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I dodici frutti dello Spirito Santo

L’anima che si lascia inondare dall’azione dello Spirito Santo produrrà presto frutti di santità che diffonderanno intorno a sé il buon odore di Cristo.

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Redazione (19/05/2024 15:29, Gaudium Press) Come una nave battuta dalle onde in tempesta, l’anima sente in questa valle di lacrime le fallaci attrattive della carne, che la spingono al naufragio.

Ma davanti agli occhi del marinaio coraggioso che, invece di scoraggiarsi, alza gli occhi in cerca di salvezza, c’è sempre un faro che brilla.

Data la nostra naturale insufficienza, aggravata dalle conseguenze del peccato originale, l’aiuto divino diventa indispensabile per completare la faticosa corsa verso la beatitudine eterna.

E lo Spirito d’Amore viene sempre in aiuto alla nostra debolezza con le sue grazie e i suoi doni. Non cessa mai di intercedere per noi “con gemiti indicibili” (Rm 8,26).

In questo modo, un’anima completamente docile ai suggerimenti dello Spirito Santo diventa forte come una sequoia, fiorita come un albero di ipê e generosa come una vite.

Ma se, al contrario, si lascia dominare dagli impulsi della carne, si abbruttisce, si imbruttisce e si riduce alla sterilità. Carne e spirito sono, in un certo senso, realtà incompatibili.

I dodici frutti dello Spirito Santo

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Considerando che i frutti dello Spirito sono tutte le opere virtuose in cui ci dilettiamo, la loro enumerazione potrebbe essere molto estesa. Tuttavia, l’Apostolo ne distingue solo dodici nella sua Lettera ai Galati: “Il frutto dello Spirito è carità, gioia, pace, pazienza, longanimità, benevolenza, bontà, mitezza, fedeltà, modestia, continenza e castità” (Gal 5,22-23).

San Tommaso classifica i frutti elencati dall’Apostolo in base ai diversi modi in cui lo Spirito Santo opera con noi.

I primi tre frutti dello Spirito Santo – carità, gioia e pace – ordinano l’anima in sé verso il bene, mentre la pazienza e la longanimità lo fanno verso il male.

La bontà, la gentilezza, la mitezza e la fedeltà la ordinano verso gli altri; e la modestia, la continenza e la castità, verso ciò che le è inferiore.

La Carità

La carità è il primo frutto dello Spirito Santo. In essa il Paraclito si dona in modo del tutto speciale “come a sua somiglianza”, poiché, nell’eterna e ineffabile coesistenza tra le tre Persone della Santissima Trinità, è l’Amore sostanziale del Padre per il Figlio e del Figlio per il Padre.

Quando un’anima è riempita dalla linfa divina dello Spirito di Carità, l’amore la travolge e la trasforma completamente.

È quello che è successo a Santa Maria Maddalena, la pubblica peccatrice che è stata perdonata e risanata al punto da essere in cima alla lista delle vergini invocate nelle Litanie di Tutti i Santi.

Toccata da un amore coraggioso, non esitò a comprare i migliori profumi e, incurante del rispetto umano, si gettò ai piedi di Gesù, li lavò con le sue lacrime e li asciugò con i suoi capelli.

Era una manifestazione di amore veemente, esclusivo e – si potrebbe quasi dire – sconsiderato, perché non misurava alcuno sforzo e non calcolava alcuna conseguenza.

A lei si potrebbero applicare le parole di San Francesco di Sales: “La misura dell’amare Dio è amarlo senza misura”. O quelle di san Pietro Giuliano Eymard: “Che cos’è l’amore se non l’esagerazione?”.

Va notato, tuttavia, che la carità non è sempre accompagnata da consolazioni per l’anima che la pratica, perché, in quanto virtù, risiede nella volontà e non nel sentimento.

Così, “non è necessariamente un amore che si sente, ma un amore che è intensamente caro; e tanto più caro, nelle anime ferventi, quanto meno sono sensibili”.

La vera prova dell’autenticità della carità è il fatto che sia accompagnata da un’intera ripulsa del peccato, perché Sant’Agostino dice: “Si dimostrerà che si ama ciò che è bene se si vedrà in se stessi che si odia ciò che è male”.

Infine, non dobbiamo dimenticare uno sviluppo fondamentale di questo frutto dello Spirito Santo, insegnato da Cristo stesso: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39).

