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Santa Gemma Galgani ,mistica, unita al suo Amato sulla Croce

La Chiesa celebra l’11 aprile la memoria di questa anima che aveva avuto un contatto rapido, nutrito e profondo con il soprannaturale, a beneficio dell’umanità. Conversava spesso con il suo angelo custode.

 

 

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Redazione (11/04/2023 17:14, Gaudium Press) Santa Gemma un giorno affermò, con le parole di  San Paolo: “Non sono più in me stessa, sono con il mio Dio, tutta per Lui; ed Egli è tutto in me e per me. Gesù è con me ed è tutto mio”. Questa affermazione è davvero impressionante e ci permette di entrare nella vita di questa grande donna con uno spirito di rispetto e venerazione.

Come è stata la vita di questa grande donna, che comunicava con il mondo angelico?

Era nata a Camigliano il 12 marzo 1878. Ebbe un breve ma intenso rapporto con la sua pia madre, che pur avendo contratto una tubercolosi in lenta e inesorabile evoluzione, lasciò in eredità ai suoi figli un’educazione profondamente cattolica.

Un giorno, dopo aver ricevuto la Cresima, Gemma rimase nella Basilica di San Michele in Foro per assistere a una Messa di ringraziamento e, mentre pregava per sua madre, sentì una voce nel profondo della sua anima:

– Gemma, vuoi darmi tua madre?

– Sì, ma solo se vado con lei, rispose.

– No, dammi tua madre di buona volontà. Ora devi restare con tuo padre. Io la porterò in cielo. Ma me la darai con piacere?

“Ho dovuto dire di sì”, confesserà poi la santa nella sua autobiografia. Dio la prese nel settembre 1885.

Le grazie della Prima Comunione e altre grazie mistiche

Gemma entrò come allieva esterna nel collegio delle Suore di Santa Zita, fondata dalla beata Elena Guerra. Fece la prima comunione in un’età molto giovane per i canoni del tempo e  ne ricevette molte grazie. In questa scuola le si realizzarono molti fenomeni mistici.

Un giorno, all’età di 16 anni, Gemma ricevette in regalo un orologio costoso e una croce con una catena d’oro. Per compiacere il parente che le aveva fatto il regalo, uscì per strada indossandoli. La sera, mentre si preparava per andare a letto, le apparve il suo angelo custode e le disse: “Ricordati che gli ornamenti preziosi che devono adornare la sposa di un Re crocifisso non possono essere altro che le spine e la croce”. In altre parole, Dio la considerava già la sua sposa mistica ed esigeva che si comportasse di conseguenza.

Dio la introduce sulla via della sofferenza

Nel 1896 una terribile necrosi del piede, accompagnata da dolori lancinanti, la costrinse a sottoporsi a un intervento chirurgico. Sopportò tutto con grande rassegnazione, fissando il crocifisso.

Poi, nel 1898, una grave malattia della colonna vertebrale la costrinse a letto senza poter fare il minimo movimento. Ma il suo angelo custode, con cui parlava molto, la consolava.

Aveva letto una biografia di San Gabriele dell’Addolorata. Una notte, dopo aver fatto voto di verginità e aver dichiarato la sua intenzione di indossare l’abito religioso se fosse guarita, questo santo passionista le apparve in sogno e le disse: “Fai il voto di suora al momento giusto, ma non aggiungere altro”. Quando Gemma gli chiese il perché, egli si tolse il simbolo passionista appuntato sulla tonaca, glielo diede da baciare e lo mise sulla malata, ripetendo: “Sorella mia…”.

Dopo un anno, come se non bastasse, i medici le diagnosticarono un tumore alla testa e la diedero per morta. Poi una sua ex insegnante riuscì a convincerla a fare una novena a Santa Margherita Maria Alacoque. L’ultimo giorno di questa novena, poche ore dopo aver ricevuto la Santa Comunione, la giovane donna si alzò in piedi, completamente guarita. Era il primo venerdì di marzo.

