Come ci prepariamo al combattimento per la nostra salvezza?
Naturalmente, non possiamo aspettare inerti che il nemico si avvicini, prima di passare all’azione.
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Redazione (17/06/2024 16:20, Gaudium Press) Un presupposto indispensabile per combattere qualsiasi battaglia è la conoscenza del nemico e delle sue tattiche, del campo in cui si svolgerà il combattimento, dei vantaggi e degli svantaggi della propria posizione.
Nella nostra lotta per la perseveranza, abbiamo un avversario – il male – che è organizzato su diversi fronti: il mondo, la carne e il diavolo. E il conflitto si svolge nel teatro di guerra della nostra anima.
La debole natura umana, caduta a causa del peccato originale, deve lottare con se stessa, perché “i desideri della carne si oppongono ai desideri dello Spirito e lo Spirito ai desideri della carne” (Gal 5,17). E come se questa lotta contro i movimenti disordinati della nostra natura non bastasse, dobbiamo ancora scontrarci con il mondo, a volte in una lotta con uomini così malvagi e perversi da sembrare peggiori dei demoni stessi..
Sarebbero sufficienti queste due concupiscenze per esercitarci nella virtù attraverso una lotta continua. Tuttavia, secondo San Tommaso d’Aquino, “questo non è sufficiente per la malvagità dei demoni”.11 Ed ecco il nostro terzo fronte di battaglia: la lotta contro “i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro le forze spirituali del male sparse nell’aria” (Ef 6,12).
L’assalto del nemico
Il nemico già lo conosciamo. Ora vediamo quali sono le sue tattiche di guerra.
Il Libro della Genesi ci fornisce un resoconto dettagliato della prima tentazione della storia umana, quella che portò Adamo ed Eva a disobbedire a Dio inducendoli a commettere la colpa originale. Da questa storia possiamo trarre preziosi insegnamenti e vedere chiaramente i tranelli che, in termini generali, il tentatore ha usato per indurre le persone al peccato lungo tutti i secoli.
In primo luogo, il Serpente fa una discreta insinuazione: “È vero che Dio vi ha proibito di mangiare il frutto di ogni albero del giardino?” (3,1).
Il diavolo inizia portando la conversazione sul terreno a lui più congeniale. Così, alle persone particolarmente inclini alla sensualità o ai dubbi contro la Fede, parlerà loro in termini generali, senza nemmeno incitarle al male: “È vero che Dio esige una cieca adesione della vostra intelligenza alle verità della Fede, o la completa immolazione di tutti i vostri appetiti naturali?”.
Non dobbiamo mai entrare in dialogo con il tentatore. E ci sono due modi per resistere: direttamente – per esempio parlando bene di una persona quando ci sentiamo tentati dalla malevolenza, o facendo un atto pubblico di manifestazione della fede, quando il rispetto umano ci spinge a vergognarci della Religione – o indirettamente, cosa che accade soprattutto nelle tentazioni che si riferiscono alla fede o alla castità, dalle quali dobbiamo subito allontanarci, perché in questi casi vince chi fugge.
L’argomentazione logica o lo scontro frontale contro queste tentazioni servirebbero solo a farci invischiare ancora di più nelle insidie del nemico.
Da parte di Eva non ci fu alcun rifiuto; al contrario, iniziò a dialogare pericolosamente con il Serpente: “Possiamo mangiare del frutto degli alberi del giardino. Ma del frutto dell’albero che è in mezzo al giardino, Dio ha detto: ‘Non ne mangerete e non lo toccherete, perché non moriate'” (3, 2-3). Di conseguenza, il maligno si trovò libero di annunciare la sua proposta ingannevole: “Oh, no! – disse il serpente – non morirete! Ma Dio sa che il giorno in cui ne mangerete, i vostri occhi si apriranno e sarete come dei, conoscerete il bene e il male” (3,4-5).
Quando, per colpa nostra o per debolezza, non sappiamo respingere le iniziali insinuazioni del diavolo, corriamo il serio pericolo di soccombere. Le nostre forze si indeboliscono e il peccato diventa sempre più attraente: “Quando la donna vide che il frutto dell’albero era buono da mangiare, di aspetto gradevole e molto adatto ad aprire la mente…” (3,6a). L’anima comincia allora a vacillare e ad essere turbata. Uno strano nervosismo si impadronisce di tutto il suo essere. Non vuole offendere Dio, ma il panorama che ha davanti è così seducente!
Infine, se una persona cede alla tentazione in una materia seria, allontanando violentemente la presenza di Dio, diventando nemica di Dio e meritando l’inferno, la vergogna e il rimorso la assaliranno: “Prese e mangiò, e lo presentò anche a suo marito, che ne mangiò. Allora si aprirono i loro occhi e, vedendo che erano nudi, presero delle foglie di fico, le legarono insieme e si fecero dei perizomi” (3,6b-7).
Il peccatore, disilluso e frustrato, ha una sola via d’uscita: riconoscere la propria malvagità e ingratitudine e chiedere perdono a Dio.
La nostra preparazione
La strategia fondamentale e le armi che useremo per vincere la tentazione sono state date dal Divino Generale ai suoi Apostoli nella notte in cui iniziò la Passione, la sua battaglia più gloriosa: “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione” (Mt 26,41).
I castelli di difesa che resistono agli attacchi più violenti, si costruiscono in tempo di pace, così, nei periodi di calma, dobbiamo tenere gli occhi puntati sul nemico, pensando che possa tornare da un momento all’altro e preparandoci a resistere. Questa vigilanza deve concretizzarsi nella fuga dalle occasioni pericolose, nel controllo delle passioni e nella rinuncia all’ozio, la madre di tutti i vizi.
Oltre alla strategia, abbiamo la potente arma della preghiera. La nostra perseveranza nella virtù dipende dalle grazie efficaci, senza le quali ogni sforzo sarà vano. Dobbiamo quindi chiedere umilmente e insistentemente a Dio di concedercele. Possiamo contare sull’aiuto dei nostri Angeli custodi e dei Santi del Cielo; possiamo contare sull’aiuto materno della Beata Vergine, colei che schiaccia la testa al nemico infernale. Non dobbiamo quindi temere: la vittoria nella battaglia dipende dalla “forza che scende dal cielo” (1 Mac 3,19).
E se veniamo sconfitti in qualche battaglia, il potente Sacramento della Confessione può recuperare tutto il terreno della nostra anima che il nemico si vantava di aver conquistato. Un vero soldato non si arrende di fronte al fuoco delle mitragliatrici nemiche; quando siamo colpiti, dobbiamo curare le nostre ferite, rialzarci e continuare a combattere. Ricordiamoci che il tentatore si rallegra più dello scoraggiamento e della perdita di fiducia causati dalle nostre colpe, che delle colpe stesse.
In questa grande guerra, le decorazioni degli eroi hanno la forma di una croce, dipinta con il rosso del sangue delle anime combattenti e che garantisce loro, alla fine della gara, l’ingresso nel palazzo del Re Celeste.
Infine, un punto molto importante: l’arruolamento non è facoltativo… Include persone con l’uso della ragione, uomini e donne, di tutte le età, perché, che ci piaccia o no, pellegrinare in questa valle di lacrime, significa essere militanti su un campo di battaglia.
Testo adattato dalla rivista Araldi del Vangelo n. 262, ottobre 2023. Di Guilherme Henrique Maia.
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