Il papato e la profezia
Recita un proverbio che Dio scrive dritto sulle righe storte.
Dettaglio dell’olio su tela San Pietro e San Paolo. Cristóbal de Villalpando (1649 – 1714) Collezione Pinacoteca del Tempio di S. Felipe Neri, «La Profesa», Città del Messico, Messico.
Redazione (11/05/2025 17:13, Gaudium Press) Dice un proverbio che Dio scrive dritto anche sulle righe storte. Attraverso tali sinuosità – la cui origine non va attribuita al Creatore, ma a cause seconde – la Sapienza Eterna manifesta la sua potenza, in modo così straordinario da essere capace di trarre un bene maggiore dal male da Lui permesso.
In questo senso, agli occhi del mondo, la Storia sarebbe una mera successione di eventi casuali e persino confusi, privi di qualsiasi significato trascendente. Tuttavia, istituzioni come il profetismo nell’Antico Testamento rivelano che la Divina Provvidenza lascia le sue impronte sugli eventi, anche su quelli più intricati. Se consideriamo gli esili in Egitto o in Babilonia, come non udire la voce di Dio nelle parole di Mosè, Geremia o Ezechiele? Questi profeti furono araldi dell’Altissimo, veri uomini provvidenziali nel mezzo dei più grandi drammi del popolo d’Israele.
Mediante l’Incarnazione, il Verbo di Dio ha voluto unirsi alla nostra Storia, affinché l’umanità potesse partecipare ancora di più alla Divina Provvidenza. Essa opera soprattutto attraverso il mistero della Chiesa, che vuole «continuare permanentemente sulla terra l’opera salvifica della Redenzione» (PIO XII, Mystici corporis, n. 63).
La Chiesa è stata provvidenzialmente fondata su dodici colonne: gli Apostoli. Gesù ha voluto anche fondarla su una roccia solida, Pietro, affinché le porte dell’inferno non potessero mai prevalere su di essa. Ricordiamo, tuttavia, che il Principe degli Apostoli ricevette il primato dopo aver riconosciuto, per rivelazione del Padre e non per carne o sangue, che Gesù è «il Cristo, il Figlio del Dio vivente» (Mt 16,16).
Esiste quindi un legame intrinseco tra papato e profezia che è definita come l’impressione di una conoscenza per rivelazione divina (cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO. Summa Theologica. II-II, q.171, a.6). E come attesta il rimprovero di Cristo a Pietro, esiste anche un’«anti-profezia»: «Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini». (Mt 16, 23). Pietro porterà con sé, per tutta la vita, questa dicotomia tra profetismo e anti-profetismo, nel seguire il Paraclito o nel seguire la carne.
Il profetismo di Pietro è evidente subito dopo la Pentecoste, quando comunica al popolo a modo di profezia (cfr. At 2, 14-36). Le sue lettere ispirate esortano anche a prepararsi alla parusia (cfr. 1 Pt 4,7), condannando i «falsi profeti» (2 Pt 2,1) e allo stesso tempo esortandoci ad aspettare «cieli nuovi e terra nuova» (2 Pt 3,13). Nella sua missione di Pontefice, egli testimonia di agire in unione con lo Spirito Santo (cfr. At 5,32), anche nel maledire il falso Pietro: Simone il mago (cfr. At 8,9-24). D’altra parte, quando prevarica, deve stare attento alla voce di profeti come Paolo, che lo rimprovera «pubblicamente, perché si era reso degno di biasimo» (Gal 2,11).
I successori di Pietro sono sempre stati assistiti dal Consolatore nella loro missione. E la Provvidenza non ha mai cessato di suscitare anime profetiche per illuminare le loro vie, anche in situazioni di defezione alla fede. Oltre all’Apostolo citato, si potrebbero citare San Bernardo di Chiaravalle insieme a Eugenio III e Santa Caterina da Siena prima dei Papi d’Avignone. È quindi compito dei successori di Pietro essere docili all’azione del Paraclito, non per formulare una «nuova dottrina» a seconda dei venti, ma piuttosto per conservare fedelmente il deposito della fede (Pio IX, Pastor Aeternus, cap. 4, DH 3070).
Come ogni Pontefice, Leone XIV riceverà ispirazioni profetiche dallo stesso Spirito Santo o dai suoi profeti. Per un buon pontificato basta quindi una sola cosa: essere fedeli al profetismo.
Di P. Felipe de Azevedo Ramos, EP
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