 

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Il Giovedì Santo dell’anno seguente, Gemma, ancora indebolita, praticò nella sua stanza la devozione dell’“Ora Santa in compagnia del Signore nell’Orto“, scritta dalla fondatrice delle Suore di Santa Zita. Al termine della preghiera, la figura di Gesù Crocifisso le apparve davanti e le disse:

“Figlia, tu avevi aperto queste piaghe con i tuoi peccati, ma ora, rallegrati, che le hai chiuse tutte con il tuo dolore. Non offendermi più. Amami come io ho sempre amato te”. È impressionante vedere quanto sia seria la vita: anche le colpe di un santo avevano provocato lacerazioni sul corpo ferito del Signore.

Le stimmate

In un’altra occasione, mentre chiedeva a Dio la grazia di amare molto, sentì una voce soprannaturale che le diceva: “Vuoi amare sempre Gesù? Non smettere di soffrire per Lui in nessun momento. La croce è il trono dei veri amanti; la croce è l’eredità degli eletti in questa vita”. Queste visioni, pur intensificando il dolore per i suoi peccati, le procurarono una grande consolazione e aumentarono il suo desiderio di amare Gesù e di soffrire per Lui.

Un giorno, alla vigilia della festa del Sacro Cuore, Santa Gemma perse i sensi e al suo risveglio si trovò alla presenza della Beata Vergine, che le annunciò che Cristo le avrebbe dato le stimmate della sua passione. Poi fu Cristo stesso ad apparirle. Così racconta la Santa: “Le sue ferite erano aperte, ma non ne usciva sangue; da esse uscivano fiamme ardenti. In un batter d’occhio queste fiamme toccarono le mie mani, i miei piedi e il mio cuore”. La giovane donna rimase in ginocchio con forti dolori alle mani, ai piedi e al cuore, da cui usciva sangue.

Il fenomeno si ripeteva ogni settimana. Il giovedì le piaghe si aprivano la sera e rimanevano fino alle tre del pomeriggio del venerdì. Il sabato, o al più tardi la domenica, ne rimanevano solo pochi segni biancastri.

Oltre alle stimmate, di cui pochi conoscevano l’esistenza, altre manifestazioni soprannaturali erano frequenti nella vita di Santa Gemma, come le sudorazioni di sangue e le innumerevoli estasi, che si verificavano in ogni momento. Questo rendeva sempre più difficili i rapporti con le zie, con le quali viveva dopo la morte del padre.

A toglierla da quella situazione imbarazzante fu la pia signora Cecilia Giannini che, ammirando i prodigi della grazia in quell’anima, la adottò come figlia. Nella sua nuova famiglia. annotarono con precisione le parole che pronunciava nei suoi frequenti raptus e ci si meravigliava delle sacre stimmate e delle ferite prodotte dalla frusta della flagellazione o dalle spine della corona.

Nel giugno dello stesso anno, 1899, Gemma ebbe il suo primo incontro con i Padri Passionisti, annunciatole da San Gabriele della Vergine Addolorata.Gemma aveva scrittoa P. Germano Di San Stanislao, un religioso passionista residente a Roma, di cui il Signore le aveva indicato il nome e la fisionomia.

Il sacerdote, dotato di grande talento e virtù, si recò a Lucca per incontrarla e divenne un vero padre per la santa.

“Consummatum est”

L’ultimo calvario della Vergine di Lucca iniziò nella Pasqua del 1902. Il suo corpo, costretto a letto da una terribile malattia che le rendeva impossibile mangiare, rifletteva il dolore interiore della sua anima, privata di ogni consolazione e gioia sensibile. “Non sai che sono tutta tua? Gesù solo!”, sospirava Gemma, in apparente abbandono.

Il Sabato Santo del 1903 a soli 25 anni, questa serafica vergine fu definitivamente liberata dai legami che la tenevano legata alla terra e ricevette la sua “troppo grande ricompensa” (Gen 15, 1), Dio stesso, Cristo suo amato, per l’eternità.

 

(Con informazioni tratte da Revista Arautos do Evangelho, aprile/2011, n. 112, pp. 30-33

 

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