Patriarchi cattolici orientali: "Pieno sostegno e solidarietà al popolo palestinese, piegato dall’occupazione. No a Gerusalemme capitale di Israele"
Iraq (Venerdì, 06-12-2018, Gaudium Press) Si è chiusa la 26ma Conferenza dei patriarchi d’Oriente, che si è svolta per la prima volta in Iraq dal 26 al 30 novembre.
L’invito a mantenere salda la fede e a contribuire allo sviluppo della regione, alla luce delle “sfide” sempre più pressanti che emergono; i leader cristiani, seguendo l’esempio di papa Francesco, assicurano il loro “impegno” per garantire “le basi” della presenza futura “nella loro terra”.
Card. Bechara Boutros Rai |
All’evento hanno partecipato il patriarca maronita card Beshara Raï, il greco-cattolico Youssef Absi, il siro-cattolico Ignace Joseph III Younan, il rappresentante del patriarcato latino di Gerusalemme mons. Shomali e il padrone di casa, il patriarca caldeo card Louis Raphael Sako che ha tenuto il discorso di apertura: “La vostra presenza qui, oggi, come leader e padri delle Chiese antiche – ha detto il patriarca caldeo – è davvero una forte manifestazione di solidarietà, un testimoniare che siete uniti a noi in tutto ciò che abbiamo affrontato, persecuzioni, sfollamento, abbandono, migrazioni forzate. Questa assemblea che si tiene in Iraq, in un momento così particolare, ci riempie di speranza e incoraggia le famiglie a tornare e restare nella loro terra di origine mantenendo salda la nostra fede, la nostra identità, l’etica, le tradizioni e la lingua”.
Al termine della conferenza, si è svolta una solenne concelebrazione eucaristica nella capitale. Durante la funzione è stato letto il forte messaggio conclusivo, che oltre a rivolgersi ai giovani è servito anche per fare il punto della situazione dei vari Paesi: “Confermiamo la nostra solidarietà al popolo palestinese, piegato dall’occupazione e che sospira perché la situazione è stagnante. Chiediamo alla comunità internazionale di sostenere la Palestina nel quadro dei ‘Due Stati’ e di rimpatriare i profughi palestinesi. Ribadiamo il nostro totale rifiuto di Gerusalemme quale capitale d’Israele, che vi si trasferisca l’ambasciata degli Stati Uniti e che si faccia di Israele uno stato nazionale per gli ebrei”.
Nel messaggio i patriarchi hanno espresso anche soddisfazione per la Siria, per stabilizzazione di molte parti del Paese e la speranza è che presto tutta la nazione possa essere pacificata” con il ritorno di profughi e rifugiati così da sostenere il percorso di “unità nazionale”.
Per quanto concerne l’Iraq, vi è “apprezzamento” per l’atmosfera “positiva” che comincia a emergere, a garanzia di una ulteriore “stabilità” anche se serve impegno nella lotta all’ideologia estremista che non è stata ancora sradicata del tutto.
In vista della prossima riunione dei patriarchi, che si terrà al Cairo, ospitata dal Patriarcato copto-cattolico, dal 25 al 29 novembre 2019, i leader cristiani si appellano sin da ora a tutti i capi di Stato e governo del Medio oriente perché assicurino il rispetto dei diritti umani a tutti i cittadini, secondo quanto sancito nella carta delle Nazioni Unite.
Notevole e concreto è l’impegno della Caritas in tutto il medio oriente, nonostante le notevoli difficoltà assistenziali e di spostamenti nelle varie operazioni.
Parole di speranza sono quelle del direttore di Caritas Giordania Wael Sueleiman riportate da Famiglia Cristiana: “Sono sicuro al 100 per cento che Dio vincerà, nonostante le difficoltà e le tensioni che si vivono nel Medio Oriente. Se sei un cristiano non puoi perdere la fede, perché hai una missione d’ amore. La fede è stata seminata da Dio in me e io so che l’ amore vincerà, anche se magari non lo vedremo noi ma le prossime generazioni. Se Dio ancora esiste, perché non fa qualcosa? Perché non interviene? Me lo chiedono i miei figli quando in televisione vedono immagini di bambini che soffrono. Io e mia moglie cerchiamo di spiegare loro la verità…questa è una guerra tra il bene e il male, tra l’ amore e l’ odio. Per questo c’ è bisogno della testimonianza del nostro essere strumenti di Dio. La nostra storia è piena di dolore: i cristiani hanno sempre dovuto scappare, a partire da Maria e Giuseppe. Anche la mia famiglia è scappata, prima dal Libano, poi dalla Palestina.
Ora, chiude Suleiman, si deve guardare avanti: “Se non c’ è speranza, c’ è la morte. Dobbiamo lasciar andare il passato e parlare di futuro. Quest’ anno, con una ventina di volontari di Caritas Giordania, ho partecipato al Festival biblico di Vicenza, dedicato proprio al futuro. È importante far crescere la voglia di un futuro migliore e lavorare per esso. Non è una missione facile, cadiamo ogni giorno 150 volte, ma altrettante volte ricominciamo. Questo è il segreto dell’amore: non puoi cadere e rimanere a terra, devi alzarti e ripartire.
Conclude Suleiman: Con noi c’ è solo il Papa, ma la sua voce non è ascoltata”.
Informazioni tratte da: SIR
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