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Circa la Nota del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla Vergine: piuttosto, approfondire la riflessione

Continua a suscitare ampia risonanza la Nota dottrinale pubblicata lo scorso 4 novembre dal Dicastero per la Dottrina della Fede sui titoli della Vergine.7 1 700x472 1

Redazione (08/11/2025 15:17, Gaudium Press)

Continua a destare ampia eco, cosa più che comprensibile, la Nota dottrinale pubblicata lo scorso 4 novembre dal Dicastero per la Dottrina della Fede e approvata da Leone XIV, «su alcuni titoli mariani riferiti alla cooperazione di Maria nell’opera della salvezza».

Tenendo conto del testo del documento stesso, che dichiara di non «voler esaurire la riflessione, né essere esaustivo» (n. 3), passeremo a esaminare alcuni punti che stanno suscitando numerosi commenti e persino dibattiti, con l’intento proprio di arricchire la riflessione sull’importantissimo tema dei titoli con cui la Chiesa e il popolo fedele hanno onorato la Vergine.

Particolare attenzione sta suscitando l’approccio del documento vaticano al titolo di «corredentrice».

La Nota, nella sua versione spagnola (che è quella in cui è stato redatto il documento), stabilisce che «è sempre inappropriato l’uso del titolo di Corredentrice per definire la cooperazione di Maria» (n. 22) [ndr. Il grassetto utilizzato in queste righe è sempre mio]. Questa indicazione, secondo quanto espresso nella Nota, si applica quando si tiene “conto della necessità di spiegare il ruolo subordinato di Maria a Cristo nell’opera della Redenzione”, poiché in tali circostanze “questo titolo rischia di oscurare l’unica mediazione salvifica di Cristo e, quindi, può generare confusione e uno squilibrio nell’armonia delle verità della fede cristiana, perché «non c’è salvezza in nessun altro, poiché sotto il cielo non è stato dato agli uomini nessun altro nome nel quale è stabilito che siamo salvati» (At 4,12)».

Diversi analisti sottolineano già che l’ inappropriatezza del termine non può riferirsi a tutte le circostanze di tempo, modo e luogo, tenuto conto dell’ampio uso che ne è già stato fatto nella Chiesa, come si vedrà più avanti. Infatti, esso circola diffusamente già da diversi secoli, e non solo nella pietà popolare, ma anche a livello di Papi, documenti ufficiali della Chiesa, studiosi e santi. Tale affermazione della Nota deve riferirsi a circostanze che la rendono prudente.

La Nota riporta che «alcuni Pontefici hanno utilizzato questo titolo» di Corredentrice, ma «senza soffermarsi troppo a spiegarlo».

« In genere — afferma il documento — lo hanno presentato in due modi precisi: in relazione alla maternità divina, in quanto Maria come madre ha reso possibile la Redenzione compiuta in Cristo, oppure in riferimento alla sua unione con Cristo ai piedi della croce redentrice » (n. 18), e cita l’esempio di San Giovanni Paolo II, che «lo ha utilizzato almeno in sette occasioni». Tuttavia, una rapida rassegna dell’uso che ne hanno fatto i Pontefici e gli studiosi può servire a sfumare un po’ l’avverbio «troppo».

Papi

Nell’enciclica Supremi apostolatus di Leone XIII, del 1° settembre 1883, nella versione italiana pubblicata sul sito ufficiale del Vaticano, si legge:« Infatti la Vergine Immacolata, prescelta ad essere Madre di Dio, e per ciò stesso fatta corredentrice del genere umano, gode presso il Figlio di una potenza e di una grazia così grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né mai potrà raggiungerne una maggiore.(1)

San Pio X, nell’enciclica Ad diem illum laetissimum (Quel giorno felicissimo), datata 2 febbraio 1904 e in occasione dei 50 anni dalla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione, scriveva: « È evidente che dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno (ndr. ricompensa per stretta giustizia) ed è la suprema dispensatrice di grazie.» (2).

Nella stessa enciclica Papa Sarto affermava:

«La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze tra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare la rovina umana» e quindi di dispensare tutti i tesori che Gesù ci ha procurato con la Sua morte e il Suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per Sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. Tuttavia, per quella comunione di dolori e d’angosce, già menzionata tra la Madre e il Figlio, è stato concesso all’Augusta Vergine di essere «presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice e conciliatrice del mondo intiero».

In altre parole, san Pio X non aveva alcun impedimento a dichiarare il singolare dolore della Vergine degno di «riparare la rovina umana».