La Felicità

Un corollario dell’amore per Dio e per il prossimo è la felicità, “perché chi ama si rallegra di essere unito all’amato”. La carità è sempre attenta a Dio, che ama, secondo quanto dice la prima lettera di Giovanni: “Chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio in lui” (1 Gv 4,16). Pertanto, la gioia è una conseguenza della carità”.

Lungi dal confondersi con i piaceri passeggeri che derivano da frivolezze o da azioni vietate dalla Legge di Dio, che si trasformano presto in frustrazione, la gioia dello Spirito Santo è tutta soprannaturale e penetra nel profondo dell’anima.

La Pace

“Ma la perfezione della gioia è la pace”, dice il Dottore Angelico. Non c’è quindi assolutamente nulla che possa turbare un’anima abbandonata all’azione dello Spirito Santo, perché essa “è consapevole di essere in possesso dell’unico bene a cui è legata; sa di possedere Dio; sa di essere amata da Lui ‘fino alla follia’, nonostante la sua miseria e, a sua volta, ama anche Dio senza misura”.

In effetti, come si cerca la pace ai nostri giorni, e come sembra sfuggirci di mano! In una vita frenetica e rumorosa, profondamente segnata dalla violenza e dal peccato, tutto contribuisce a strapparci la pace interiore.

Quanto sono attuali le parole di Geremia: “Gridano “Pace, pace” quando non c’è pace” (Ger 6,14).

La Pazienza

Dopo aver considerato i frutti dello Spirito Santo che ordinano la mente verso il bene, vediamo quelli che la portano ad agire correttamente di fronte alle avversità: la pazienza e la longanimità.

La prima ci rende indifferenti ai mali imminenti; la seconda, imperturbabili di fronte alla prolungata attesa dei beni, poiché la privazione di questi è già un male.

Derivata dalla fortezza, la virtù della pazienza “inclina a sopportare le sofferenze fisiche e morali senza tristezza d’animo o scoraggiamento del cuore”.

Così è stato per il giusto Giobbe che, dopo aver perso le sue ricchezze, i suoi figli e la sua salute, con lo stesso atteggiamento d’animo ha continuato a glorificare il suo Creatore: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto: sia benedetto il nome del Signore!” (Giobbe 1:21).

Quando lo Spirito Santo produce questo frutto nella nostra anima, ci conformiamo alla volontà di Dio; desideriamo imitare l’esempio di Gesù Cristo e di Maria Santissima nella Passione; ci rendiamo conto della necessità di riparare ai nostri peccati, purificandoci nel crogiolo della sofferenza.

La Longanimità

Attraverso la longanimità, lo Spirito Santo ci porta ad attendere con equanimità, senza lamentele o amarezze, i beni che ci aspettiamo da Dio, dal prossimo e da noi stessi.

Non si tratta di un’attesa passiva e pigra, ma di una manifestazione di coraggio che si prolunga nel tempo, di una speranza dilatata che ci rende forti d’animo nelle attese spirituali.

I frutti della longanimità li vediamo in abbondanza nella vita di Santa Monica, durante i molti anni in cui temette per la salvezza eterna del figlio Agostino, che si era allontanato nell’immoralità e nell’eresia. Senza mai vacillare nella sua fiducia, pregò insistentemente per la sua conversione. Dio, compiaciuto di vedere in questa madre esemplare i frutti che lui stesso aveva seminato, le concesse il sublime onore di vedere suo figlio elevato al rango di uno dei grandi “luminari” della Santa Chiesa.

La Bontà

Una volta che la mente è ben disposta rispetto a se stessa, deve essere regolata rispetto a ciò che la circonda: il prossimo. Questo avviene innanzitutto attraverso la bontà, cioè la “volontà di fare il bene”.

Come risultato della nostra unione con Dio, siamo spinti dallo Spirito santificante a beneficiare gli altri. La nostra anima si espande e si dilata, fino a convertirci, in un certo senso, in amore.

Gesù ci ha dato un paradigma di questa bontà nella parabola del figlio prodigo (cfr. Lc 15, 11-32).

Dio è il padre che attende ardentemente il ritorno di coloro che si sono allontanati da lui a causa del peccato e si ritrovano infangati e impregnati di cattivo odore. È ansioso, per così dire, di vederci cercare uno dei suoi ministri nel tribunale misericordioso della Riconciliazione, per perdonarci, guarire le nostre ferite spirituali e rafforzarci affinché non ripetiamo le stesse colpe.

La Benevolenza

Il frutto dell’ benevolenza si differenzia da quello della bontà in quanto non è solo un desiderio, ma una pratica effettiva del bene.

