Vescovi Usa agli operatori sanitari cattolici: non si dovrebbero eseguire operazioni di ‘transizione di genere’
I vescovi cattolici statunitensi hanno rilasciato una dichiarazione come guida morale alle istituzioni sanitarie cattoliche, in cui ribadiscono che gli interventi di “transizione di genere” non devono essere eseguiti perché non rispettano il fatto che Dio ha creato ogni persona come unità di anima e corpo.
Redazione (23/03/2023 11:42, Gaudium Press) “Il corpo non è un oggetto, un mero strumento a disposizione dell’anima, di cui ciascuno può disporre secondo la propria volontà, ma è una parte costitutiva del soggetto umano, un dono da accogliere, rispettare e curare come qualcosa di intrinseco alla persona”, ha scritto la Commissione per la Dottrina dei vescovi statunitensi.
“Man mano che le possibilità di ciò che possiamo fare si estende, dobbiamo chiederci cosa dovremmo o non dovremmo fare. Un criterio indispensabile per prendere tali decisioni è l’ordine fondamentale del mondo creato. Il nostro uso della tecnologia deve rispettare tale ordine”.
A tal fine, scrivono i vescovi, “i servizi sanitari cattolici non devono eseguire interventi, chirurgici o chimici, che mirino a trasformare le caratteristiche sessuali di un corpo umano in quelle del sesso opposto o partecipare allo sviluppo di tali procedure”.
“Devono impiegare tutte le risorse appropriate per mitigare la sofferenza di coloro che lottano con l’incongruenza di genere, ma i mezzi utilizzati devono rispettare l’ordine fondamentale del corpo umano. Solo utilizzando mezzi moralmente appropriati gli operatori sanitari mostrano pieno rispetto per la dignità di ogni persona umana”.
La dichiarazione del 20 marzo, intitolata “Nota dottrinale sui limiti morali della manipolazione tecnologica del corpo umano”, intende fornire criteri morali alle istituzioni sanitarie cattoliche per discernere quali interventi medici promuovono l’autentico bene della persona umana e quali sono quelli dannosi. I vescovi hanno detto di aver sviluppato la dichiarazione consultandosi con esperti di medicina etica, medici, psicologi e teologi morali.
I vescovi osservano che la tecnologia moderna offre interventi chimici, chirurgici e genetici per il funzionamento del corpo umano e per modificarne l’aspetto. Ci sono due scenari, hanno detto, in cui gli “interventi tecnologici” possono essere moralmente giustificati: quando sono finalizzati a riparare un difetto del corpo o a sacrificare una parte per il benessere dell’intero corpo, come nel caso dell’amputazione. Questi tipi di interventi “rispettano l’ordine fondamentale e la finalità insite alla persona umana”.
Tuttavia, gli interventi chirurgici di transizione di genere “considerano quest’ordine in qualche modo insoddisfacente e propongono un ordine più desiderabile, un ordine ridisegnato”, e quindi non sono moralmente ammissibili.
“Questi interventi tecnologici non sono moralmente giustificati né come tentativi di riparare un difetto del corpo né come tentativi di sacrificare una parte per il bene dell’intero corpo”, hanno affermato i vescovi.
I vescovi hanno altresì affermato che una delle ragioni di questo calcolo morale è che gli organi della persona “in transizione”, che subiscono mutilazioni e ricostruzioni durante il processo di transizione di genere, non sono disordinati ma sono sani. Inoltre, “quando una parte del corpo è legittimamente sacrificata per il bene dell’intero corpo, sia con l’asportazione completa o la riconfigurazione sostanziale di un organo corporeo, l’asportazione o la riconfigurazione dell’organo corporeo è tollerata con riluttanza come l’unico modo per affrontare una grave minaccia per il corpo. Qui, al contrario, la rimozione o la riconfigurazione è essa stessa il risultato desiderato”.
A riguardo della proliferazione degli interventi medici di “transizione di genere”, i vescovi hanno ribadito che le istituzioni sanitarie cattoliche non devono prendere parte a questi interventi perché non rispettano “l’ordine fondamentale del corpo umano” in quanto “sessualmente differenziato”.
“Tali interventi, quindi, non rispettano l’ordine fondamentale della persona umana come unità intrinseca di corpo e anima, con un corpo che è sessualmente differenziato”, hanno continuato i vescovi.
“L’anima non viene all’esistenza da sola e in qualche modo trovarsi in questo corpo come se potesse anche essere in un altro. Un’anima non può mai trovarsi in un altro corpo, tanto meno nel corpo sbagliato”, hanno scritto i vescovi.
“A causa di questo ordine e di questa finalità, né i pazienti, né i medici, né i ricercatori, né altre persone hanno diritti illimitati sul corpo; devono rispettare l’ordine e la finalità inscritti nella persona incarnata”.
I vescovi hanno citato Papa Francesco, che nella sua enciclica Laudato Si’ ha scritto: “L’accettazione del nostro corpo come dono di Dio è vitale per accogliere e accettare il mondo intero come dono del Padre e nostra casa comune, mentre pensare di godere di un potere assoluto sul proprio corpo si trasforma, spesso sottilmente, nel pensare di godere di un potere assoluto sul creato”.
Affidarsi a interventi medici che non rispettano l’unità corpo-anima è un “errore”, hanno scritto nella dichiarazione.
“Un approccio che non rispetta l’ordine fondamentale non risolverà mai veramente il problema; alla fine, creerà solo ulteriori problemi. La tradizione ippocratica in medicina chiede a tutti gli operatori sanitari innanzitutto di “non nuocere”. Qualsiasi intervento tecnologico che non sia in accordo con l’ordine fondamentale della persona umana come unità di corpo e anima, compresa la differenza sessuale inscritta nel corpo, alla fine non aiuta ma, anzi, danneggia la persona umana”.
Raju Hasmukh con file della CNA
lascia il tuo commento