Da parte sua, Benedetto XV si esprimeva in modo molto simile al Papa veneto, in Inter Sodalicia:

Maria «in comunione con il Figlio sofferente e agonizzante, sopportò il dolore e quasi la morte; abdicò ai diritti di madre sul figlio per ottenere la salvezza degli uomini e, per placare la giustizia divina, per quanto dipendeva da Lei, immolò il Figlio, così che si può affermare, a ragione, che redense il genere umano con Cristo. E, per questo motivo, ogni specie di grazia che attingiamo dal tesoro della redenzione ci viene, per così dire, dalle mani della Vergine addolorata». (4) Non si può essere più chiari, senza dilungarsi troppo, ma in modo preciso.

Pio XI, in Explorata res est, conferisce alla Vergine un titolo che può essere considerato sinonimo di corredentrice: «La benignissima Vergine Madre di Dio…, avendoci dato e creato Gesù Redentore, e offrendolo come Ostia ai piedi della croce, è stata anche e viene piamente chiamata Riparatrice per la misteriosa unione con Cristo e per la sua grazia del tutto singolare». (5)

Royo Marín ricorda che anche nella clausura del Giubileo della Redenzione, Pio XI, il 28 aprile 1935, recitò questa commovente preghiera: «O Madre di pietà e di misericordia, che accompagnavi il tuo dolce Figlio, mentre compiva sull’altare della croce la Redenzione del genere umano, come Corredentrice nostra associata ai suoi dolori…!, serba in noi e accresci ogni giorno, te lo chiediamo, i preziosi frutti della Redenzione e della tua compassione”. (6)

Pio XII spiegava che Dio ha voluto «che, nella realizzazione della Redenzione umana, la Santissima Vergine Maria fosse inseparabilmente unita a Cristo, tanto che la nostra salvezza è frutto della carità di Gesù Cristo e delle sue sofferenze intimamente associate all’amore e ai dolori di sua Madre». (7) Cioè, così come colui che aiuta nell’operazione può essere chiamato cooperatore, così i dolori di Maria, intimamente uniti alle sofferenze del Salvatore, hanno determinato la redenzione degli uomini.

Nel suo radiomessaggio ai pellegrini riuniti a Fatima, in Portogallo, il 13 maggio 1946, anche Pio XII ebbe a dire: «Egli, il Figlio di Dio, proietta sulla sua Madre celeste la gloria, la maestà e il dominio della sua regalità; poiché, essendo stata associata al Re dei martiri nell’ineffabile opera della redenzione umana come Madre e cooperatrice, rimane per sempre associata a Lui con un potere quasi illimitato nella distribuzione delle grazie che scaturiscono dalla redenzione. Gesù è Re da tutta l’eternità per natura e per diritto di conquista; per Lui e con Lui, e subordinata a Lui, Maria è Regina per grazia, per parentela divina, per diritto di conquista e per singolare elezione”. (8) A proposito di questo testo, l’esperto mariologo padre Carol assicurava che, distinguendo la funzione di distribuzione delle grazie dalla propria associazione con Cristo nella redenzione umana, nella mente di Pio XII «tale funzione [di applicare le grazie agli uomini] non può in alcun modo essere identificata con la sua partecipazione alla redenzione soggettiva; deve riferirsi all’acquisizione stessa delle grazie, alla redenzione stessa. Si noti anche che Nostra Signora è Regina [nella mente di Pio XII] per diritto di conquista, il che, nella dottrina comunemente accettata, significa che è nostra Regina perché è nostra corredentrice, nel senso proprio del termine». (9) A suo tempo, l’esperto Carol affermò che affermazioni come queste di Pio XII e quelle di Benedetto XV in Inter Sodalicia, pur non essendo «dichiarazioni infallibili, dovrebbero comunque essere accolte con grande rispetto e assenso religioso, poiché provengono dalla più alta autorità dottrinale della Chiesa». (10)

La Nota dottrinale in questione afferma che «il Concilio Vaticano II ha evitato di utilizzare il titolo di Corredentrice per ragioni dogmatiche, pastorali ed ecumeniche» . Tuttavia, è necessario ricordare che la Costituzione Lumen Gentium riconosce che la Vergine «si consacrò totalmente, come schiava del Signore, alla persona e all’opera del Figlio suo, servendo con diligenza il mistero della redenzione con Lui e sotto di Lui, con la grazia di Dio onnipotente. Giustamente, quindi, i Santi Padri pensano che Maria non fu uno strumento puramente passivo nelle mani di Dio, ma che cooperò alla salvezza degli uomini con fede e obbedienza libere. Come dice Sant’Ireneo, «obbedendo, è diventata causa di salvezza per sé stessa e per tutto il genere umano». (11)

Paolo VI nel Marialis cultus la definisce «intimamente associata al Redentore» e afferma che «l’unione della madre con il Figlio nell’opera della Redenzione raggiunge il suo culmine sul Calvario». (12)

San Giovanni Paolo II, come già detto, usò il termine Corredentrice in diverse occasioni.

