Anche nei momenti di apparente sconfitta, il Bene Supremo vince sempre!
Morendo sulla Croce, il Divino Redentore ha sconfitto non solo la morte ma anche il male, e ha fondato la Santa Chiesa Cattolica su una solida roccia.
L’ingresso di Gesù a Gerusalemme – Biblioteca del Monastero di Yuso, San Millán de la Cogolla (Spagna) Foto: Francisco Lecaros
Redazione (13/04/2025 11:38, Gaudium Press) Nel racconto della dolorosa Passione di Nostro Signore Gesù Cristo, uno degli aspetti più sorprendenti è l’ unità di tutti i malvagi quando incontrano il Sommo Bene incarnato. Il Vangelo ci dice, ad esempio, che “in quel giorno Erode e Pilato divennero amici tra loro, mentre prima erano nemici” (Lc 23,12), suscitando in noi una spontanea reazione di sorpresa e di indignazione. Vecchie faide personali per questioni politiche furono messe a tacere grazie alla condanna del Salvatore. È una regola della storia che trova qui il suo paradigma: i cattivi, anche se ostili tra loro, si alleano sempre quando si tratta di contrastare i buoni.
Il male si allea per uccidere nostro Signore
È vero che Pilato non agì per odio verso Gesù e non lo trattò con volgare disprezzo, come fece Erode, ma nel timore di dispiacere a Cesare; in Erode, poi, predominava il sentimento di invidia, misto a quello di curiosità. È certo, comunque, che si unirono contro l’Uomo-Dio quando le loro strade si incrociarono. Allo stesso modo, volontariamente o involontariamente, si allearono con il Sinedrio, contro il quale, tuttavia, entrambi nutrivano vecchi dissensi e inimicizie.
Questo ci insegna come i dissidi tra malvagi in genere non raggiungano grandi profondità d’animo, circostanza evidenziata dal famoso commento di Clemenceau, l’astuto e anticlericale statista francese, tra la fine del XIX secolo e il XX: due uomini, per quanto nemici, se frequentano le stesse case di tolleranza, saranno uniti nella complicità. Da questa affermazione possiamo dedurre che, al contrario, il loro odio per il bene, soprattutto quando appare in grande splendore, è inestinguibile, ed entrambi cospirano per distruggerlo.
Tra i malvagi ci sono gradi di perversione che portano all’indecisione o alla lentezza. Quando Nostro Signore era davanti a Erode, “erano presenti i capi dei sacerdoti e i maestri della Legge e lo accusavano con insistenza” (Lc 23,10); quando Pilato dubitò, ancora una volta “i capi dei sacerdoti fecero molte accuse contro Gesù” (Mc 15,3), pressando il governatore con argomenti fallaci. Infine, quando fu proposto di rilasciare Gesù, “i capi dei sacerdoti sobillarono la folla perché Pilato rilasciasse Barabba” (Mc 15,11) e così il popolo insistette, gridando “con tutte le loro forze, chiedendo che fosse crocifisso. E le loro grida si facevano sempre più forti” (Lc 23,23). La loro isteria non si placò finché il Divino Prigioniero non fu consegnato “alla loro volontà” (Lc 23,25).
Odio per i cattivi, indifferenza per i buoni
In questi momenti, purtroppo, molti di coloro che si considerano virtuosi non si schierano con determinazione e coraggio dalla parte del bene, permettendo così al male di espandersi. “Questa è la vostra ora e il potere delle tenebre” (Lc 22,53), lamentava il Salvatore al momento del suo arresto, senza che nessuno tra coloro che gli erano più vicini lo difendesse efficacemente. Molti di coloro che avevano acclamato Gesù all’ingresso di Gerusalemme con rami e grida, per non aver aderito profondamente al Bene, erano poi tra la folla vociante che votava per Barabba.
Non ci è difficile ammettere che, tra la folla che chiedeva la condanna di Nostro Signore, c’era qualcuno a cui aveva restituito la vista, e che non reagì all’infame spettacolo; un altro a cui aveva restituito l’udito e la parola, e che ascoltò quelle bestemmie senza alzare la voce in segno di protesta; un altro ancora a cui aveva guarito la paralisi, e che aveva camminato lì solo per soddisfare la sua malsana curiosità, osservando impassibile la sofferenza di colui che lo aveva beneficato. Forse molti non volevano che Nostro Signore fosse crocifisso, ma lasciandosi influenzare dai malvagi finirono per prendere parte al peggior crimine mai commesso nella storia. Tutti, però, erano indifferenti, se non addirittura ostili al Divino Maestro.
