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Hamas, Israele e Fatima

Dopo l’attacco a Israele, quali sono le prospettive per l’umanità?

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Redazione (16/10/2023 16:04, Gaudium Press) L’ultima settimana è stata segnata dalla barbarie del terrorismo di Hamas in Israele, con più di mille morti, e dalla risposta ebraica che sta già diventando internazionale con attacchi in Libano e in Siria, lasciando intravedere la possibilità di un conflitto di proporzioni molto più grandi.

Un focolaio apparentemente inattivo si è acceso, ha preso fuoco e minaccia di scatenare incendi in tutto il mondo, se non manderà in fiamme il mondo stesso.

Man mano che emergono i dettagli dell’attacco di Hamas, lo spettatore è sempre più sbigottito dalla crudeltà: bambini decapitati, granate lanciate nei rifugi dei civili, famiglie perquisite e massacrate nelle loro case. Si dice addirittura che l’ordine fosse di uccidere il maggior numero possibile di civili: una crudeltà dalle sfumature sataniche, che ricorda le barbarie dei comunisti nel 1936, di Pol Pot in Cambogia e di altri simili.

In recenti dichiarazioni, il cardinale segretario di Stato vaticano Pietro Parolin ha riconosciuto il diritto di Israele all’autodifesa, ma ha anche ricordato che l’autodifesa richiede il rispetto delle proporzioni, soprattutto quando sono coinvolti dei civili. In altre parole, la risposta di Israele non può essere simile alla deflagrazione di una bomba nucleare, per quanto alcuni la vorrebbero. Tuttavia, la gravità e la ferocia dell’attacco di Hamas sembrano progettate proprio per generare una risposta brutale, che a molti può sembrare sproporzionata, come la realtà del trasferimento di un milione di civili dal nord al sud di Gaza, mentre si svolge l’operazione di terra israeliana.

Si chiede l’osservatore: cosa pensavano i dirigenti di Hamas, se non di scatenare una risposta altrettanto brutale da parte di Israele e la conseguente indignazione di molti settori dell’opinione pubblica mondiale? È molto difficile che non l’abbiano pensato. Ci si chiede quindi se quello che volevano era proprio quello che sta accadendo, ovvero il riaccendersi di un conflitto con ripercussioni globali, con manifestazioni contrastanti pro-palestinesi e pro-israeliane praticamente in tutto il mondo, posizioni che probabilmente inaspriranno le animosità con il progredire dell’offensiva israeliana.

E da lì, sì, la frammentazione del mondo in due grandi blocchi, velata o dichiarata, pro-palestinesi e pro-Israele, con la particolarità che in molti degli Stati pro-Israele stiamo già assistendo a grandi manifestazioni pro-palestinesi. E questo è naturale, perché se si pensa ai milioni di abitanti musulmani di Paesi come la Francia, la Germania, l’Inghilterra o la Spagna non si immaginerebbe mai che nutrino simpatie per Israele.

In altre parole, ciò che è accaduto in una piccolissima area del globo (proprio dove Cristo è vissuto, morto e risorto) in una settimana ha già coinvolto l’intera Terra, ed è un passo più vicino a un conflitto di proporzioni apocalittiche, come quello che è diventato fattibile dopo ciò che è accaduto in Ucraina. Ma con la particolarità che una parte, quella pro-Israele, è indebolita in questo sostegno perché una parte significativa della sua opinione pubblica simpatizza per la causa palestinese, a differenza del sostegno quasi compatto in quel blocco per la causa ucraina.

Alcuni analisti si chiedono addirittura se gli Stati Uniti e le altre potenze occidentali – già impegnate nel sostegno all’Ucraina – sarebbero in grado di offrire un sostegno efficace a un Israele che combatte non solo contro Hamas o Hezbollah, ma contro un ampio blocco musulmano unificato e altri sostenitori. E alcuni stanno già dicendo di no.

Sembrerebbe quindi nell’interesse di Israele (e dell’Occidente) evitare a tutti i costi la formazione di un tale blocco, che potrebbe verificarsi se il suo intervento a Gaza assumesse le caratteristiche di una risposta sproporzionata, improntata all’odio razziale o religioso, che potrebbe addirittura servire da giustificazione per un terrorismo su più vasta scala proprio all’interno delle potenze occidentali. Vedremo come andrà a finire.

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In questo contesto, è molto significativo ciò che è accaduto il 12 ottobre al Santuario di Fatima, alla vigilia della commemorazione del miracolo del sole del 13 ottobre 1917: più di 180.000 pellegrini si sono riuniti al Santuario per pregare per la pace in Ucraina e in Terra Santa. In altre parole, in un momento in cui tutto è teso, il mondo cattolico ricorda Nostra Signora di Fatima, e quindi il messaggio di Fatima….

È comprensibile.

La Madonna nella Cova da Iria ha parlato di guerre, di persecuzioni della Chiesa, del Santo Padre. E quando sorge un conflitto su larga scala, il mondo cattolico si ricorda di Fatima.

In effetti, noi uomini di fede non abbiamo altra scelta che rivolgerci alla protezione della Madonna, sapendo che questa è la cosa più importante. Perché è Lei che governa la storia con la sua grazia, è Lei che amministra la grazia divina ed è la grazia che dirige la Storia.

La Grazia ha costruito la più grande civiltà di tutti i tempi, che non è quella romana, ma quella occidentale e cristiana. La Grazia ha impedito che questa civiltà soccombesse attraverso eroi come Carlo Martello a Poitiers,  o a Navas de Tolosa, a Lepanto e in tanti altri momenti.

È così forte l’azione della grazia della Madonna che anche a Fatima ha annunciato il suo trionfo: “Alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà”.

Non sarà il trionfo della decadenza morale dell’Occidente, ma il trionfo di Lei. Questo avverrà immancabilmente, anche se per arrivare a quel momento sarà necessario sottoporsi ai castighi riparatori e purificatori che ha annunciato anche a Fatima.

Da parte nostra, non abbiamo altra scelta che aggrapparci a Lei.

 

Di Saul Castiblanco

 

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