Nell’omelia pronunciata nel Santuario di Nostra Signora dell’Alborada, a Guayaquil, il 31 gennaio 1985, il Papa polacco disse: «I Vangeli non ci parlano di un’apparizione di Gesù risorto a Maria. Tuttavia, poiché Ella era particolarmente vicina alla croce del Figlio, dovette avere anche un’esperienza privilegiata della sua risurrezione. Infatti, il ruolo corredentore di Maria non cessò con la glorificazione del Figlio». (13)

Durante l’udienza generale dell’8 settembre 1982, al momento dei saluti, il Pontefice disse:

«Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità. Voi lo sapete, il dolore se unito a quello del Redentore ha un grande ed insostituibile valore salvifico».

Papa Wojtyla, nell’Angelus recitato il 6 ottobre 1991 in Piazza Farnese, a Roma, in occasione del sesto centenario della canonizzazione di Santa Brigida di Svezia, affermava: «Brigida guardò a Maria come modello e rifugio nei diversi momenti della sua esistenza, proclamò con vigore il privilegio divino della sua Immacolata Concezione e contemplò la sua sorprendente missione di Madre del Salvatore. La invocò come Immacolata, Dolorosa e Corredentrice, esaltando il suo ruolo singolare nella storia della salvezza e nella vita del popolo cristiano». (15)

Una rassegna di alcuni punti dei mariologi

Dopo aver visto rapidamente l’uso che da oltre 100 anni i Papi hanno fatto del termine “corredentrice”, o di altri termini correlati, è il momento di ricordare alcuni punti della riflessione teologica che è stata fatta al riguardo, poiché non è da ora che si è voluto approfondire la materia, proprio per evitare equivoci e favorire la corretta devozione del popolo di Dio.

In definitiva, la riflessione teologica finora svolta parte da una realtà che fa parte del deposito della fede cattolica ed è riconosciuta dalla Nota stessa: la Vergine è «la prima e massima collaboratrice nell’opera della Redenzione e della grazia» (n. 22).

Ma qual è la natura di questa collaborazione?

Ricordiamo innanzitutto che «il concetto di “redenzione” (gr. lytrosis o apolytrosis), in virtù del quale Dio “libera” o “riscatta” (gr. lytroùsthai) il suo popolo, e quello, molto affine, di ‘acquisizione’ (gr. peripòiesis), in virtù del quale egli lo “acquisisce” (gr. agoràzein), sono strettamente legate nella Bibbia all’idea di ‘salvezza’: designano il mezzo privilegiato scelto da Dio per salvare Israele liberandolo dalla schiavitù egiziana (…) [in questo senso] Gesù è il ‘salvatore’ in quanto ci ‘redime da ogni iniquità’ e ‘purifica un popolo che è sua proprietà’”. (16)

Considerando l’origine latina del termine, “la parola redimere (dal latino re e emo=comprare) significa ricomprare una cosa che avevamo perso, pagando il prezzo corrispondente al nuovo acquisto”. (17) In questo senso,

«essendosi verificato il peccato di Adamo, l’incarnazione è avvenuta con finalità redentrice, cioè per riconciliarci con Dio e riaprirci le porte del cielo chiuse dal peccato (…) [cioè] il recupero dell’uomo allo stato di giustizia e di salvezza, sottraendolo dallo stato di ingiustizia e di condanna in cui era sprofondato a causa del peccato, mediante il pagamento del prezzo del riscatto: il sangue di Cristo Redentore offerto da Lui al Padre” Eterno». (18)

Tuttavia, se solo il sangue di infinito valore di Cristo era il prezzo dovuto da pagare a Dio per il peccato-offesa infinita dell’uomo, come potevano i papi, i dottori e i santi parlare di una Vergine corredentrice? Il significato non può essere altro che quello di una cooperazione all’opera redentrice di Cristo, subordinata alla redenzione di Gesù, ma che, come già detto sopra, è una cooperazione singolare, unica, «prima», « suprema».

