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In Francia dire che l’aborto è morte, è pericoloso: può comportare una multa di 100mila euro

 Il canale CNews in Francia è stato multato per aver pubblicato un grafico in cui si leggeva che la principale causa di morte nel mondo è l’aborto. Ogni anno vengono praticati circa 73 milioni di aborti.

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Redazione (29/11/2024 16:44, Gaudium Press) È chiaro che una società in cui non si può dire che l’aborto è la morte di esseri umani, porta in sé il germe stesso della distruzione.

In Francia, dirlo attraverso i media comporta anche pesanti multe.

Il canale CNews ha ricevuto una multa di 100.000 euro, comminata dall’autorità francese di regolamentazione dei media (Arcom), per aver riportato che la prima causa di morte al mondo è l’aborto.

In realtà, questi sono i fatti, e non ci sono argomenti contro i fatti… ma offuscamenti ideologici.

Lo scorso febbraio, il Canale ha avuto l’ardire di mostrare una tabella che riportava: “Le cause di mortalità nel mondo: 1) Aborto: 73 milioni all’anno nel mondo. 2) Cancro: 10 milioni di morti. 3) Tabacco: 6,2 milioni di morti”. Per questo annuncio la scorsa settimana il canale conservatore, che ha ospitato un programma con ospiti pro-vita e pro-famiglia, è stato tassato con l’ingente somma in questione.

Purtroppo, però, la Francia, come è noto in tutto il mondo, ha recentemente reso l’aborto un diritto.

Anche l’opinione pubblica francese è stata duramente colpita dall’ondata anti-vita.

Dopo la messa in onda del programma, come riporta La Nuova Bussola Quotidiana, “è seguita una forte ondata di indignazione da parte della stampa e dei politici liberali e socialisti, motivata dal presupposto irrealistico e antiscientifico che l’aborto non può essere considerato una ‘causa di morte’ perché il feto non deve essere considerato un essere vivente. La perdita del lume della ragione, nel Paese che l’ha voluta divinizzare, porta anche in questo caso alla totale cecità. Il canale CNews, di proprietà dell’imprenditore cattolico Vincent Bolloré, è stato violentemente criticato e, nelle settimane successive, è stata aperta un’inchiesta, con l’accusa di essere un canale televisivo pericoloso e di trasmettere informazioni di parte e non obiettive. In realtà, si trattava solo di notizie contrarie ai dogmi e alle menzogne del pensiero progressista, e di opinioni che si discostavano dalla vulgata ideologica attualmente in voga nell’informazione ‘liberal-illibertaria’”.

Incalzato dalla violenza degli attacchi, il canale ha fatto marcia indietro, si è scusato e ha presentato i fatti come un “errore di gestione” delle informazioni contenute nella grafica che non avrebbero dovuto essere trasmesse sullo schermo. Ma è stato condannato a pagare la multa.

Contro questa decisione giudiziaria ci sono state reazioni, come quella della Fondazione Jérôme Lejeune, che ne ha denunciato il carattere totalitario, una decisione che nega la realtà della pratica dell’aborto in Francia e che testimonia la volontà dello Stato di censurare la ragione, la scienza e di reprimere la libertà.

Per quanto riguarda l’espressione dell’Arcom secondo cui “l’aborto non può essere presentato come una causa di morte”, perché non si può equiparare un feto morto a una persona morta, la Fondazione Lejeune afferma che “affinché l’aborto possa essere praticato con la coscienza pulita, è vietato dire che l’aborto toglie la vita. Altrimenti, la pietra angolare del sistema crolla. Ma chi crede a questa finzione?… L’aborto, prima causa di morte nel mondo, è purtroppo un fatto, non un’opinione”.

 

 

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