Festa dell’Esaltazione della Santa Croce
La croce è diventata uno dei maggiori simboli della fede cattolica e ha iniziato a coronare le torri delle chiese e le più belle corone dei re della cristianità.
Redazione (14/09/2025 09:35, Gaudium Press) Il significato storico della festa celebrata questa domenica risale alla scoperta della vera Croce di Cristo a Gerusalemme da parte di Sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, intorno all’anno 320, e alla consacrazione, nella stessa città, della Basilica del Santo Sepolcro il 13 settembre dell’anno 335. Il giorno seguente il Patriarca di Gerusalemme presentò per la prima volta le reliquie all’adorazione solenne dei fedeli.
Sembra strano che la festa sia dedicata alla reliquia e non a Colui che la rende adorabile, Nostro Signore Gesù Cristo. Il fatto è che, al di là delle circostanze storiche della sua scoperta, la Croce è diventata per vari motivi uno dei simboli massimi della fede cattolica e ha iniziato a coronare le torri delle chiese e le corone più preziose dei re della cristianità.
Qual è la ragione più profonda di questa affermazione?
Nell’Antico Testamento il Signore si è rivelato come creatore dell’universo, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio del roveto ardente e delle piaghe d’Egitto, il Dio che ha sterminato per mano di Elia i profeti di Baal. Nel Nuovo Testamento troviamo lo stesso Dio, ma fatto uomo per salvarci: Nostro Signore Gesù Cristo, la Seconda Persona della Santissima Trinità incarnata.
La differenza principale tra i due Testamenti sta proprio nella sofferenza per amore degli uomini. Sofferenza di un Dio umanizzato che, non riuscendo a toccare il cuore dei peccatori con manifestazioni portentose, compie l’impensabile: si rende presente e si mette nelle mani dei suoi aguzzini che, in cambio dei miracoli innumerevoli da Lui operati, Lo disprezzano, Lo chiamano indemoniato, Lo consegnano alle autorità come un malfattore, Lo coronano di spine, Lo crocifiggono, Lo trafiggono con una lancia… E come testimone di tutti questi oltraggi è rimasta la Croce, bagnata dal Preziosissimo Sangue, segnata dai fori dei chiodi e dall’iscrizione posta su di essa come segno di ignominia: «Gesù Nazareno, Re dei Giudei» (Gv 19, 19).
Le sofferenze ben accettate sono, come ci insegna Mons. João, un sacramentale che ci santifica e ci salva: è il peso leggero e dolce della Croce di Nostro Signore. Ma esiste anche un’altra forma di sofferenza: il giogo di Satana.
Se vogliamo l’infelicità, portiamo le nostre croci con ribellione; se preferiamo essere felici, facciamolo con amore e rassegnazione. Il dottor Plinio Corrêa de Oliveira riassume con eleganza questa doppia opzione: «Vuoi definire un uomo? Chiedi se al centro della sua vita c’è una croce! Chiedi quale croce porta e come la porta; l’uomo sarà così definito. […] “Padre mio, se è possibile, allontana da me questo calice. Tuttavia, non sia fatto come voglio io, ma come vuoi Tu» (Mt 26, 39), chiese Nostro Signore all’inizio della Passione. Alla fine gridò: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46). Il sacrificio era arrivato al culmine! Ma poi sono arrivate le glorie della Resurrezione! Quindi, la concezione cattolica della vita è chiara. La cosa più bella è imitare Nostro Signore Gesù Cristo e portare la nostra croce fino alla fine!
Articolo tratto dalla rivista Arautos do Evangelho n. 285. Di P. Antonio Jakoš Ilija, EP
lascia il tuo commento