Roschini fornisce un’importante sintesi dello sviluppo della “tradizione sulla ‘corredentrice’”, ricordando innanzitutto che nel testo di Luca, “una spada trafiggerà la tua stessa anima affinché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2, 35), «Simeone si rivolge esclusivamente a Maria (nonostante sia presente S. Giuseppe) per rivelarle che lei, a differenza di tutti gli altri, per un titolo unico (oltre a quello comune di madre che soffre in presenza del figlio crocifisso) era associata a un destino così doloroso (passione o morte), per collaborare direttamente con Cristo alla redenzione». (19)

  1. Roschini parla di una «prima fase (dal II al XII secolo)» in questo sviluppo della «tradizione sulla “‘corredenzione’» : «la dottrina della corredenzione è contenuta in modo implicito (non esplicito) nell’idea fondamentale di “Maria nuova Eva, opposta alla vecchia”. (…) Infatti, Adamo (come risulta dal Genesi, cap. III) non fu solo nell’opera della nostra rovina: aveva al suo fianco una collaboratrice, Eva, sua compagna. Era quindi ovvio che si completasse il noto parallelismo opponendo alla vecchia Eva la nuova Eva (come il nuovo Adamo [Cristo] era stato opposto al vecchio Adamo), cosa che fecero presto i Padri più antichi». P. Roschini cita a questo proposito S. Giustino, S. Ireneo, Tertulliano e «più tardi, innumerevoli altri». (20)

Poi, «la prima esposizione esplicita di questa idea di base si trova – per quanto ne sappiamo – in Giovanni il Geometra (X secolo). Egli afferma con vigore la corredenzione mariana dicendo che Maria è “la seconda primizia, accetta e immacolata, offerta al Padre, dopo la prima (Cristo)”. In un altro punto dice: (…) Ti rendiamo grazie per aver sofferto per noi un grande dolore e per aver voluto che anche tua madre soffrisse una tale sofferenza, sia per te che per noi, affinché l’onore di aver condiviso la tua sofferenza le valesse non solo la comunione della gloria, ma anche che il ricordo della sua sofferenza per noi la spingesse ad operare la nostra salvezza e a conservarci il suo amore, non solo per via della natura, ma anche per tutto ciò che Lei ha fatto per noi nel corso di tutta la sua vita. Ti rendiamo grazie perché ti sei offerto come riscatto (garanzia) per noi e perché, dopo di te, offri tua madre come riscatto in ogni momento, affinché tu ti immolassi una volta per noi, e Lei si immolasse mille volte nella sua volontà, bruciata nel suo seno, tutta intera, sia per te, sia per coloro ai quali ha consegnato suo Figlio, esattamente come il Padre, sapendo perfettamente che lo consegnava alla morte (Joannis Geometrae laus in Dormitionem B. M. Virginis, in Wenger, A., A. A., L’Assomption de la T. S. Vierge dans la Tradition Byzantine, du VI au X siècle. Études et Documents [‘Archives de l’Orient Chrétien’, 5] Parigi 1955, p. 407)”. (21)

Roschini parla di una «seconda fase (dal XII al XVII secolo)» di questa «tradizione corredentrice», che definisce come «periodo medio o di transizione, in cui la dottrina della corredentrice mariana passa, sempre più chiaramente, dall’implicito (cioè dall’idea di “nuova Eva”) all’esplicito. Il primo a parlare incidentalmente, ma in modo esplicito, dei meriti riparatori o corredentori di Maria sembra essere stato Eadmero di Canterbury (+ 1124): «Come Dio, creando tutte le cose con il suo potere, è Padre e Signore di tutte, così anche la beata Maria, riparando tutto con i suoi meriti, è madre e Signora delle cose… Maria è Signora delle cose restituendo a ciascuna la sua dignità primitiva mediante quella grazia che Ella ha meritato». (Liber de Excellentia Virginis, PL 159, 573, .578)». (22)

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Incoronazione della Vergine – Museo de América, Madrid

Ricorda il sacerdote italiano che fu S. Bernardo, dottore mellifluo, «il primo a parlare esplicitamente della “riparazione” data da Maria per la colpa di Eva: “Lei (Maria) ha soddisfatto per la madre (Eva), poiché se l’uomo cade per mezzo della donna, ecco che non viene sollevato se non per mezzo di una donna… riparatrice dei progenitori” (Homil. II super ‘Missus est’, PL 183, 62)». A sua volta «S. Alberto Magno (+1280) insistette molto sul ‘principio di consorzio e di associazione’ di Maria a Cristo nella redenzione del genere umano», e «S. Bonaventura (+1274) insegnò che Maria, sul Calvario, co-offrì la Vittima divina», soddisfacendo così il prezzo dei nostri peccati e pagando il prezzo della nostra redenzione. (23)