San Vincenzo de’ Paoli era un modello di questo amore che “si accende a favore del prossimo”. Chiese insistentemente a Dio di donargli uno spirito benigno e riuscì, con l’aiuto della grazia, a domare il suo temperamento secco e bilioso, diventando cortese e affabile.

Si trasformò al punto che gli venne naturale una meravigliosa gentilezza di modi, con parole sempre gentili verso ogni tipo di persona.

La Mitezza

Una terza disposizione d’animo nell’ordinarsi verso il prossimo è la mitezza, con la quale si frena l’ira e si sopportano con serenità di spirito i mali inflitti dagli altri.

Santa Teresa di Gesù Bambino ci offre bellissimi esempi di mitezza di fronte agli impulsi irritabili, insegnandoci a praticare questa virtù nella vita quotidiana. Eccone uno:

Un giorno, mentre le suore lavoravano nella lavanderia del convento, che consisteva in grandi vasche comuni, una sorella, per disattenzione, gettò una pioggia di acqua saponata sulla Santa. Naturalmente ciò la indignò. Ma, calmata dalla dolcezza dello Spirito Santo, si trattenne presto, ricorrendo al pio sotterfugio di immaginare che Gesù Bambino giocasse con lei… spruzzandola con acqua e sapone.

La Fedeltà

Come ultimo frutto del nostro buon rapporto con il prossimo, abbiamo la fedeltà, che ci fa “mantenere la parola data, gli obblighi assunti, i contratti stipulati”.

La fedeltà è complementare alla mitezza, nel senso che se quest’ultima ci porta a non danneggiare il prossimo con l’ira, la prima ci porta a non ingannarlo o truffarlo.

La Modestia

Infine, dopo aver ordinato la mente rispetto a ciò che la circonda, è necessario farlo rispetto a ciò che sta sotto di essa, e questo si fa innanzitutto con la modestia, “osservando la moderazione in tutto ciò che dici e fai”.

Questa virtù mantiene gli occhi, le labbra, il riso, i movimenti, insomma tutta la nostra persona, non esclusi i vestiti, entro i giusti limiti “che corrispondono allo stato, alla capacità e alla fortuna”.

La modestia esteriore comprende anche il dovere positivo di rivestirsi con gli abiti, i gesti e gli atteggiamenti adatti a edificare il prossimo e a dare gloria a Dio.

Nella vita di San Francesco d’Assisi leggiamo un episodio che illustra come l’adempimento di questo dovere possa avere un effetto sulle anime pari o forse superiore a quello di una predica.

Una volta invitò un frate, suo discepolo, ad accompagnarlo:

– Fratello, andiamo a predicare”, gli disse.

Dopo aver attraversato la città in silenzio, San Francesco tornò al convento. Non capendo cosa stesse succedendo, il frate chiese:

– Ma, padre mio, non avevi detto che avremmo predicato? Eccoci di ritorno e non abbiamo detto una parola… E la predica?

– L’abbiamo già fatta. Non ti rendi conto che la vista di due religiosi che camminano per le strade con questi abiti e in atteggiamento di raccoglimento vale quanto una predica? – rispose il Santo.

 La Continenza e la Castità

La continenza e la castità ordinano l’uomo anche rispetto a ciò che gli è inferiore, cioè le passioni.

Secondo San Tommaso, si distinguono l’una dall’altra “o perché la castità ci trattiene da ciò che è illecito, e la continenza da ciò che è lecito, o perché la persona continente soffre le concupiscenze ma non si lascia trascinare da esse, mentre la persona casta non le soffre né le segue”.

Infatti, l’anima che produce il frutto della castità diventa veramente angelica.

A differenza dei tormenti interiori di agitazione e ansia in cui vive chi si abbandona a passioni disordinate, il casto ha già un anticipo del paradiso in terra.

Ella prepara così l’anima a questa castità, perché “chi fa tutto ciò che è permesso finirà per fare ciò che non è permesso”.

L’intercessione di Maria

  1. Royo Marín commenta: “Quando l’anima corrisponde docilmente al suggerimento interiore dello Spirito Santo, produce atti di eccellente virtù, che possono essere paragonati ai frutti di un albero”.

Rivolgiamoci a Maria, la Sposa dello Spirito Santo, chiedendo la sua potente intercessione, perché lei è la via più sicura per trasformare l’erba sterile in alberi frondosi e pieni di frutti.

 

Testo estratto, con adattamenti, dalla rivista Araldi del Vangelo n.102, giugno 2010.

 

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