Per evitare di smarrirci, sia sulla strada della tiepidezza e dell’indifferenza, sia su quella dell’ingratitudine e del tradimento, dobbiamo progredire costantemente sulle vie della santità e coltivare l’indignazione per la sfrontata avanzata di coloro che rifiutano Gesù. Ogni volta che i buoni non entrano nei sentieri della radicalità, il male ha la meglio.
Qui dobbiamo smontare un’obiezione che riguarda la virtù dell’umiltà: non è meglio e più in linea con gli insegnamenti di Nostro Signore che i buoni siano umili e rassegnati? La risposta è sì quando si tratta di offese fatte a noi stessi. Tuttavia, non è corretto se il bersaglio dell’ingiusta aggressione è costituito da cose sacre, la Santa Chiesa cattolica o qualche persona innocente. In questo caso, rimanere passivi significa ripetere l’atteggiamento di coloro che guardavano le sofferenze di Gesù Cristo con indifferenza[1].
L’esempio di Nostro Signore che si spoglia e accetta tutti gli insulti per la nostra salvezza è sublime. Tuttavia, allo stesso tempo dobbiamo imparare la lezione che, in certe circostanze, l’indifferenza può essere un peccato più grave dell’odio. Sarebbe vero il contrario di chi, dopo essere stato derubato da un ladro in casa propria, assistesse con indifferenza e a braccia conserte alle peggiori aggressioni contro i suoi familiari più stretti. Questo atteggiamento si addice a un buon padre, figlio o marito? Così, nella Passione di Nostro Signore, ciò che colpisce maggiormente non è la furia dei nemici, ma l’indifferenza dei buoni. Questo è un aspetto che è stato dimenticato, anche se è della massima importanza, e dobbiamo ricordarlo oggi.
Nostro Signore stava sconfiggendo il male
Gli indifferenti e i tiepidi, che sostenevano di appartenere al bene, erano così accecati dal loro atteggiamento da non rendersi conto che Nostro Signore, nella sua Via del Dolore, stava ottenendo il più grande dei trionfi. Anche gli avversari del bene, con gli occhi offuscati dall’odio, non si rendevano conto che stavano accelerando la propria caduta. “O morte, dov’è la tua vittoria? O morte, dov’è il tuo pungiglione?” (1 Cor 15,55), chiede con sfida l’Apostolo. Morendo sulla Croce, il Divino Redentore ha sconfitto non solo la morte ma anche il male, e ha lasciato un’istituzione divina e immortale fondata su una roccia solida – la Santa Chiesa Cattolica, suo Corpo Mistico e fonte di tutte le grazie – che ha indebolito e ostacolato l’azione della razza serpeggiante, privandola del potere schiacciante e dittatoriale che aveva esercitato sul mondo antico.
Ci rallegra sapere che l’apparente catastrofe della Passione e Morte di Nostro Signore segna l’irrimediabile e clamorosa sconfitta di Satana. Quest’ultimo, instillando i peggiori tormenti contro Gesù, si era illuso di andare incontro a uno straordinario successo contro il Bene incarnato. Nella sua follia, non si rendeva conto di come stava contribuendo alla glorificazione del Figlio di Dio e all’opera di redenzione.
Quale gloria, quale trionfo, quale compimento aveva raggiunto nostro Signore Gesù Cristo con la sua Passione! Quale umiliazione all’inferno, schiacciato dall’errore di ignorare l’invincibile potenza del Bene!
Estratto, con adattamenti, da: CLÁ DIAS, João Scognamiglio. I Vangeli inediti: commenti ai Vangeli della domenica. Città del Vaticano-São Paulo: LEV-Istituto Lumen Sapientiæ, 2012, v. 5, p. 262-265.
[1] Cfr. Tommaso d’Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 188, a. 3, ad 1.
lascia il tuo commento