Nel XIV secolo si distingue il Beato Giovanni Tauler, O. P. (+1361), il quale affermò che «così come Eva, usurpando temerariamente il frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male, rovinò gli uomini in Adamo, così tu, piena di amarezza, hai preso su di te il dolore dell’albero della croce e hai redento gli uomini insieme a tuo Figlio”». (24)

Roschini continua citando inni liturgici, santi, arcivescovi, autori e teologi di fama, come il grande teologo del Concilio di Trento, il gesuita Salmerón, che si esprime così, trattando di come avvenne la redenzione: «Qui avviene il contrario. L’uomo è il primo a provare il legno amaro della croce e lo offre alla donna, affinché, come da due, ma soprattutto dall’uomo, è venuta la rovina del mondo, così anche da due, ma soprattutto da Cristo, venga la salvezza e la redenzione. Perché, per quanto grande possa essere l’efficacia che Maria può avere, essa le proviene da Cristo… a causa del potere superiore di Cristo nella redenzione, alla quale ha voluto partecipare, come Corredentrice, sua madre (del cui aiuto Egli non aveva bisogno) (Comentarii in evangelicam historiam et in Acta Apostolorum, tract. 41, vol. 10, Coloniae Agrippinae 1604, p. 339)“. (25)

Infine, padre Roschini arriva a quella che definisce la ”Terza fase (dal XVII secolo ai giorni nostri): è il periodo del pieno sviluppo e dell’espressione sistematica della dottrina della corredenzione mariana. Il XVII secolo, che fu il ‘secolo d’oro della Mariologia’, fu anche il ‘secolo d’oro della corredenzione mariana’. Non solo si afferma frequentemente la cooperazione della Vergine alla redenzione, ma essa viene elaborata e sviluppata nelle sue modalità (merito, soddisfazione, sacrificio e redenzione) in modo tale che i secoli successivi non hanno potuto aggiungere alcun elemento nuovo di particolare importanza”. (26)

A questo punto, è interessante condividere la visione d’insieme sullo “stato della questione” offerta a suo tempo dal rinomato francescano J. B. Carol, che presiedette una commissione di mariologi specializzati per produrre un’opera di riferimento, la “Mariologia”:

“In generale, si può dire che Nostra Signora ha cooperato all’opera redentrice di Cristo in due modi: mediato (indiretto, remoto) e immediato (diretto, prossimo). Maria ha cooperato in modo mediato meritando alcune delle circostanze dell’incarnazione e principalmente dando alla luce il Salvatore del mondo. Poiché Maria ha acconsentito consapevolmente e volontariamente alla venuta di Cristo in vista della redenzione dell’uomo, è chiaro che la sua cooperazione è stata morale e formale, nonostante fosse mediata. Ha cooperato immediatamente se i suoi meriti e le sue soddisfazioni sono stati accettati dall’Altissimo, insieme ai meriti e alle soddisfazioni di Cristo, per produrre lo stesso effetto, cioè il ripristino del genere umano all’antica amicizia con Dio”, introduce il sacerdote. (27)

Padre Carol continua esponendo «le varie opinioni che i teologi cattolici hanno espresso al riguardo». «Tutti ammettono che Nostra Signora ha avuto una partecipazione mediata alla nostra redenzione, in quanto ha acconsentito liberamente ad essere strumento consapevole della venuta del Redentore, accettando di essere sua Madre. Inoltre, è generalmente riconosciuto che Nostra Signora ha partecipato alla redenzione nel senso che, nel corso della sua vita, ha unito i suoi sentimenti, le sue preghiere e le sue sofferenze a quelli del suo divino Figlio, desiderando associarsi a Lui nella missione salvifica per amore del genere umano. Ma il disaccordo inizia quando i teologi cercano di determinare il valore esatto, l’efficacia e la portata di tale cooperazione». (28)

«Un gruppo, che rappresenta la minoranza, insiste sul fatto che l’associazione di Nostra Signora al Redentore, come appena descritta, non ha avuto alcun valore o efficacia per quanto riguarda la redenzione stessa (redenzione oggettiva), ma solo per quanto riguarda l’applicazione dei suoi frutti agli individui (redenzione soggettiva). In altre parole, il genere umano è stato ristabilito nell’amicizia con Dio in considerazione dei meriti e delle soddisfazioni di Cristo solo. Anche Maria offrì i propri meriti e soddisfazioni, ma questi le valsero solo il diritto, o quasi diritto, di diventare dispensatrice di tutte le grazie che scaturiscono dal sacrificio redentore del Salvatore. Questa è, in sintesi, l’opinione di H. Lennerz S. I., W. Goossens, G. D. Smith e altri teologi e scrittori cattolici illustri”. (29)

