I Nordcoreani in contatto con i cristiani sono messi in prigione
Ogni nordcoreano che entra in contatto con il cristianesimo, anche solo una volta, rischia di essere mandato in un campo di prigionia politico, che equivale all’ergastolo.
Foto: Hédi Benyounes/ Unsplash
Redazione (29/11/2024 15:25, Gaudium Press) La Corea del Nord, riconosciuta come il Paese più isolazionista del mondo, ha uno dei peggiori record di violazione dei diritti umani ed è ripetutamente documentato come il Paese in cui i gruppi religiosi subiscono “persecuzioni estreme”.
Il sistema Songbun della Corea del Nord, che mescola influenze del confucianesimo tradizionale con l’ideologia comunista, classifica i cittadini in base alla loro fedeltà allo Stato. Nella routine quotidiana della Corea del Nord, il Songbun gioca un ruolo fondamentale nel determinare il destino delle persone. Influisce su tutto, dal luogo in cui una persona può vivere alle sue prospettive di istruzione e di lavoro, perpetuando un ciclo di vantaggi e svantaggi basato sulla storia familiare.
In tale sistema, nonostante il numero esiguo di fedeli (circa lo 0,38% della popolazione, pari a poco più di 98.000 persone), i cristiani vengono bollati come sleali e addirittura come una minaccia per il governo. Per questo motivo vivono in clandestinità.
Molte chiese antiche sono ora utilizzate come palestre o come centri di ricerca di Kim II-sung (dove i cittadini devono studiare le opere dei leader nordcoreani). I cristiani nordcoreani devono vivere la loro fede in segreto e la Corea del Nord è in cima alla lista mondiale delle persecuzioni 2024.
Tra il luglio 2023 e il maggio 2024, infatti, in Corea del Nord si è registrato un aumento della repressione della libertà di parola, di pensiero e di accesso all’informazione, un rigido controllo sui movimenti interni ed esterni dei cittadini e l’utilizzo di lavori forzati in condizioni estreme. Nuove leggi che limitano fortemente l’accesso ai media e alle informazioni straniere, come la Legge sul pensiero e la cultura reazionaria, impongono pene severe, tra cui l’ergastolo e persino la pena di morte, per la diffusione di quelli che il governo considera contenuti “reazionari”, come film e musica della cultura sudcoreana o anche per notiziari stranieri.
” Questa legge costituisce una minaccia per tutti i cittadini. Prende di mira specificamente i cristiani e vieta la Bibbia e altro materiale religioso”, dice una persona che preferisce non essere identificata per paura di rappresaglie.
I nordcoreani usano spesso il lungo confine con la Cina per fuggire dal Paese. Se riescono a sfuggire ai rigidi controlli della polizia, i fuggitivi cercano di entrare illegalmente in un Paese terzo e di chiedere asilo all’ambasciata sudcoreana. I detenuti dalle autorità cinesi saranno rimandati in Corea del Nord. Secondo Human Rights Watch, nell’aprile di quest’anno il governo cinese ha espulso circa 600 nordcoreani. Tutti coloro che avevano avuto contatti con i cristiani all’estero sono stati inviati in campi di internamento per prigionieri politici, noti per il duro trattamento che ricevono. Questi campi, in effetti, equivalgono a una condanna all’ergastolo senza possibilità di libertà condizionata”.
Illyong Ju, un rifugiato che vive negli Stati Uniti e lavora come missionario per aiutare i nordcoreani nella causa della libertà religiosa, ha lamentato il fatto che “la Cina, un membro del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, è solidale con le azioni omicide del regime nordcoreano”, aggiungendo di aver “sentito che [i prigionieri] saranno interrogati per riferire forzatamente sulle restanti 1.000 persone che non sono ancora state rimpatriate in Corea del Nord”.
“Senza dubbio saranno torturati nei campi e alcuni saranno giustiziati. Non dobbiamo mai prendere questo fatto alla leggera. Il regime nordcoreano continua a commettere atti che equivalgono a un genocidio contro il suo stesso popolo, e il governo cinese chiude un occhio e lo sostiene tacitamente”.
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