio piccolino, e li ricolma di gaudio ineffabile.

 

Se oggi dovessimo dare una definizione del presepe partendo da Greccio, cosa potremmo dire?

Francesco ci ricorda che ogni giorno il Signore viene e si consegna a noi, accettando tutto per amore, per la nostra Salvezza: Egli attende la nostra personale e comunitaria risposta, attende che l’Amore sia amato, sull’esempio di Maria e Giuseppe, nella mitezza e nell’umiltà, per una gioia e una pace che, pregustate sin da ora, non abbiano mai fine.

Chiediamo, per questo, l’intercessione della Vergine Madre di Dio con la preghiera che Francesco amava rivolgerle:

Santa Maria Vergine, nel mondo tra le donne non è nata alcuna simile a te, figlia e ancella dell’altissimo sommo Re, il Padre celeste, madre del santissimo Signore nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo; prega per noi con san Michele arcangelo e con tutte le potenze angeliche dei cieli e con tutti i santi, presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e maestro (UffPass: FF 281).

Lei, che generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere, ci consenta di portarlo sempre nel nostro cuore per opera dello stesso Spirito che in Lei operò l’Incarnazione del Verbo di Dio.

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