«Un secondo gruppo, non meno illustre del primo, ritiene che Nostra Signora abbia cooperato in modo prossimo, diretto e immediato alla redenzione stessa (redenzione oggettiva), in quanto l’Onnipotente si è compiaciuto di accettare i suoi meriti e le sue soddisfazioni insieme a quelli di Cristo (anche se in modo subordinato) con valore redentivo per la liberazione dell’umanità dalla schiavitù di Satana e per la sua riabilitazione soprannaturale. Da ciò si deduce che, così come il mondo è stato redento da Cristo, è stato anche corredento da Maria. La differenza tra le due causalità sta in questo: mentre i meriti e le soddisfazioni di Cristo erano infiniti, autosufficienti e condigno ex toto rigore iustitiae, i meriti e le soddisfazioni di Nostra Signora erano finiti, totalmente dipendenti da quelli di Cristo, da cui ricevono tutto il loro valore, e de congruo (come vedremo in seguito, alcuni affermano che Maria meritò la nostra redenzione non solo de congruo, ma condigno ex mera condignitate). Questa è l’opinione che abbiamo sostenuto con insistenza e che gode del sostegno della maggior parte dei teologi cattolici dei nostri tempi. Notevoli sono i contributi a questo proposito di Mons. J. Lebon, J. M. Bover S. I., il defunto canonico J. Bittemieux, C. Dillenschneider C. SS. R., C. Friethoff O. P., P. Sträter S. I., H. Seiler S. I., G. M. Roschini O. S. M. [ndr. P. Roschini, citato in precedenza], E. Druwé S. I. e D. Bertetto S. D.B.” (30) Padre Carol registra inoltre un piccolo gruppo di teologi tedeschi sostenitori di una scuola intermedia tra le due precedenti.

Essendo la mariologia una scienza, alla fine ogni titolo di Nostra Signora deve essere ancorato al fondamento di tale scienza, che è la maternità divina, già delimitata e stabilita dogmaticamente. Questo fondamento è difeso da Royo Marín:

«La ragione ultima e il fondamento più profondo della corredenzione mariana vanno ricercati nella maternità divina di Maria, intimamente associata per volontà di Dio all’opera salvifica di Cristo Redentore. Ascoltiamo un eminente mariologo contemporaneo [ndr. P. Manuel Cuervo, O. P., in Maternidad divina y corredención mariana (Pamplona 1967), pp. 217-218] che spiega con grande precisione e profondità questa dottrina fondamentale: «La teologia sostiene questo stesso concetto con forza ineludibile. Perché il fine della nostra redenzione comprende due parti ben caratterizzate e distinte: l’acquisizione della grazia e la sua distribuzione a noi. Questo è adeguatamente il fine dell’ordine ipostatico [ndr. L’ordine ipostatico è quello che si riferisce all’unione della divinità con l’umanità nella persona di Gesù Cristo. Ipostasi in greco significa persona], in cui Maria è stata inserita in ragione della sua maternità divina. Essendo stata incorporata ad esso, rimane per lo stesso motivo, sempre supponendo la volontà di Dio, associata a Gesù Cristo nel fine di questo stesso ordine. Integralmente associata, anche se in modo molto diverso da Gesù Cristo, non esistendo alcuna ragione per limitare questa associazione di Maria a una delle sue parti con esclusione dell’altra [ndr. la conquista della grazia e la distribuzione della grazia, di cui sopra]. Perché la differenza essenziale con cui questo fine appartiene a entrambi si trova nel diverso modo in cui entrambi appartengono all’ordine ipostatico. Gesù Cristo in modo sostanziale e assoluto, e Maria solo in modo relativo, accidentale e secondario. E per questo Gesù Cristo è essenzialmente e assolutamente il Mediatore e Redentore, nel senso in cui si dice anche che è l’unico Mediatore; e Maria la co-Mediatrice e co-Redentrice. E per questo la parte che spetta ai due nell’acquisizione e nella distribuzione delle grazie è molto diversa, senza che l’unione dei due nello stesso fine dell’ordine ipostatico danneggi nessuno dei due. Al contrario, la parte che in questa associazione spetta a Maria argomenta grande perfezione in Gesù Cristo, poiché è tutta ricevuta e dipendente da Lui, e allo stesso tempo sublima Maria, rendendola partecipe di un’opera così divina come quella della nostra redenzione, come unica eccezione tra tutte le creature”. (31)

