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“Dal grido della terra al gemito della creazione”: la svolta ambientale nel pontificato di Leone XIV

Per il Pontefice, il creato geme perché il cuore umano si è allontanato dal Creatore. La Terra non è solo la dimora di tutti, è un altare vandalizzato, icona del giudizio divino.

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Foto: Diego Fernández Sánchez / Unplash

Redazione (25/07/2025 13:18, Gaudium Press) La Messa per la Custodia del Creato, celebrata il 9 luglio nel Borgo Laudato Sì, ha rivelato un nuovo tono nell’approccio della Chiesa al tema dell’ecologia. Nella sua omelia, Papa Leone XIV ha denunciato che «la nostra Terra è in rovina». L’affermazione segna non solo una continuità dell’appello ambientale di Papa Francesco, ma anche una svolta morale e teologica che ridefinisce il modo in cui il Vaticano affronta la crisi ecologica.

Francesco, la cui enciclica Laudato si’ (2015) è diventata un punto di riferimento mondiale, ha stabilito una pietra miliare integrando la preoccupazione ambientale con la giustizia sociale ed economica. L’idea della “casa comune”, tanto cara al Papa argentino, ha affascinato gli ambientalisti e ha guadagnato spazio all’ONU, nei patti multilaterali e nei discorsi sullo sviluppo sostenibile. Il suo linguaggio pastorale era compassionevole, la sua critica al consumismo era incisiva. Ma il suo stile, aperto al dialogo con le istituzioni secolari e le agende globali, gli è valso anche critiche interne. I settori più conservatori vedevano nell’ecologia di Francesco un rischio di dissoluzione dottrinale o di eccessiva vicinanza all’ambientalismo ideologico. Ciò è stato particolarmente evidente durante il Sinodo dell’Amazzonia del 2019, segnato da dibattiti su temi dottrinali come l’istituzione del peccato ecologico, la possibilità per le donne di accedere all’ordinazione diaconale e l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati per ovviare alla mancanza di sacerdoti nelle zone più remote della regione. Il tono ecologico, in quelle circostanze, ha finito per lasciare spazio all’introduzione di temi che non erano al centro della discussione dei vescovi. Il Sinodo è diventato un palcoscenico per le rivendicazioni dei leader amazzonici e si è concluso con la richiesta di creare un Rito Amazzonico per la liturgia della Messa. La proposta è attualmente allo studio del Vaticano.

Con Leone XIV, l’agenda cambia tono e prospettiva. Il primo pontefice nordamericano della storia non nega la gravità della crisi ambientale, ma la inserisce in una diagnosi teologica: il peccato. Per il pontefice, il creato geme perché il cuore umano si è allontanato dal Creatore. La Terra non è solo la dimora di tutti, è un altare vandalizzato, icona del giudizio divino. Dove Francesco evocava San Francesco e i poveri, Leone XIV ricorre a San Giovanni, all’Apocalisse e ai Padri della Chiesa.

Nel messaggio diffuso in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per il Creato, il Papa ha invocato una «giustizia ambientale urgentemente necessaria». Ma questa giustizia, secondo lui, inizia dall’anima. Non c’è alcun riferimento all’ONU, alle COP o all’Agenda 2030. Al contrario, sentiamo parole come penitenza, conversione ed escatologia. La responsabilità del collasso ecologico non ricade principalmente sulle strutture economiche o politiche, ma sul cuore disordinato dell’uomo. Per Leone XIV, salvare il pianeta significa prima di tutto salvare il peccatore.

Con ciò, il rapporto tra i due pontificati non è di rottura, ma di riallineamento. L’attuale papa approfondisce ciò che il suo predecessore ha iniziato, spostando il centro della riflessione: dalla prassi alla teologia, dal consenso diplomatico al linguaggio spirituale, dall’espressione poetica alla chiamata escatologica.

La reazione è stata immediata. Settori della stampa cattolica progressista hanno lamentato la “retrocessione” e la “nostalgia teologica” del Pontefice appena eletto. Settori conservatori hanno applaudito il ritorno a un linguaggio chiaro, alle radici della dottrina e all’attenzione alla conversione. Persino alcuni leader protestanti negli Stati Uniti hanno elogiato l’enfasi data al peccato e alla Redenzione come asse dell’ecologia. Tuttavia, per molti esperti, il discorso di Leone XIV rappresenta una sfida all’egemonia del pensiero ecologico contemporaneo: un papa che parla della Creazione come opera divina, esige il pentimento e rifiuta soluzioni meramente tecniche o politiche, sarà esposto alle critiche di coloro che contavano sul sostegno perenne della Santa Sede nella causa globale per salvare il pianeta.

La crisi ambientale, dopotutto, rimane. Ma l’eco che ora risuona in Vaticano proviene da un’altra direzione. Non è il lamento dei ghiacciai, ma il gemito di un’anima dimenticata da Dio.

Ed è curioso notare come, quando il prossimo Accordo di Parigi fallirà, quando gli esperti discuteranno gli obiettivi climatici e i fondi verdi svaniranno, ci sarà ancora un pontefice a ricordare che il problema ha avuto inizio nel cuore e che forse la soluzione si trova nel confessionale e non nell’aula dell’ONU.

Siamo sinceri: se il “verde” dell’agenda dell’ONU fosse sufficiente, l’Eden sarebbe già stato ristabilito a New York o a Ginevra. Ma non è stato così, e a quanto pare non lo sarà. Leone XIV non sembra disposto a offrire un pontificato dipinto con i colori dell’ambientalismo diplomatico. La sua proposta, radicata più nella spiritualità che nell’attivismo, deluderà sicuramente coloro che hanno confuso la conversione con la militanza e la Chiesa con una ONG. A loro non resterà che la nostalgia di un’epoca in cui, almeno per alcuni, salvare il pianeta sembrava più urgente che salvare le anime.

Di Rafael Tavares – Gaudium Press

 

 

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