A questo punto, crediamo che sia chiaro che tra i Papi e non pochi specialisti, l’uso del termine “corredentrice” o delle sue espressioni sinonime – e le diverse e sfumate spiegazioni che ne vengono date – lungi dal contribuire alla confusione o dal sminuire il ruolo salvifico-redentore di Cristo, lo rendono più incisivo e lo chiariscono, esaltando allo stesso tempo e con giustizia il ruolo singolare di Maria.

È vero, come dice la Nota (n. 19), che il cardinale Ratzinger, nel suo “voto particolare” del 1996, affermò che il significato dei titoli di Corredentrice o Mediatrice di tutte le grazie “non è chiaro e la dottrina in essi contenuta non è matura”. Questa affermazione del futuro Papa Benedetto può essere considerata piuttosto come un invito ad approfondire e spiegare tali concetti, piuttosto che un’affermazione che annulla qualsiasi serio dibattito su di essi. Come ha recentemente ricordato un’analista, nella stessa intervista del 2002 in cui Ratzinger manifestava la sua contrarietà a tali titoli, egli si dichiarava favorevole alla dottrina di fondo della questione, secondo cui Cristo vuole condividere con noi tutto, compreso il suo essere redentore. (32) Ratzinger in altre occasioni ha anche espresso opinioni favorevoli alla dottrina di fondo, come quando ha detto nell’udienza generale dell’8 aprile 2009, già Papa, che «in questo itinerario ci accompagna la Santissima Vergine, che seguì in silenzio suo Figlio Gesù fino al Calvario, partecipando con grande dolore al suo sacrificio, cooperando così al mistero della Redenzione e diventando Madre di tutti i credenti (cfr. Gv 19, 25-27)».

Come hanno già affermato diversi studiosi dopo la pubblicazione della Nota, l’ipotetica possibilità di confusione non dovrebbe costituire un ostacolo insormontabile per una seria riflessione teologica e un’adeguata catechesi, sempre prudente e obbediente al magistero, poiché tale possibilità di “oscuramento” è esistita ed esiste anche in relazione alle verità più care che il magistero ha già sigillato con il carattere dogmatico, come ad esempio la Maternità Divina di Nostra Signora e la sua “redenzione precedente” che l’ha resa da sempre e per sempre Immacolata.

L’importante è la possibilità di una buona catechesi e di una buona riflessione, di cui purtroppo oggi molti cattolici sono orfani. Del resto, non crediamo affatto che l’approvazione della Nota da parte di Papa Leone abbia cercato di porre fine a tali buone discussioni e pratiche in relazione alla questione. Come già detto all’inizio, lo stesso documento esprime la volontà di non esaurire la riflessione.

Di Alejandro Cisneros

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Note

1 Infatti la Vergine Immacolata, prescelta ad essere Madre di Dio, e per ciò stesso fatta corredentrice del genere umano, gode presso il Figlio di una potenza e di una grazia così grande che nessuna creatura né umana né angelica ha mai potuto né mai potrà raggiungerne una maggiore. SUPREMI APOSTOLATUS LETTERA ENCICLICA DI SUA SANTITÀ LEONE PP. XIII. 1 settembre 1883. In:https://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_01091883_supremi-apostolatus-officio.html Recuperato: 5-11-2025

2 È evidente che dobbiamo attribuire alla Madre di Dio una virtù produttrice di grazie: quella virtù che è solo di Dio. Tuttavia, poiché Maria supera tutti nella santità e nell’unione con Gesù Cristo ed è stata associata da Gesù Cristo nell’opera di redenzione, Ella ci procura de congruo, come dicono i teologi, ciò che Gesù Cristo ci ha procurato de condigno ed è la suprema dispensatrice di grazie. LETTERA ENCICLICA AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM DEL SOMMO PONTEFICE PIO X. 2 febbraio 1904. In: https://www-vatican-va.translate.goog/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_02021904_ad-diem-illum-laetissimum.html? _x_tr_sl=en&_x_tr_tl=es&_x_tr_hl=es&_x_tr_pto=tc Recuperato: 5-11-2025

3 La conseguenza di questa comunione di sentimenti e di sofferenze tra Maria e Gesù è che Maria «divenne legittimamente degna di riparare la rovina umana» e quindi di dispensare tutti i tesori che Gesù ci ha procurato con la Sua morte e il Suo sangue. Certo, solo Gesù Cristo ha il diritto proprio e particolare di dispensare quei tesori che sono il frutto esclusivo della Sua morte, essendo egli per Sua natura il mediatore fra Dio e gli uomini. Tuttavia, per quella comunione di dolori e d’angosce, già menzionata tra la Madre e il Figlio, è stato concesso all’Augusta Vergine di essere «presso il Suo unico Figlio la potentissima mediatrice e conciliatrice del mondo intiero». LETTERA ENCICLICA AD DIEM ILLUM LAETISSIMUM DEL SOMMO PONTEFICE PIO X. 2 febbraio 1904. In: https://www-vatican-va.translate.goog/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_02021904_ad-diem-illum-laetissimum.html? _x_tr_sl=en&_x_tr_tl=es&_x_tr_hl=es&_x_tr_pto=tc Recuperato: 5-11-2025

4 BENEDETTO XV, Litterae Apostolicae, Inter Sodalicia, 22 marzo 1918, AAS 10, 1918, 182. Tratto da: Royo Marín, A. Teología y Espiritualidad Marianas. BAC Madrid. 1968. pp. 146-147

5 PIO XI. Miserentissimus Redemptor, n.º 15. Tratto da: Royo Marín, A. Teología y Espiritualidad Marianas. BAC Madrid. 1968. pp. 146-147

6 PIO XI. Radiomessaggio, 28/4/1935.

7 PIO XII. Haurietis aquas, n. 74.

8 AAS 38 (1946) 266. In: Carol, J. B. Corredención de Nuestra Señora. In: Mariología. BAC. 1964. p. 767.

9 Carol, J. B. Corredención de Nuestra Señora. In: Mariología. BAC. 1964. pp. 767-768.

10 Ibidem. p. 768.

11 CONCILIO VATICANO II. Lumen gentium, n. 56.

12 SAN PAOLO VI. Marialis cultus, n. 15 e n. 20.

13 SAN GIOVANNI PAOLO II. Omelia nel Santuario di Nostra Signora dell’Alborada, Guayaquil. 31 gennaio 1985. In: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/es/homilies/1985/documents/hf_jp-ii_hom_19850131_santuario-alborada.html Recuperato: 5-11-2025

14 Maria, pur concepita e nata senza macchia di peccato, ha partecipato in maniera mirabile alle sofferenze del suo divin Figlio, per essere Corredentrice dell’umanità. Voi lo sapete, il dolore se unito a quello del Redentore ha un grande ed insostituibile valore salvifico. GIOVANNI PAOLO II UDIENZA GENERALE Mercoledì, 8 settembre 1982. In: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/it/audiences/1982/documents/hf_jp-ii_aud_19820908.html Recuperato: 5-11-2025

15 SAN GIOVANNI PAOLO II. Angelus. 6 ottobre 1991. In: https://www.vatican.va/content/john-paul-ii/es/angelus/1991/documents/hf_jp-ii_ang_19911006.html Recuperato: 5-11-2025

16 Dizionario di Teologia Biblica, pubblicato sotto la direzione di Xavier Leon-Dufour. V Edizione 1976. Ristampa 1984. Casa Editrice Marietti. Casale Monferrato. p. 1041.

17 Royo Marín, A. Teología y Espiritualidad Marianas. BAC Madrid. 1968. p. 141.

18 Ibidem.

19 Roschini, Gabriele. Dizionario Mariano. Editorial Litúrgica Española, S. A. Barcellona. 1964. p. 418. Traduzione dal Dizionario di Mariologia. Editrice Studium. Roma.

20 Ibidem. pp. 420-421.

21 Ibidem. p. 421.

22 Idem.

23 Ibidem. p. 422.

24 Idem.

25 Ibidem. p. 423.

26 Idem.

27 Carol, J. B. Corredenzione di Nostra Signora. In: Mariologia. BAC. 1964. p. 762. Traduzione di Mariology. Vol. I-II (1955 e 1957) The Bruce Publishing Company, Milwaukee.

28 Idem.

29 Ibidem. pp. 762-763.

30 Ibidem. p. 763.

31 Royo Marín, A. Op. Cit. pp. 149-150.

32 Luisella Scrosati. No a Maria Corredentrice. La Nuova Bussola Quotidiana. 5 novembre 2025. In: https://lanuovabq.it/it/no-a-maria-corredentrice-il-vaticano-fa-confusione Recuperato: 6-11-2025

 

 

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